Economia
Private Capital: raccolta in calo; ESG e internazionalizzazione per ripresa
Private Capital Conference 2019: AIFI conferma raccolta in calo nel primo semestre; resta l’ottimismo degli operatori che puntano a ESG e internazionalizzazione
Raccolta complessiva nei primo semestre 2019 pari a 435 milioni di euro, in calo del 77% rispetto al primo semestre del 2018. Un dato non confortante per il private capital. Ciononostante prevale l’ottimismo degli operatori che si sono riuniti oggi a Milano alla Private Capital Conference promossa da AIFI. Fra i driver della crescita l’internazionalizzazione e la sostenibilità.
I dati dell’analisi condotta da AIFI, in collaborazione con PwC Deals, sul mercato italiano del private equity e venture capital mostrano un netto calo nella raccolta relativa al primo semestre 2019 (410 i milioni raccolti sul mercato, -75% rispetto agli 1,7 miliardi dello stesso periodo dell’anno precedente). Gli investitori internazionali hanno pesato sulla raccolta di mercato per il 27%. Le fonti principali della raccolta sono: settore pubblico e fondi sovrani (31%), fondi pensione e casse (18%), investitori individuali e family office (18%).
“La raccolta nel primo semestre è stata debole”; ha commentato ai microfoni di Affaritaliani.it Innocenzo Cipolletta, presidente AIFI. “Ciò è dipeso, in parte, dal fatto che negli anni passati è stata molto alta e, in parte, dal fatto che oggi molti fondi stanno già operando nell’investimento. Sugli investimenti abbiamo avuto qualche diminuzione, ma siamo ottimisti per quanto riguarda la seconda parte dell’anno”. “Fra i fattori di crescita dell’industria, l’internazionalizzazione sia delle imprese investite sia dei fondi. Un’altra sfida è quella della sostenibilità: molti stanno cercando fondi che assicurino una politica sostenibile e AIFI sta definendo delle linee guida in questo senso”. Oltre a ciò, questi sono “business people”: “Le persone sono l’elemento fondamentale dell’economia, della crescita e delle imprese. È perciò importante che le nostre imprese puntino sulle persone perché sono queste a portare avanti l’SGR”.
“Abbiamo avuto un calo significativo nella raccolta, che rientra in un quadro generalizzato europeo e internazionale”, ha confermato ad Affaritaliani.it Anna Gervasoni, Direttore Generali di AIFI, “Questo deriva da un’incertezza che c’è sui mercati. In Italia, negli ultimi mesi, è però ripreso un clima di fiducia e ci aspettiamo un miglioramento sul secondo semestre 2019. Perché ciò avvenga, il governo deve sbloccare i grandi investitori istituzionali italiani, che devono credere negli operatori italiani, e deve avviare i fondi di fondi delle asset class che rappresentiamo: privare equity, private debt e venture capital”.
Per Francesco Giordano, Partner di PwC, “la raccolta può essere influenzata da cause politiche, ma va vista a livello globale. La maggior parte di questa viene da soggetti esteri. La raccolta in Italia è un fenomeno ciclico: a livello globale ci sono circa un trilione di dollari a disposizione dei fondi; quindi, c’è tanta liquidità. Per vedere la solidità del mercato vanno visti gli investimenti che hanno, in ogni caso, tenuto in questo ultimo semestre. Gli ESG sono un tema molto caldo: stanno diventano importanti per gli operatori nazionali ma, soprattutto, per quelli internazionali, che hanno dei team per valutare la sostenibilità degli investimenti”.
Private capital conferenze: gli operatori si confrontano su internazionalizzazione e sostenibilità come driver di ripresa per il settore
“Abbiamo svolto un sondaggio interessante in sala rispetto ai fattori di cambiamento che hanno influenzato il business negli ultimi tre anni”, ha commentato ad Affaritaliani.it Giorgio Fantacchiotti, Corporate Partner di Linklater, “e lo abbiamo confrontato con il risultato derivante da una survey condotta a livello europeo (intervistando 250 figure senior del mondo del Private Equity). Il risultato che deriva dalla votazione italiana è diverso dal dato internazionale: il dato italiano si è focalizzato sulla gestione del portafoglio e sul tema internazionalizzazione, mente il dato internazionale ha visto prevalere la cooperazione con gli operatori strategici e un uso più moderato della leva, oltre alla gestione del portafoglio”.
Un dato di discontinuità interessante che mostra come il mercato italiano fa storia a sé. “Quello che manca al nostro settore è l’internazionalizzazione degli operatori di private capital”, ha ribadito Cipolletta. “Ne abbiamo ancora troppo pochi che operano sia in Italia sia all’estero. Di conseguenza, portafogli piccoli limitano l’arco delle attività”. Una delle possibili risposte che escono dalla conferenza di oggi è quella di associarsi tra fondi di differenti paesi. Ciò consentirebbe di avere maggiore capacità di fare investimenti sostenibili nel tempo”.
Per Carlo Mammola, AD del Fondo Italiano d’Investimento, “la bassa raccolta di questi mesi dipende da numerosi fattori, non solo dal contesto politico. Per i prossimi mesi mi aspetto che le iniziative già pianificate dal precedente ciclo politico vedano la luce e che abbiano efficacia, anche sulla raccolta; il Fondo nazionale per l’innovazione e il Fondo Italiano d’Investimento attingeranno dunque dai mesi passati e lanceranno nuovi progetti. Quanto a questi ultimi, Mammola ha approfondito con Affaritaliani.it: “Stiamo riflettendo molto sul supporto alle PMI, il segmento del nostro mercato più significativo ma anche trascurato dagli investitori”. C’è poi il tema della sostenibilità sul quale il Fondo sta lavorando: “Da tempo abbiamo adottato i criteri ESG e siamo certificati sulla base dei Principi di investimento responsabili delle Nazioni Unite. Questi sono, per noi, i fattori di creazione di valore. Tra le nostre attività rientra anche quella di investire in altri fondi: in questo modo possiamo essere di esempio, chiedendo anche agli altri fondi di adottare le stesse policy”.
“Apparteniamo a un gruppo che ha fatto dell’internazionalizzazione la sua storia”, ha dichiarato Gianandrea Perco, AD e DG di Dea Capital Alternative Funds SGR. “Pertanto il tema ci è particolarmente caro ed è un criterio di selezione dei target del portfolio. Sul futuro dobbiamo cercare di aggredire i mercati stranieri, sarà un percorso lungo che richiede grandi investimenti sul prodotto e sulla piattaforma, senza perdere il local touch che sui nostri target è fondamentale. Internazionalizzazione significa poi specializzazione su prodotti che ci rendano investitori credibili anche in altre geografie”. Il problema relativo alla raccolta pare dunque essere per Perco la disponibilità di prodotti: “Lo scorso anno si è raccolto molto bene e, per quest’anno, la liquidità cerca allocazioni in buoni prodotti; il tema non è, quindi, la disponibilità degli investitori ma la disponibilità dei prodotti”. “Stiamo investendo molto sugli ESG”, ha proseguito Perco ad Affaritaliani.it, “cercando di creare un mix di forma e sostanza: la forma sta partendo adesso, la sostanza l’abbiamo sempre avuta come punto cardine dei nostri investimenti”.
Anche Eugenio De Blasio, AD di Green Arrow Capital, sembra essere ottimista: “La flessione nella raccolta di fondi è stata una sorpresa, ma rimaniamo ottimisti perché intravediamo una ripresa. Fra i trend su cui puntare, il mondo degli alternativi: la nostra asset class è la soluzione perfetta sia per gli investitori istituzionali sia per i privati e l’educazione finanziaria consentirà nuovi ritorni”. “Da parte del governo, più che incentivi, serve non disincentivare gli investimenti. Ci attendiamo pertanto una defiscalizzazione”. Quanto alla sostenibilità, “Che non diventi una moda”, ha concluso De Blasio ad Affaritaliani.it, “Noi che ci occupiamo di finanzia dobbiamo educare le nostre aziende”.
“Non abbiamo avuto problemi di raccolta”, ha commentato ad Affaritaliani.it Nino Tronchetti-Provera, Fondatore e managing partner di Ambienta SGR, “abbiamo due uffici all’estero e siamo leader della sostenibilità, quindi direi che internazionalizzazione e sostenibilità abbiano influito su questi risultati”. “Il Private Equity nel mondo non ha mai raccolto quanto negli ultimi 5 anni ma oggi occorre avere il coraggio di andare all’estero e avere prodotti vendibili. La mancanza di fondi è una mancanza di coraggio e di capacità”.
“La competizione all’interno del private equity c’è e sta aumentando”, ha spiegato ad Affaritaliani.it Filippo Penatti, managing director The Carlyle Group. “Diverso è il rapporto con i nuovi operatori (family officer, fondi pensione) che a mio avviso si sta evolvendo verso un sistema di partnership. Oggi si può ragionare con loro non soltanto in termini di raccolta, ma anche su possibili scenari di investimento”. Anche per Penatti l’internazionalizzazione è fondamentale: “Siamo un fondo globale e abbiamo nel nostro dna un’idea di One Carlyle, dove tutti lavorano insieme per offrire alle aziende in portafoglio un network internazionale”.
Anche per Silvia Oteri, Partner di Permira Associati, il tema dell’internazionalità è importante, “ma non fondamentale”: “Esistono imprese che possono essere efficaci e aver successo su un territorio nazionale; dipende dal mercato: se il mercato di riferimento è nazionale, un’azienda può competere entro i confini nazionali. Questo sta cambiando perché il mercato stesso si sta modificando. Un portafoglio di prodotti internazionale aiuta infatti le singole aziende e stringere partnership con realtà locali, per noi che siamo un fondo internazionale, è importante. Sul tema sostenibilità, Oteri ha poi commentato: “Puntare sugli incentivi è complicato e non sostenibile nel lungo termine, anche perché le regole oggi sembrano cambiare da un momento all’altro insieme ai governi. È però fondamentale che noi si punti sugli ESG”.
“L’internazionalizzazione è un tema fondamentale per le piccole imprese italiane: per crescere e per avere successo non possono non andare a vendere sui mercati esteri; questo è il problema storico delle imprese italiane, troppo concentrate sul mercato domestico”, ha detto ad Affaritaliani.it Raffaele De Courten, Fondatore Alto Partner SGR. “Andare in Europa è fondamentale: il Private Equity aiuta in questo. La sostenibilità è un tema molto sentito: il fatto di avere le certificazioni e le norme ambientali è una strada obbligata: tutti gli investitori chiedono policy ESG. Noi siamo country fund puro che ha sempre lavorato in Italia con competenze specifiche: investiamo in aziende medie e familiari italiane puntando a specializzarci nei prodotti”.