Economia
Mina sofferenze sul credito popolare-Bcc. Bce in manovra sui patrimoni a rischio
Un campanello d’allarme che potrebbe essere meglio interpretato se si conoscessero per ogni banca e per il comparto nel suo complesso indici come il “Texas ratio” sviluppato nel 1980 dall’analista Gerard Cassidy della RBC Capital Markets per capire quali banche correvano il rischio di finire travolte dalla “bolla” del mercato immobiliare e pari al rapporto crediti deteriorati netti / capitale tangibile + riserva per perdite su crediti. La sensazione è che molte banche di media e piccole dimensioni possano avere un Texas ratio pari o superiore a uno, livello d’allerta che fa solitamente porta le autorità monetarie di un Paese ad intervenire perché l’istituto in crisi venda asset, accetti di fondersi o, in ultima ipotesi, fallisca. A pensar male si fa peccato, ma sarà forse per questi dubbi che la Bce di Mario Draghi sembra intenzionata, secondo le ultime voci di mercato, a imporre alle banche europee un “supplemento d’indagine” estendendo il prossimo anno gli stress test (i risultati di quelli di quest’anno, eseguiti su 123 banche “significative”, saranno resi noti in ottobre) anche ad un centinaio di istituti “non significativi”, ossia con asset inferiori ai 30 miliardi di euro. Tra i nomi che circolano per l’Italia vi sarebbero Credito Valtellinese, Credem, Banco di Desio e della Brianza, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio.
A queste si aggiungerebbero alcune banche non quotate come Unipol Banca, Banca Sella, Icbpi, Banca popolare di Bari, Volksbank e CR Asti. Insomma, la trasformazione del settore bancario europeo non si arresta e difficilmente l’Italia potrà restare troppo indietro: cessioni, fusioni e licenziamenti rischiano di diventare il prossimo anno il principale tema operativo ed in un Paese come il nostro in cui il credito, specie quello di minori dimensioni e più radicato sul territorio, con numerose commistioni tra azionisti e clienti, rischia di aprire un nuovo fronte di scontro dentro e fuori il governo. -Un governo già impegnato nel tentativo di portare a compimento la riforma delle maggiori banche popolari, che pure in queste settimane hanno mandato più di un segnale di cautela (o se volete di resistenza) all’ipotesi di trasformarsi rapidamente in Spa per poi procedere a integrazioni a tamburo battente.
Luca Spoldi