Economia
Tim, serve un contatto Chigi-Vivendi. Asati: "Mantenere l'occupazione"
Senza il via libera dei francesi non può esserci via libera all'operazione NetCo. E rimane l'incognita dell'assemblea
Tim, senza un contatto tra Vivendi e Palazzo Chigi la trattativa non può decollare
Se si vuole dare definitiva operatività al piano messo in piedi dal Governo per la rete di Tim, serve ultimare un passaggio che in molti fingono di dimenticare: bisogna incontrare Vivendi, che detiene il 24% del capitale dell’ex-Telecom e provare a illustrare strategie, idee, sviluppi. Il prezzo che è stato individuato per la cessione dell’asset rete (circa 23 miliardi, probabilmente rilanciabili fino a 24) è ancora lontanissimo dai 31 richiesti dai francesi, ma anche da quei 27 che i bene informati indicavano ad Affari come linea sotto la quale Vivendi avrebbe alzato le barricate.
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Secondo quanto riferito ad Affaritaliani.it, lo schema della NetCo prevedrebbe una partecipazione intorno al 35% del Mef, tramite F2i e Cassa Depositi e Prestiti, garantendo così allo Stato italiano un controllo sull’infrastruttura strategica. Ma attenzione: finché non ci sarà un dialogo chiarificatore tra Vivendi e Palazzo Chigi sarà difficile immaginare un via libera all’operazione. Tra l’altro c’è anche un tema di carattere regolamentare: per lo scorporo della rete da Tim serve un’assemblea che cambi la ragione sociale dell’azienda che non erogherà più, appunto, servizi di rete.
Ma che tipo di assemblea? Se dovesse essere ordinaria, il progetto del Mef dovrebbe passare senza troppi problemi. Ma se dovesse essere speciale? In quel caso non si riuscirebbe a garantire il successo dell’operazione. E il perché è presto detto: in questi consessi difficilmente partecipa più del 60% del capitale. Se dovesse servire una maggioranza qualificata sarebbe molto più complesso ottenere il via libera. Dunque: dialogo, per forza, tra Chigi e Vivendi. L’uscita dal consiglio di amministrazione di Tim dei rappresentanti francesi dà loro un ulteriore potere negoziale.