Tim, golden power del governo. Multa e rete modello Openreach
Il governo esercita il golden power, Tim dovrà decidere che fare con Sparkle e Telsey
di Luca Spoldi
e Andrea Deugeni
Telecom Italia (Tim) inizia la settimana sottotono, perdendo a fine giornata l’1,1% a 76,25 centesimi di euro per azione (prezzo che alcuni trader segnalano essere “molto interessante se si pensa ai fondamentali” del gruppo), dopo la conferma che il governo ha deciso in sede di Consiglio dei ministri di esercitare il golden power, chiedendo verosimilmente interventi sulla governance delle controllate Sparkle e Telsey.
Conferma che è arrivata sul finale della seduta di Piazza Affari dallo stesso premier Paolo Gentiloni, che al termine del Consiglio dei ministri odierno ha anticipato come un comunicato, che sarà emesso nelle prossime ore, dettaglierà come il golden power in concreto sarà esercitato (ossia quali saranno le prescrizioni in teme di governance), anche se poco dopo il ministro dell’Economia e finanze, Piercarlo Padoan, ha precisato: “Non ci sono misure specifiche”. La sanzione per la mancata notifica di un’operazione sottoposta al Golden Power potrà ora arrivare fino al doppio del valore dell'operazione e comunque non dovrà essere inferiore all'1% del fatturato realizzato dalle imprese coinvolte.
Che il golden power potesse essere evocato era ormai certo dopo le dichiarazioni del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda domenica. Il titolare del Mise, pur “benedicendo” gli investimenti stranieri in Italia, aveva richiamato tutti al rispetto delle regole per quanto riguarda la comunicazione al governo e al mercato dell’acquisizione del controllo di società operanti in settori strategici, sottolineando poi l’opportunità di studiare una soluzione per cui un asset “strategico” come la rete di Tim, “non tanto per la telefonia” quanto per i dati (“penso a Industria4.0” ha precisato il ministro), possa “diventare neutrale per tutti gli operatori”.
Le prescrizioni che il governo esercitando il golden power darà (a Vivendi, nel caso specifico), saranno “eque, equilibrate e non punitive” ha aggiunto Calenda, ma per ora non vi sono molte ulteriori indicazioni al riguardo, dato che sulla rete il governo pare volersi esprimere successivamente, anche se gli analisti prefigurano un intervento regolatorio che imponga una societarizzazione della rete stessa per poi aprirla a nuovi soci tra cui soggetti semi-pubblici come Cdp e Open Fiber. Senza che l'epilogo sia per forza lo sbarco in Borsa.
La soluzione individuata da Palazzo Chigi punta infatti allo scorporo tramite societarizzazione della rete Tim, sul modello inglese di Openreach, la società della rete che fa capo a British Telecom. Senza per questo modificare gli assetti proprietari. Un'operazione che potrebbe avvenire già entro l'anno con l'ingresso di due consiglieri di garanzia dell'Agcom nel Cda della costituenda societa' della rete.
Un'ipotesi, quella dello scorporo della rete, già avanzata la scorsa settimana da Matteo Orfini, presidente del Pd, in un position paper secondo cui sarebbe questa la prima mossa propedeutica per la creazione di un'unica rete nazionale, neutra, con una forte presenza pubblica (Orfini ha ventilato il possibile ingresso di Cdp, azionista con Enel di Open Fiber, nell'azionariato), che operi in condizione di monopolio naturale aperta a tutti i player.
Secondo gli esperti di Equita Sim, l’ipotesi di scorporo o Ipo della rete comunque “rimane sul tavolo, anche per permettere una valorizzazione piena e di mercato della rete, aumentare la flessibilità finanziaria del gruppo e valutare opzioni di consolidamento con Open Fiber”. L’Ipo secondo gli esperti sarebbe “un percorso più interessante per Tim, in quanto manterrebbe il controllo dell’asset, facilitando comunque sviluppi strategici futuri. Scenari che prenderebbero le mosse da alcuni capisaldi: anzitutto Tim non intenderebbe cedere Tim Brasil, mentre potrebbe mettere in vendita Inwit (la società che gestisce le torri di trasmissione di Tim), visto che la quota detenuta da Tim potrebbe valere 2 miliardi se valutata 19 volte il multiplo EV/Ebitda 2017 (contro le oltre 20 volte pagate da American Towers per asset simili).
Possibile anche una cessione di Sparkle (che per gli uomini di Equita Sim può valere attorno ai 200 milioni di euro, valutando la società circa 8-9 volte il suo Ebitda), mentre il management di Tim resta fortemente contrario all’eventuale cessione della rete, per quanto non vi sia al riguardo una posizione ufficiale. Infine è noto che Tim intende spingere sui contenuti media, lanciando una piattaforma “pay-tv” entro l’anno o meglio “rilanciando, visto che esiste già la piattaforma Tim Vision”. Gli analisti pensano “sia necessario per questo il lancio di una piattaforma “pay” anche sul digitale terrestre, ad esempio acquisendo Mediaset Premium”.
Per cercare di districare la matassa nel modo più indolore possibile, il nuovo amministratore delegato di Tim, Amos Genish, dovrebbe incontrare Calenda venerdì prossimo, 20 ottobre. Potrebbe essere quella l’occasione giusta per siglare un “gentleman agreement” sul tema di come garantire la neutralità della rete, ad esempio tramite conferimento della stessa a una società nel cui capitale potrebbero poi entrare CdP e Open Fiber. A patto, chiaramente, che intanto si sia raggiunto una intesa su quale delle diverse infrastrutture di rete di Tim sono da intendersi strategiche: se solo la fibra, le torri di trasmissioni o anche i vecchi cavi in rame.