Economia
Superbonus, stop alle cessioni dei crediti: ecco che cosa cambia
Il governo Meloni sceglie di rompere gli indugi sul Superbonus 110% e approva il decreto che blinda l'agevolazione: sì ai lavori, ma senza più sconti
Levata di scudi anche da parte del mondo politico, con il leader del Movimento Cinque Stelle Giuseppe Conte in prima linea. Con l'affossamento del superbonus viene dato "un colpo letale all'edilizia, si gioca sulla pelle di lavoratori e famiglie e si prendono in giro gli italiani, considerando le promesse elettorali del centrodestra", ha dichiarato il grillino. Per il presidente del M5S siamo di fronte a un "tradimento a orologeria, confezionato non a caso un minuto dopo le elezioni regionali". E al ministro dell'Economia Giorgetti, secondo il quale l'intervento del governo era necessario per risolvere il "bubbone" dei crediti, Conte replica: "Quello che chiamano bubbone è un Pil cresciuto nel 2021 del +6,7% e nel 2022 del +3,9%, numeri che in Italia non si vedevano da 35 anni. Su queste performance, secondo autorevoli osservatori, dal Centro studi di Confindustria al Cresme, Superbonus e Pnrr hanno avuto un impatto fondamentale. Il superbonus, come confermato da Censis e Nomisma, ha inoltre permesso la creazione di 900mila posti di lavoro e un risparmio di 979mila tonnellate di CO2".
Superbonus, Fdi: "Decisioni del governo necessarie, polemiche M5S sono strumentali"
Dal governo è intervenuto invece Lino Ricchiuti, vice responsabile del dipartimento imprese e mondi produttivi di Fratelli d'Italia, che ha definito la posizione M5S "pretestuosa". "Per tutti i crediti e i lavori derivanti da Cila presentate entro il 31 dicembre 2022 sarà mantenuta la possibilità di cessione individuando la data del 31 dicembre 2024 come termine ultime per la chiusura lavori", ha sottolineato Ricchiuti. "Andava trovata una soluzione per i crediti già in pancia alle imprese, per questo è già stato convocato dal governo il tavolo con le associazioni di categoria per lunedì e per farlo era necessario mettere uno stop per non aumentarli fino a inesigibilità. Le aziende sono giustamente preoccupate ma lo siamo anche noi, perché abbiamo a cuore le sorti delle Pmi e dei professionisti intrappolati in questa matassa", ha concluso il vice responsabile del dipartimento imprese e mondi produttivi di Fdi.