Economia
Tim, Vivendi punta su Luciano Carta per il cda: ecco perché e che cosa succede
L'ex presidente di Leonardo dovrebbe succedere a De Puyfontaine nel board dell'ex-Telecom. La strategia dei francesi
D’altronde, la partita della rete non sta procedendo come ci si attendeva. Nei giorni scorsi è circolata la voce che Cdp potrebbe sfilarsi dalla corsa all’acquisizione della rete, spaventata dalla richiesta di revisione al rialzo dell’offerta (19 miliardi più due di earn-out) presentata nelle scorse settimane. Di più: sembra che Macquarie, che già divide con Cassa Depositi e Prestiti la partecipazione in Open Fiber (oltre che in Aspi, ma questa è un’altra storia), non sia entusiasta all’idea di un ulteriore rilancio. In rete sono circolate anche versioni che sostengono che Kkr sia stata “benedetta” dalle istituzioni e che, di conseguenza, sarebbe ormai l’unica in lizza per rilevare la rete.
Fonti accreditate riferiscono ad Affaritaliani.it che in realtà nulla è ancora deciso: entro il 9 giugno bisognerà trovare offerte più “ricche” di quelle fin qui pervenute. Gli americani di Kkr possono alzare la posta, Cdp potrebbe fare lo stesso, seppur tra molte remore. Ma rimane il tema della distanza siderale rispetto alle richieste di Vivendi in primis, che valuta la rete intorno ai 31 miliardi di euro. Da lì può partire una trattativa, certo, ma è difficile pensare che i francesi possano scendere sotto i 27. Invece gli americani potrebbero rilanciare, sì, ma in misura assai minore.
E i francesi non ci sentono da quest’orecchio. Vogliono per i soci una situazione che remuneri l’investimento. Senza contare il tema della ragione sociale dell’azienda. Se si vendesse la rete, Tim dovrebbe cambiare ovviamente la sua definizione. Ma qui c’è un cavillo legale: tramite assemblea ordinaria o straordinaria? Non si tratta di questioni di lana caprina, ma di tematiche decisive per il futuro dell’azienda.