Economia
Sogefi, ora c'è l'opzione fusione. I dolori extra-stampa dell'Ingegnere
Lo tsunami dell'auto si abbatte su Sogefi. Dopo un semestre difficile, per gli analisti occorre trovare in fretta partner o acquirenti per le diverse attività
Sogefi prosegue nel suo recupero che già ha portato il titolo a guadagnare circa il 6,4% nell’ultima settimana in borsa, approfittando della conferma del giudizio di Kepler Cheuvreux (“hold”, mantenere in portafoglio, con target price di 1,3 euro sostanzialmente in linea con le quotazioni attuali del titolo) nonostante gli esperti abbiano prudenzialmente limato di un 5% le proprie previsioni di utili per azione per tener conto di ipotesi più prudenziali sulla produzione globale di veicoli leggeri. Peccato che in un anno il bilancio sia impietoso: quasi un quarto della capitalizzazione andato in fumo.
Anche Sogefi, infatti, rischia di risentire della frenata del settore auto europeo: fondata da Cir nel 1980 e quotata alla Borsa di Milano, sul segmento Star, Sogefi (controllata dalla holding dei De Benedetti al 56,8%) opera nel settore della componentistica per autoveicoli in tre aree di attività di cui è tra i leader mondiali (sospensioni, filtrazione, aria e raffreddamento).
A fronte di 1,638 miliardi di ricavi e un Ebitda di 190 milioni, Sogefi ha chiuso il 2018 con un utile netto di 14 milioni di euro. Numeri che sono apparsi in calo rispetto al 2018 quando i ricavi erano stati pari a quasi 1,648 miliardi, l’Ebitda aveva sfiorato i 207 milioni e l’utile netto era risultato pari a 26,6 milioni e che già non sono piaciuti molto al mercato.
Non solo: titolo fortemente ciclico, Sogefi tra il 2014 e il 2017 ha segnato due “picchi” di borsa raggiungendo entrambe le volte la soglia dei 5 euro (che fu anzi brevemente superata tra l’estate e l’autunno del 2017), per poi tornare in entrambi i casi appena sopra gli 1,20 euro (un minimo assoluto è stato fugacemente toccato lo scorso maggio appena sopra gli 1,12 euro). Le azioni della società presieduta da Monica Mondardini (ex amministratore delegato di Gedi e manager di fiducia di Carlo De Benedetti) nel primo caso pagarono l’uscita di scenda dell’amministratore delegato Guglielmo Fiocchi, che finì vittima in particolare della persistente debolezza del mercato sudamericano oltre agli oneri legati alla ristrutturazione, con relative “temporanee inefficienze industriali” in Europa.
Nel secondo caso sembrano aver pesato il maggior costo dell’acciaio che ha inciso negativamente sulla marginalità (in particolare per il settore sospensioni, che ha visto i ricavi calare del 7,5% nel primo semestre dell’anno a 292,3 milioni) e il timore di nuovi dazi Usa che potrebbero colpire l’industria automobilistica europea e più in generale la scarsa visibilità dei risultati futuri dopo un primo semestre “difficile per i mercati automobilistici, con una diminuzione dei volumi del 6,7%” (peggiore rispetto al dato di Sogefi, -3% a cambi costanti grazie proprio alla tenuta in Europa, che nei primi sei mesi dell’anno ha registrato ricavi per 486,8 milioni dai 503,5 milioni di un anno prima).
In assenza di novità negative, la società prevedeva lo scorso luglio che nel secondo semestre le vendite potranno risultare “sostanzialmente in linea con il corrispondente periodo dell’esercizio precedente”, mentre la marginalità (Ebit margin) è prevista in “leggero miglioramento” rispetto ai primi sei mesi dell’anno. Il mercato, però, non sembra fidarsi tanto che la società capitalizza 154 milioni, meno di un decimo del suo giro d’affari e meno anche del suo patrimonio netto (236,5 milioni al 30 giugno), trattando a circa 9,2 volte gli utili 2019 attesi (il consenso parla di 14 centesimi per azione) contro le 11,2 volte di Landi Renzi o le 18,5 volte di Carraro, due tra i concorrenti paragonabili a Sogefi per capitalizzazione e business.
Sullo sfondo resta così l’ipotesi di eventuali integrazioni con altri soggetti italiani o esteri per alcuni dei suoi segmenti, cui hanno fatto cenno di recente gli analisti di Equita Sim, pur confermando una presenza del gruppo nel comparto industriale.
Non sarebbe dunque una vendita in blocco, semmai dell’opportunità di valutare come procedere nei diversi segmenti, “anche alla luce del peggioramento del contesto di mercato che impone un’accelerazione per eventuali deal” commentano gli esperti, aggiungendo che “tuttavia, la bassa redditività operativa non permetterebbe la massimizzazione del valore” degli asset eventualmente oggetto di cessione o consolidamento. Chissà se anche per Sogefi “l’Ingegnere” Carlo De Benedetti proverà a tornare in sella recriminando la scarsa passione e capacità dei propri eredi, o se in questo caso lascerà procedere nella ricerca di eventuali acquirenti o partner industriali.