Economia
Tim-Open Fiber, rete unica adieu: il piano "B" di Colao anti-niet europeo
Tim, altolà dal governo sulla rete unica. E ora che succede?
Che qualcosa di grosso stesse per succedere era ormai nell’aria. Mai si era visto che due ministri – uno un politico di lungo corso, l’altro un tecnico con un curriculum “lungo così” – parlassero di un tema fondamentale senza che qualcosa poi succedesse. E infatti, anche questa volta il meccanismo si è messo in moto. Il tema è quello della rete unica, su cui i ministri Giancarlo Giorgetti prima e Vittorio Colao dopo si erano espressi in modo decisamente tranchant.
Il titolare del dicastero dello Sviluppo Economico aveva espresso le sue perplessità a lasciare la maggioranza assoluta della rete unica a Tim data la partecipazione di Vivendi che è di poco inferiore al 24%. Aveva sì lamentato i ritardi nel processo di realizzazione dell’infrastruttura, ma aveva altresì invitato tutti gli operatori a cooperare.
Affaritaliani.it può però riferire che ci sono ulteriori sviluppi: Draghi, che ha costantemente il polso della situazione a Bruxelles sa che difficilmente l’Ue (anche se una posizione ufficiale non è ancora stata presa nei palazzi comunitari) avrebbe accettato il dossier sulla fibra così com’è stato strutturato e ha dovuto trovare un “piano B”. Ma facciamo un passo indietro.
Era già difficile pensare che Giorgetti parlasse “a caso”. Ma la pietra tombale l’ha messa Colao. Il quale, pur tra molti tecnicismi, ha fatto capire che la fibra ottica non deve essere l’unico mantra e che la “neutralità tecnologica”, cioè l’approccio alle diverse modalità di accesso alla rete (5G, Fwa e, appunto, fibra ottica), deve essere la stella polare in questo momento di lungaggini.
Cdp già da tempo si è detta pronta a essere della partita, tanto da aver rilevato il 9,9% di Tim e aver espresso un membro del nuovo consiglio di amministrazione con Giovanni Gorno Tempini, presidente in Via Goito. Ma la difficile soluzione della querelle intorno a Open Fiber, con Enel che ha sì approvato la proposta di Macquarie per cedere le sue quote ma che di fatto non ha compiuto molti passi avanti da agosto in poi, ha rallentato il piano della banda larga.
Il Ceo di Open Fiber Elisabetta Ripa
Infratel, l’agenzia del Mise preposta all’attuazione del progetto, ha tuonato chiedendo a Open Fiber di rispettare le tabelle di marcia e di rispondere alle sollecitazioni esterne. Ma Enel, per il momento, non sembra avere fretta: la data per il closing definitivo è stata progressivamente spostata e adesso si parla addirittura di 31 dicembre. La cifra che verrà corrisposta varia tra i 2,4 e i 2,6 miliardi, ovvero una plusvalenza per l’azienda guidata da Francesco Starace nell’ordine di 1,5 miliardi.
Il governo sembra avere aumentato di oltre il 50%, portandola a più di 6 miliardi, la dotazione del Pnrr per lo sviluppo di reti a banda larga. Si tratta di una scelta obbligata dalla contingenza: lo sviluppo nelle aree bianche e grigie procede a rilento, ma è l’intera infrastruttura a non dare garanzie. Proprio ora che la rete sta diventando un’alternativa alla televisione “tradizionale”.
Dazn ha messo sul piatto 2,5 miliardi in tre anni per la Serie A, ha chiesto a Tim di partecipare con circa 300 milioni. Ma domenica alle 12.30, nell’anticipo dell’ora di pranzo tra Inter e Cagliari è andata in down. Colpa di Comcast e dei suoi server, certo. Ma è bene che una situazione del genere non si ripeta, o l’ira dei presidenti di Serie A che erano già scettici non si farà attendere.
(Segue...)