Un nuovo no dei costruttori al Codice degli appalti pubblici.
Brancaccio: "La riforma aggiunge pesantezza alla crisi di un settore già stremato dalla crisi"
Arriva un altro secco no dei costruttori al Codice dei Contratti pubblici. Questa volta il dissenso viene dal nuovo leader dei costruttori napoletani (Acen), nonché presidente nazionale di Federcostruzioni, Federica Brancaccio, che ribadisce la posizione dell’associazione. “A dire del Governo il nuovo Codice sarebbe stato improntato a principi di economicità, efficacia, tempestività, correttezza, trasparenza, libera concorrenza e non discriminazione. Parole al vento, principi tutti traditi”. E spiega il motivo. “La forte sperequazione che si determina nel rapporto tra committente ed appaltatore, privato di adeguate tutele anche in caso di ritardati pagamenti o di blocco dei lavori, finisce con il sacrificare in modo inaccettabile il sinallagma contrattuale. Il ricorso all’offerta economicamente più vantaggiosa anche per appalti di importo limitato, la ancora permanente parcellizzazione delle stazioni appaltanti spesso di piccolissima dimensione e scarsa competenza, in uno con la compiutezza della Riforma, lasciano incertezze evidenti e fortissimi ritardi nelle procedure”. Il leader dei costruttori ricorda infatti che in tema di lavori pubblici manca ancora la definitiva approvazione di 29 provvedimenti sui 37 previsti dal Codice. “A poco vale la soddisfazione che oggi lo stesso ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, ed il presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, riconoscano errori nella riforma, a cominciare dalla fretta con cui se ne imposta l’entrata in vigore, prima che ne fosse determinato l’intero quadro regolamentare”. Una riforma che aggiunge pesantezza alla crisi del settore, la più alta dal dopoguerra, con le erogazioni alle imprese per il finanziamento degli investimenti crollati negli ultimi dieci anni del 70%. “Mentre per l’economia italiana si va consolidando la ripresa, per il settore delle costruzioni, stremato da una crisi decennale, ancora oggi non si riescono a scorgere segnali di cambiamento. Solo nel corso dell’anno, secondo stime dell’Ance, si potrà intravedere una risalita dalla china, ma oggi non si può non pensare alle occasioni di lavoro sfumate per le imprese, i lavoratori, l’indotto, a causa di quest’inutile accelerazione degli eventi e dalla definizione di meccanismi evidentemente farraginosi, incongrui e talvolta finanche potenzialmente criminogeni”. A tale proposito, Brancaccio ha sollecitato il presidente dell’Ance nazionale, Gabriele Buia, ad aprire un “serio dibattito all’interno dell’associazione con l’obiettivo di “inaugurare una nuova stagione di confronto con il governo per una rivisitazione del Codice, per sostenere una reale qualificazione delle stazioni appaltanti e, non meno importante, perché si completi la riforma del Fondo di garanzia per le pmi e si disincentivi la svendita dei crediti deteriorati ai fondi speculativi, favorendo al contrario l’acquisto di tali crediti”.