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Creator Economy, cos'è e quali sono i vantaggi per le aziende

di Greta Lomaestro

Un'opportunità per le imprese di potenziare la strategia di marketing sfruttando l'influenza dei creatori di contenuti e le nuove tecnologie digitali

L'evoluzione della Creator Economy: impatti sulla pubblicità, normative in sviluppo e la nuova era del marketing autentico

La creator economy rappresenta un ecosistema economico in rapida espansione che offre a individui con talento e predisposizione creativa la possibilità di guadagnare attraverso la creazione e distribuzione di contenuti digitali originali. Questa economia emergente, a volte definita anche come passion economy o economia della monetizzazione individuale, ha rivoluzionato il modo in cui i contenuti vengono prodotti e consumati: infatti, grazie a piattaforme social come Instagram e TikTok, ma anche YouTube e Twitch, i creator digitali possono raggiungere un pubblico globale e monetizzare il proprio lavoro attraverso l’advertising e la collaborazione diretta con i brand.

Il fenomeno è globale e in Italia coinvolge oltre il 70% della popolazione, con 43 milioni di individui attivi sui social media: secondo un recente report di We Are Social, questo nuovo mercato è alimentato da oltre 200 milioni di content creator a livello mondiale, generando un indotto stimato in 127,5 miliardi di dollari nel 2023, equivalente al 4% del PIL del Regno Unito. Dati abbastanza strabilianti, che evidenziano l’enorme impatto economico della creator economy, che non smette di crescere: basti pensare che, secondo le previsioni, arriverà a generare entrate per 480 miliardi di dollari a livello internazionale entro il 2027.

Quali sono i vantaggi del Creator Marketing per le imprese?

Il creator marketing, o influencer marketing - anche se molti creator non amano più essere chiamati “influencer”, perché suona un po’ decade scorsa - è una strategia che si basa sulla fiducia che questi soggetti hanno costruito nel tempo relazionandosi con il proprio pubblico sui social media. I loro consigli e opinioni sono percepiti dalla community come una forma potente di social proof per i potenziali clienti di un brand: la chiave del successo in questo tipo di marketing, dunque, risiede nella selezione accurata degli influencer e nella loro capacità di raggiungere un pubblico specifico su piattaforme social mirate.

Ogni settore ha il proprio pubblico e le proprie piattaforme social preferite, quindi le aziende devono fare outreach in modo strategico, cercando e selezionando attivamente i profili più in linea con il prodotto, il servizio o il marchio da promuovere. È importante notare che la scelta dell’influencer giusto dipende anche dal budget a disposizione del brand: ad esempio, per prodotti di nicchia, i nano-influencer o i micro-influencer, con profili che contano tra i 1.000 e i 10.000 follower, possono essere più efficaci di celebrities famose seguite da milioni di persone, e questo proprio grazie al loro alto engagement rate.

Quando si collabora con un influencer, è essenziale fornire un brief chiaro e dettagliato sull’output desiderato, includendo linee guida di comunicazione, menzioni e hashtag da utilizzare. Tuttavia, è altrettanto importante lasciare spazio alla creatività dell'influencer, evitando di snaturare la loro comunicazione, poiché è proprio per il loro stile unico e autentico che gli utenti li seguono.

I vantaggi per le aziende che adottano il creator marketing sono numerosi. Prima di tutto, possono veicolare il messaggio promozionale attraverso la voce e il volto di un testimonial influente, creando una comunicazione meno smaccatamente pubblicitaria e più in linea con le logiche del content marketing. Questo approccio genera maggiore fiducia, spontaneità e veridicità nel pubblico, migliorando l'efficacia del messaggio.

Inoltre, se le aziende scelgono di lavorare con profili medi e micro-influencer, possono contenere i costi senza sacrificare l’efficacia della campagna.

L’unico alert per gli uffici marketing delle aziende è di informarsi sulle normative vigenti, che impongono di indicare chiaramente il carattere promozionale delle collaborazioni, per evitare sanzioni e problemi legali.

Tra de-influencer, AI, normativa ed etica: come sta cambiando il ruolo dei creator oggi

L'evoluzione della creator economy ha portato a una democratizzazione del ruolo di influencer, specialmente grazie all'ascesa di piattaforme come Instagram e TikTok: oggi, la creatività e la capacità di creare contenuti brevi e coinvolgenti sono al centro della scena e, nonostante i detrattori considerino il lavoro dell’influencer semplice, in verità è i professionisti della creatività digitale devono padroneggiare una combinazione di competenze, tra cui copywriting, fotografia, videomaking e PR.

L'avvento delle tecnologie digitali del web 3.0 e dell'intelligenza artificiale sta aprendo nuovi scenari e cambiando le carte in tavola: ad esempio, l’AI generativa sta permettendo la creazione di contenuti automatizzati, mentre i virtual influencer, come le pionieristiche Lil Miquela e Imma, stanno attirando milioni di follower sui social media, soprattutto negli Stati Uniti.

L’emergere di contenuti generati dall’AI e lo sviluppo di ambienti come il metaverso presentano poi nuove sfide regolatorie: i governi di tutto il mondo stanno cercando di creare framework normativi per disciplinare l'attività degli influencer, proteggendo i consumatori e assicurando la veridicità dei contenuti promossi, così come di normare direttamente l’AI stessa, basti pensare all’AI Act italiano.

Parallelamente, sta emergendo il fenomeno del de-influencing, una tendenza che invita i consumatori a evitare acquisti impulsivi e a fare scelte più consapevoli e sostenibili. Questo movimento, nato su TikTok intorno alla fine del 2022, sta guadagnando terreno nei settori beauty, food, fashion e lifestyle, e sta costringendo le aziende a rivalutare le proprie strategie di influencer marketing, puntando sull’autenticità e sulla trasparenza (come avrebbe sempre dovuto essere, viene da dire).

Ergo, la creator economy rappresenta sicuramente una straordinaria opportunità per le aziende, ma richiede un approccio nuovo, etico e che tenga conto dei rischi di un contatto diretto e non mediato con gli utenti, perché i consumatori sono sempre più consapevoli e attenti alle proprie scelte d’acquisto.