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Intesa Sanpaolo, un caso studio sullo smart working per il Financial Times

Il Financial Times racconta come Intesa ha evidenziato i vantaggi del lavoro da casa, adattandosi ai ritmi del Covid-19

Intesa Sanpaolo come caso studio di Risk Management. Il Financial Times riporta l’esperienza del Gruppo durante il Covid-19

All'inizio del 2020, mentre molti non erano ancora convinti della gravità del virus che stava iniziando a diffondersi, Massimo Proverbio, Chief IT Digital and Innovation Officer di Intesa Sanpaolo, aveva un’opinione precisa riguardo a quanto stava accadendo. Forte dello scambio d’opinioni con sua sorella, veterinaria e docente dell'Università degli Studi di Milano, aveva a lungo discusso del rischio di malattie che passano dagli animali all'uomo, approfondendo l’argomento.

Così si apre l’articolo del Financial Times del 15 aprile, report speciale sul Risk Management nelle istituzioni finanziarie a firma di Silvia Pavoni.

Quando l'Italia ha registrato il primo caso di Covid-19, il 21 febbraio 2020, Proverbio, responsabile della pianificazione della continuità aziendale del Gruppo bancario più grande d’Italia, si è precipitato a dare l'allarme: “Abbiamo agito immediatamente”, ha dichiarato alla testata londinese. “E purtroppo quello che è successo dopo ci ha dato ragione”.

Nel caos di quelle settimane, Intesa doveva garantire il regolare svolgimento dei servizi chiave. "In qualità di Banca di importanza sistemica, dobbiamo disporre di un piano di continuità aziendale", ha affermato Proverbio. “Il piano si basa sul presupposto che sarà necessario per poche ore, giorni, nel peggiore dei casi. Qui, avevamo bisogno di qualcosa che funzionasse per mesi o un anno intero, come si è scoperto".

La banca aveva già attivato il suo sistema di gestione delle crisi, noto con il nome di Noge. Il sistema, creato dopo il terremoto in Abruzzo del 2009, ha offerto un modello per il coordinamento delle attività durante la pandemia.

La dirigenza di Intesa Sanpaolo ha fatto il punto della situazione quotidianamente. "Ci siamo incontrati tutti online ogni sera alle 19:00", ha dichiarato Paola Angeletti, Chief Operating Officer. Le telefonate sono iniziate il giorno dopo la segnalazione del primo caso, ha riferito, e sono durate fino a metà maggio, quando l'emergenza iniziale si è attenuata e sono stati stabiliti nuovi processi. Ad oggi, con l’emergenza ancora in corso, si svolgono ogni due settimane.

Con la diffusione del Covid-19, il personale ha iniziato a lavorare da casa con le attrezzature necessarie. Le connessioni domestiche dovevano essere rese più sicure e più veloci, in particolare per i trader che avevano anche a che fare con mercati turbolenti, ha spiegato Proverbio.

Come ricorda Stefano Barrese, Responsabile della Divisione Banca dei Territori, anche le filiali della Banca si sono dovute adattare, con la rotazione del personale e la richiesta ai clienti di prenotare gli appuntamenti.

La pandemia ha esposto la banca a nuovi tipi di rischio informatico oltre al possibile hacking delle reti Wi-Fi domestiche. "Abbiamo un problema e, parlando con colleghi di altre banche europee di dimensioni simili, lo hanno anche loro: i clienti che non sono abituati al mondo digitale", ha aggiunto Proverbio.

Nei dodici mesi fino a gennaio 2021, Intesa ha registrato un aumento del 50% nell'utilizzo della sua app. Le vendite di prodotti attraverso i canali digitali sono cresciute ancora più velocemente, passando dal 13% al 31% del totale. Ciò ha aumentato il rischio che i clienti fossero vittime di frodi informatiche. “I ritardi legali e burocratici non aiutano. Nel caso del phishing, ad esempio, un sito web che imita un'attività legittima non può essere bloccato fino a quando i clienti non perdono denaro. Anche in questo caso, la pagina web non viene rimossa immediatamente. La tempistica delle attività digitali è di pochi minuti. La rimozione di un sito web di phishing richiede solitamente tre giorni”, ha raccontato Proverbio, al lavoro per risolvere la problematica.

Intesa Sanpaolo, nuovi modi di lavorare e prospettive future

Il cambiamento più evidente portato dal Covid-19 è stata l'adozione diffusa del lavoro a distanza, una pratica che finora si è rivelata vincente. In questo periodo e con queste modalità, Intesa è persino riuscita ad andare avanti con l'acquisizione di UBI Banca per 4,1 miliardi di euro, completata lo scorso luglio. E i responsabili stanno attualmente supervisionando la sua integrazione lavorando da casa.

Il numero di dipendenti di Intesa che può lavorare a distanza è passato da 14.000 nel 2019 a 81.000 lo scorso anno, cifra che comprende 16.000 persone che lavorano all'estero. Prima della pandemia, Intesa aveva programmato di raggiungere i 24.000 nel 2021, secondo un piano che, riferisce Angeletti, “all'epoca sembrava ambizioso”.

Un ritorno completo in ufficio è quasi impossibile, anche con un vaccino, ha spiegato, poiché ci sono aspettative che continui la possibilità del lavoro a distanza. Ma Angeletti teme anche il rischio che i lavoratori si sentano tagliati fuori dai colleghi. In risposta, Intesa sta valutando una combinazione di attività da remoto e in loco che potrebbe a incoraggiare l'uso di hub per offrire luoghi di lavoro collettivo con un tragitto più breve.

Nonostante l’efficace diffusione dei canali digitali, i clienti si rivolgono ancora alle strutture bancarie di alto livello. Mentre le regioni italiane entrano ed escono da zone arancioni, rosse o gialle, anche le visite alle filiali cambiano. Attualmente, le filiali nelle aree rosse offrono servizi limitati e alcune potrebbero non essere affatto aperte.

In definitiva, conclude il Financial Times, uno dei rischi imprevisti emersi dalla pandemia è che le idee delle persone non si adattano abbastanza rapidamente alle nuove circostanze, con il risultato che la cultura del lavoro deve recuperare terreno.

“Abbiamo dimostrato che possiamo lavorare tutti a casa”, riferisce Proverbio. “Non è questo il problema. Il problema è nelle teste dei manager. Devono pensare a gestire le persone, non a controllarle”.