Economia

Mps, l'ombra dei tagli ai bancari. Il balletto Roma-Ue blocca Siena

Luca Spoldi

Cruciale trovare un’intesa con Bruxelles sulla futura cessione di quasi 10 miliardi di crediti deteriorati ad Amco. Senza di essa rischia anche di slittare l’us

Mps come previsto soffre la già preannunciata revisione delle Dta e chiude il 2019 in rosso di 1,033 miliardi di euro (l’esercizio si sarebbe chiuso in utile per 934 milioni senza la revisione, in linea col 2018) nonostante un utile operativo di 323 milioni (+3,3% su base annua), e con uno stock di crediti deteriorati di 12 miliardi di euro (contro i 16,8 miliardi di fine 2018 e i 45,8 miliardi di fine 2016). La Npe ratio lorda cala al 12,4% (contro un obiettivo del 12,9% entro fine 2021 concordato con la Commissione Ue), a fronte di un Cet1 ratio (indice di solidità patrimoniale) pari al 14,7% “transitional” (12,7% “fully loaded”) e un Total capital ratio del 17,4% (15,4% “transitional”) a fine dicembre. 

marco morelli
 

Avendo mancato gli obiettivi reddituali concordati con la Commissione Ue la banca guidata da Marco Morelli deve così procedere, come previsto dagli accordi sottoscritti nell’ambito della ricapitalizzazione precauzionale, ad ulteriori 100 milioni di euro di tagli di costi operativi entro il 2021. Una ulteriore “limatura” che arriva dopo un quadriennio lacrime e sangue che ha già visto Siena tagliare un terzo circa delle sue filiali, passate dalle 2.032 del 2016 a 1.422.

Quella dei tagli sembra del resto essere una strada obbligata per tutto il settore bancario italiano, che in questi giorni sta presentando conti in cui ai miglioramenti degli indicatori patrimoniali e dell’ultima riga di conto economico non corrispondono incrementi né del margine d’interesse (che anzi continua a soffrire lo scenario di tassi vicini a zero) né delle commissioni, ma solo ulteriori strette sui costi. Mps da questo punto di vista non fa eccezione: il margine d’interesse cade del 13,9% rispetto a un anno prima a 1,5 miliardi (complice le cartolarizzazioni di Npl e la cessione di Mps Belgio, operazioni che insieme ad altre iniziative poste in essere per rispettare gli impegni con la Ue spiegano circa metà del calo), le commissioni calano del 4,8% a 1,45 miliardi. 

marco morelli
 

A dare fiducia a Morelli e al Tesoro (socio al 68%) è, se non altro, la costante crescita dei depositi (saliti a 65,6 miliardi a fine anno, dai 62 di un anno prima e contro i 51,1 miliardi di fine 2016), peraltro a fronte di uno spread in termini di costo dei depositi rispetto alla media di mercato ormai stabilizzato attorno ai 15 punti base (dato a fine novembre), rispetto ai 14 punti base di fine 2018 (ma anche ai 37 punti base dell’agosto 2017).

Dove potrà tagliare i 100 milioni di costi operativi Morelli? Il personale ha già dato molto: solo nel 2019 il calo è stato pari al 2% rispetto al 2018 grazie alle uscite assistite tra marzo e maggio scorso dal ricorso al Fondo di Solidarietà e al deconsolidamento di Mps Belgio a giugno, che hanno contribuito a ridurre del 4,7% il totale dei dipendenti a fine anno. Più in generale i costi operativi sono calati lo scorso anno a 2,29 miliardi (-6,5% rispetto a fine 2018), quindi la sforbiciata dovrà essere attorno al 4,4%, con un impatto che potrebbe dunque essere pari a circa i due terzi di quello già registrato quest’anno. Morelli oltre che sul costo del personale potrebbe quindi cercare di agire sulle spese amministrative o su svalutazioni e ammortamenti. 

Ma su queste ultime molto dipenderà dall’esito del negoziato in corso tra il Tesoro e la Commissione Ue per procedere alla cessione ad Amco (l’ex Sga), tramite fusione, di una parte consistente della residua esposizione a crediti deteriorati. Determinare quanti crediti (inizialmente si era parlato di 11-12 miliardi di euro, ipotesi che equivarrebbe al sostanziale azzeramento di tale posizione, negli ultimi giorni si ipotizza si possa stare sotto i 10 miliardi) e a che prezzo possano essere ceduti (la copertura media di questi crediti è pari al 48,8%, gli Npe si vendono a seconda della tipologia tra il 25% e il 35% del loro valore) determinerà un impatto in termini di costi operativi.

Proprio l’incertezza circa tale impatto (Morgan Stanley stimava qualche settimana fa che potesse variare tra 1,5 e 2,5 miliardi) rischia di condizionare pesantemente le scelte di Morelli e del top management di Mps per cercare di centrare l’obiettivo di una riduzione di almeno 100 milioni di euro rispetto al 2019. Ma la trattativa tra la Commissione Ue e il Tesoro italiano è importante anche per un ulteriore motivo: la ricapitalizzazione precauzionale ha dato il via a una “nazionalizzazione a tempo” che dovrebbe concludersi entro fine 2021 con la sostanziale uscita del Tesoro dal capitale.

Il piano con cui Via XX Settembre avrebbe dovuto illustrare tempi e modi del disimpegno avrebbe dovuto essere inviato alla Commissione Ue entro fine dicembre, ma il Tesoro aveva poi fatto sapere con una nota che “i servizi della Commissione europea e del Ministero dell’Economia e delle Finanze su richiesta delle autorità italiane, hanno concordato di posticipare all’inizio del 2020 la presentazione del piano di dismissione della partecipazione del ministero nella Banca Monte dei Paschi, alla luce e in linea con l’interlocuzione in corso in merito a un’operazione di derisking della banca”.

Insomma: se non si troverà la quadra sulla cessione ad Amco dei crediti “marci” di Siena, Morelli non saprà né come poter procedere per tagliare ancora i costi né quando cambierà il suo azionista di riferimento. Un passaggio, quest’ultimo, che il mercato scommette significherà per l’istituto senese il definitivo accasamento con qualche altra banca di medie dimensioni come Ubi Banca, Bper Banca o Banco Bpm. Con un Cda in scadenza (il 6 aprile è in calendario l’assemblea chiamata all’approvazione del bilancio 2019 e al rinnovo del board) la finestra d’opportunità e le possibilità di manovra di Morelli e della sua squadra rischiano di restringersi, per questo un’intesa è quanto mai necessaria e per molti analisti non più rinviabile.