Economia

Moda: "Dal governo ancora nulla". Yamamay e Carpisa chiudono per solidarietà

La Camera Nazionale della Moda protesta contro il nuovo Dpcm. Capasa: "Il settore non può reggere un altro lockdown". Yamamay e Carpisa chiudono per solidarietà

Moda: le proteste contro le nuove chiusure 

Non solo ristoranti, alberghi e locali, ma anche la moda scende in campo per protestare contro le misure del nuovo Dpcm. Carlo Capasa, presidente della Camera della Moda, fa sapere che: “Dal governo non è arrivato nulla di specifico per il settore, e ora è necessario un tavolo che prenda misure ad hoc”. Mentre Gianluigi Cimmino, ceo di Yamamay e Carpisa, annuncia la chiusura degli oltre 300 negozi presenti sul territorio, invitando la comunità a riflettere sulla sospensione totale delle attività: “Da una parte il nostro è un gesto di solidarietà, dall’altro è una scelta obbligata, perché di fatto le città, dopo le 18, diventano luoghi fantasma. Un coprifuoco prima del coprifuoco. Questo è un gesto di fratellanza ma anche la presa d’atto che la decisione del governo non è altro che un coprifuoco mascherato”.  

A livello di incassi, i negozi sono tornati a livello della riapertura dopo il primo lockdown.  La paura e l’ansia di una nuova stretta economica preoccupano sempre più italiani, intimoriti anche dai numeri di contagi da Covid-19. Ma secondo Capasa è una questione di dati e consapevolezza: “Abbiamo cercato di capire quanti contagi si erano avuti nei nostri 100 negozi tra circa 530 dipendenti negli store dei centri commerciali in Lombardia e Piemonte e non è stato registrato nessun caso. Mi chiedo perché prima di prendere certe misure non si ragioni con i dati alla mano”. Nel ribadire poi che la priorità rimane le tutela della salute, l’imprenditore, come riporta il Corriere della Sera, invita a valutare misure alternative, come un investimento massiccio nei tamponi, da effettuare nelle scuole, e in un controllo più serrato dei mezzi pubblici, «veri punti di contagio». La paura più forte ora è che la chiusura di determinati esercizi commerciali sia solo una «preparazione» per una serrata più generale. «Non possiamo avere altri sei mesi di stop e pensare a unaricostruzione a primavera. I soldi che saranno stanziati per ripartire, usiamoli ora per prevenire».

Capasa: “Per la moda serve un piano Marshall” 

Quello di cui Capasa parla è un vero e proprio Piano Marshall, e sono i numeri a dimostrarlo: "Abbiamo una perdita stimata tra il 27 e il 30% per il 2020 sui nostri quasi 100 miliardi di fatturato e in questo scenario non era previsto un nuovo lockdown prima di dicembre. Ora dipende da cosa si intenderà per lockdown, perché se fosse a livello industriale sarebbe un disastro epocale. Con un lockdown dell’industria del fashion non riusciremmo a consegnare la primavera-estate, non sarebbe neanche pensabile. Anche un lockdown a livello di retail sarebbe un gran colpo perché rischierebbe di colpire la catena che in Italia è molto forte e che già rischia di perdere per strada un 30% di punti vendita, quindi c’è da fare molta attenzione”.

“Dobbiamo pensare a misure più mirate - ragiona il numero uno di Cnmi - con l’osservanza da parte di tutti delle regole. Nei negozi abbiamo adeguato gli impianti di aria condizionata, ci sono dipenser, si misura la temperatura, si indossano le mascherine: dobbiamo cercare di convivere con questo virus per non distruggere il tessuto sociale e l’economia, non servono lockdown indiscriminati ma misure specifiche negli ambienti in cui si potrebbe sviluppare una forte accelerazione della pandemia”.