Economia

Tim, Colao accelera sulla rete unica. Modello Inwit a più operatori

di Marco Scotti

La spinta di Giorgetti e di Colao sulla rete unica: che cosa cambia per le tlc italiane. Urgente cablare il Paese prima della realizzazione del Recovery Plan

A Giancarlo Giorgetti va riconosciuto un indubbio merito: è il primo politico, da tempo immemore, che si spende in prima persona sulla rete unica. Il tema è centrale in un’ottica Recovery Plan: la cifra destinata alla digitalizzazione del nostro paese è di 45,5 miliardi di euro che dovranno consentire di fare un salto in avanti notevole. Oggi Vittorio Colao ha di fatto ribadito l’urgenza di trovare una soluzione condivisa che permetta di accelerare i tempi. L’ex amministratore delegato di Vodafone, che di reti si intende eccome, ha addirittura deciso di fare dell’Italia un “campione europeo”. Ma per fare questo serve che si faccia chiarezza su diversi punti. Andiamo con ordine.

Prima di tutto, quando Giorgetti – parlando da politico – dice che la rete unica deve essere in mani pubbliche e che comunque non vi è interesse a consegnare il progetto a un operatore privato per di più a maggioranza straniera (cioè Tim), sta cercando prima di tutto di smuovere le acque. Tant’è che il titolo in Borsa dell’ex-Sip non è precipitato come invece sarebbe successo se si fosse pensato che davvero Tim non avrebbe avuto un ruolo di guida nel progetto AccessCo. Fonti qualificate riferiscono ad Affaritaliani.it che sarebbe sorprendente per l’azienda se le venisse sfilato il timone del comando: in fin dei conti, si tratta del principale operatore in Italia e il 50,1% sarebbe il giusto riconoscimento.

Dunque che cosa si intende per rete unica? A quanto ci risulta, il progetto a cui ispirarsi è quello di Inwit e delle torri. Un’azienda gestita sostanzialmente da due operatori, cioè Vodafone e Tim, che è ora un autentico gioiellino dopo lo spin-off del 2015 da Telecom Italia. Ma nel caso della rete unica i soggetti sarebbero molteplici e la vera forza sarebbe la pluralità di operatori che entrerebbero – ovvero tutti coloro che hanno un interesse di sorta – che coopererebbero nel cablare le aree grigie.

È bene ricordare, infatti, che l’Italia è divisa in tre aree: quelle nere, ad altissima redditività in cui la concorrenza è più alta, quelle grigie, a minore vantaggio e quelle bianche, con nulla o scarsissima convenienza. Proprio sul ritardo nel cablare le aree bianche si è speso Giorgetti, ricordando come sia essenziale per i servizi retail ma anche per quelli della pubblica amministrazione e delle aziende che si proceda a una netta inversione di tendenza.

(Segue...)