Economia
Ubi, il Covid "brucerà" 100 mln di utili. Massiah salirà al 100% di Aviva Vita
L'aggiornamento del piano industriale al 2022. Il gruppo guidato da Massiah in ottica stand-alone salirà al 100% di Aviva Vita e la fonderà con Bap Vita
Il coronavirus impatterà sul business di Ubi Banca con un calo dei profitti al 2022 di circa 100 milioni di euro (da 665 milioni a 562), con una diminuzione del Rote (return on tangible equity, che misura la redditività operativa) di un punto percentuale (dall'8,3% al 7,1%) a causa di un Pil italiano che, secondo il gruppo guidato da Victor Massiah che ha adottato delle stime molto prudenziali, scenderà in termini reali del 10,3% nel 2020, con un recupero del +2,8% nel 2021 e un nuovo calo del -0,2% nel 2022. Trend che nel corso del triennio genererà un aumento aggiuntivo di 85 punti base del costo del credito corrispondente a oltre 700 milioni di euro.
Il nuovo target è appena stato fissato con l'aggiornamento al piano industriale presentato dal gruppo il 17 febbraio di quest'anno, qualche ora prima che Intesa-Sanpaolo a sorpresa scendesse in campo lanciando un'offerta pubblica di acquisto sull'intero capitale della banca bresciano-bergamasca. Un piano che "confermando tutte le principali linee guida e azioni strategiche già delineate" ha dovuto incorporare nel business del prossimo triennio l'impatto del Covid-19 e le conseguenze del lancio dell'Ops da parte di Intesa-Sanpaolo.
Per quanto rguarda i coefficienti patrimoniali, il Cet1 è stato fissato al 13,9% (senza considerare i dividendi relativi al 2020, 2021 e 2022). "Per maggior cautela - ha spiegato il consigliere delegato Massiah - la valutazione dell'impatto del Covid 19 sui parametri di credito e quindi per la stima dell'adeguatezza del patrimonio di vigilanza di Ubi, è stata effettuata in uno scenario che include una variazione del Pil reale del -10,3% nel 2020, del +2,8% nel 2021 e del -0,2% nel 2022".
Dal punto di vista industriale, la principale novità dell'aggiornamento è, qualora Ubi continuerà a rimanere come entità giuridica indipendente sul mercato post-Ops di Intesa, "l'internalizzazione del comparto assicurativo relativo ad Aviva Vita a partire dal 30 giugno 2021 (quando scadranno gli accordi vigenti con Cattolica), mediante acquisto della totalità del capitale della joint venture (con l'assicurazione francese, ndr), attualmente detenuto al 20%".
Questa decisione, ha spiegato la banca, "è attesa impattare sul Cet1 ratio del 2021 per circa -50 punti base". L'operazione avrà poi "effetti reddituali positivi già dal 2021 e si stima che a regime, nel 2022, comporterà un apporto incrementale annuo all'utile netto di gruppo di 40 milioni, con un ritorno sul capitale investito superiore al 10%".
Conferendo poi anche Bap Vita, la compagnia assicurativa di proprietà, in Aviva Vita, Ubi, come anche altri attori bancari, in primis Intesa-Sanpaolo, punta sul business redditizio, dal punto di vista dei ricavi commissionali, del risparmio gestito, anche grazie all'apporto di Pramerica.
In più, sempre dal punto di vista industriale, Ubi, come fatto sempre da Ca' de Sass con Nexi, il gruppo dei pagamenti digitali, prevede di "valorizzare, per il tramite di operazioni e/o iniziative di carattere strategico, di partecipazioni e delle attività di merchant acquiring, con un impatto positivo complessivo atteso sull'utile netto di circa 350 milioni".
Sul fronte del personale, sempre in ottica stand-alone, Massiah ha confermato il piano di assunzioni e incentivi all'esodo, posticipato a causa delle incertezze legate all'Ops lanciata da Intesa Sanpaolo. Un piano che prevede, al netto di circa mille assunzioni, l'uscita di circa 2 mila bancari, attesa in gran parte nel 2021 in coerenza con la conclusione degli accordi sindacali che verranno via via negoziati".
Dalla stretta ai costi operativi, Ubi stima di generare "un miglioramento a regime dell'utile netto di oltre 100 milioni a partire dal 2022 (incluso), oltre a consentire un importante ricambio generazionale anche al fine di orientare le professionalità verso i nuovi skill richiesti dalla migrazione digitale dei servizi bancari e dalle mutate esigenze della clientela".
A fine piano, rimanendo sopra della soglia minima di Cet1, fissata al 12,5%, Massiah stima che la patrimonializzazione potrà consentire al gruppo di distribuire fino a 840 milioni nel triennio, corrispondendi a "un cumulato di oltre 73 centesimi di euro per azione" sempre nel triennio. L'aggiornamento prevede così fino a 330 milioni di dividendi in più rispetto al piano originale (510 milioni), che stimava un pay-out ratio medio pari al 40% dell'utile netto.
Questa indicazione, ha spiegato a questo riguardo Massiah rispondendo a una domanda di un analista, "era coerente con il fatto di avere meno capitale al di sopra della soglia del 12,5% di Cet1", mentre "la nuova situazione" con l'intervento degli schemi di garanzia e un nuovo contesto regolamentare "ci permette di avere più generose possibilità di payout".
Negli 840 milioni di utile distribuibile promessi con l'aggiornamento del piano, ha aggiunto il consigliere delegato di Ubi, "c'è un contributo di nostri tesori nascosti, tra cui la vendita potenziale del merchant acquiring. Lo hanno fatto altre banche, lo ha fatto ad esempio anche Intesa, abbiamo tesori nascosti e quindi perchè no? - si è chiesto il banchiere - Li usiamo per creare valore". Massiah ha anche ricordato l'esempio della controllata cinese, iscritta a bilancio per 40 milioni, e che è "ovviamente sottovalutata rispetto a quello che oggi è la Cina".