Economia

Webuild, 7 miliardi di ricavi nel 2021. Ma Vinci e Acs sono ancora un miraggio

di Marco Scotti

L'operazione con Astaldi, il plauso di Intesa e UniCredit e il confronto con i colossi europei

Webuild ha completato l’acquisizione del 65% di Astaldi attraverso un aumento di capitale per cassa da 225 milioni interamente sottoscritto, oltre che da Salini Costruttori, da Cdp Equity (una costante di qualsiasi operazione di M&A da un paio d’anni a questa parte), Banco Bpm, Intesa e Unicredit. I media hanno dato – giustamente – ampio risalto all’operazione, che avviene oltretutto in un momento drammatico per l’economia europea. È vero, infatti, che con il Recovery Fund si sbloccheranno risorse per costruire nuove opere strategiche, ma intanto c’è da passare “la nottata”.

CORRONO ASTALDI E WEBUILD IN BORSA/ Astaldi in luce a Piazza Affari. Nel primo pomeriggio il titolo corre del 17,77% a 0,411 euro dopo la notizia che Webuild ha completato l'acquisizione del 65% di Astaldi, portando così a conclusione la più rilevante operazione di acquisizione prevista all'interno del Progetto Italia. Con questa operazione nasce un gruppo con un portafoglio ordini di oltre 40 miliardi di euro, specializzato nella realizzazione di grandi infrastrutture complesse per la mobilità sostenibile, l'energia idroelettrica, l'acqua e i green buildings, leader sul mercato italiano e tra i principali player di settore a livello internazionale. Webuild invece guadagna il 3,57% a 1,029 euro. 

Una nottata, tra l’altro, che per WeBuild è iniziata prima del Covid, con un fatturato calato di 400 milioni in tre anni, passando dai 5,56 miliardi del 2017 ai 5,13 del 2019. Dunque, la nuova creatura che prende corpo e vita è un’azienda con un portafoglio ordini da 40 miliardi e con un fatturato (somma aritmetica tra quelli dello scorso anno di Webuild e Astaldi) pari a circa 6,6 miliardi. Pietro Salini, amministratore delegato dell’azienda “compratrice” ha annunciato che ci saranno 5.000 assunzioni in Italia nei prossimi due anni. Tantissimi posti di lavoro creati, che si vanno a sommare agli 11.000 tra diretti e indiretti e alle cinquemila aziende che collaborano con Webuild solo nel nostro Paese.

Senza contare che il ponte sullo stretto, di cui si continua a parlare e che potrebbe veramente vedere la luce, complici i fondi europei, era stato assegnato dall’allora governo Berlusconi a quell’Impregilo che oggi è parte integrante di Webuild. Sembrano buone prospettive, ma è da qui in poi che si gioca la vera partita. In primo luogo, Salini e la sua azienda realizzano l’82,8% delle revenues all’estero, mentre Astaldi “solo” il 68. Due imprese, quindi, che contano moltissimo sulla possibilità di rivolgersi ad altri mercati che non siano quello italiano, dove le principali operazioni in corso sono per la realizzazione della metropolitana a Milano e Roma e per varie tratte dell’alta velocità lungo lo stivale.

Ma rispetto agli altri colossi europei, pur unendo le forze, rimangono dimensionalmente più modesti. Se Salini in un’intervista al Corriere parla di una previsione per il 2021 di fatturato intorno ai 7 miliardi, la francese Vinci lo scorso anno arrivava a 48 miliardi (leader nel settore). La spagnola Acs, vale “solo” 39 miliardi, ma con un portafoglio ordini da oltre 75 miliardi. Di più: se il sistema economico si è attivato per finanziare l’operazione (tra i privati c’è l’onnipresente Leonardo Del Vecchio), manca totalmente il “sistema”. Non è un caso che Webuild, che pure ha prestigiose commesse in tutto il mondo, sia solo al 15esimo posto nel continente, mentre i francesi occupino tre delle prime quattro posizioni con un fatturato complessivo superiore ai 95 miliardi.

La stessa Spagna piazza quattro aziende nei primi 12 posti per un controvalore superiore ai 60 miliardi. Proprio la liquidità, poi, rimane la pietra angolare dell’intera discussione. Le banche hanno aperto i cordoni della borsa per un’operazione importante ma che non fa che ribadire il nanismo delle costruzioni italiane: tantissime imprese, molti dipendenti, ma la totale mancanza di una massa critica degna di questo nome. Unicredit e Intesa si sono affrettate a ricordare il ruolo importante di Webuild e Jean Pierr Mustier, uomo tutt’altro che loquace, ha voluto rimarcare in questa occasione quanto strategica sarà questa operazione.

E lo stesso Carlo Messina, Ceo di Intesa-Sanpaolo, ha mandato uno “statement” ufficiale di plauso. Ma si torna sempre lì: le ottime intenzioni con cui è stato varato Progetto Italia, cioè il matrimonio tra Astaldi e Webuild sotto lo sguardo di Cdp, sono il fondamento di una nuova stagione per l’imprenditoria nostrana, non più divisa in mille rivoli che si fanno battaglia tra loro, ma strutturati in un ecosistema in grado di competere con i colossi europei.

Ovvio che Vinci o Acs siano ancora dei miraggi ma, complice l’esigenza di spendere correttamente i fondi europei passati, presenti e futuri qualcosa di più si può sicuramente fare. Salini ha ricordato che ci sono ancora 28 miliardi da spendere di stanziamenti continentali già previsti ma ancora inutilizzati. Che cosa stiamo aspettando?