Spettacoli

"Anche i Carrisi piangono": la telenovela Al Bano-Romina-Lecciso non ha fine

Marco Zonetti

Romina Power a Domenica In contro Loredana Lecciso a Domenica Live: il trito sfruttamento mediatico di un'eterna diatriba

Al debutto delle due trasmissioni di punta della giornata festiva ovvero Domenica In e Domenica Live, sintonizzandosi su Rai1 o su Canale5, il telespettatore si è trovato di fronte - ancora una volta - all'eterna riproposizione della telenovela "Anche i Carrisi piangono", la storia infinita del triangolo Al Bano-Romina Power e Loredana Lecciso.

Nel salotto di Barbara D'Urso, quest'ultima raccontava del suo rapporto con Al Bano, per poi dedicarsi a un balletto con la sorella Raffaella sotto il severo giudizio delle gemelle Kessler (il cui rigoroso e teutonico cipiglio tradiva un italianissimo "Che s'adda fa' pe' campa'"). Contemporaneamente, nel "dirimpettaio" salotto di Mara Venier, Romina Power raccontava - ma guarda un po' - del suo rapporto con Al Bano, senza  - grazie al Cielo, spezziamo una lancia a suo favore - inscenare alcun balletto con alcuna sorella. 

A parte il fatto che gli improvvisati balletti delle sorelle Lecciso erano già un cavallo di battaglia della stessa Venier qualche Domenica In addietro, ora riproposti paradossalmente dalla rivale D'Urso, ma possibile che nel palinsesto televisivo non vi sia spazio (o interesse) per altri argomenti che esulino dalle vicissitudini dell'allargata famiglia Carrisi?

Possibile che gli italiani siano davvero di palato così facile e così dipendenti da una vicenda gossippara che si trascina ormai da anni? Ed è possibile che gran parte dell'offerta televisiva domenicale, da parte delle due reti principali, una pubblica e l'altra privata, debba essere monopolizzata dalle faide vere o presunte tra le due signore Carrisi?

Arma di distrazione di massa da far digerire ai telespettatori domenicali loro malgrado o sincera partecipazione di questi ultimi alle ambasce di Power-Al Bano-Lecciso? Non è dato sapere. Sta di fatto che, tutto questa perpetua attrazione morbosa e trasversale per gli amori e i dolori di Cellino San Marco, sembra evocare un'Italia sempre più provinciale e più "piccina", fervidamente attaccata al teleschermo per conoscere gli ultimi dettagli del triangolo in questione, ancor meglio se sordidi e se lasciano intendere liti e odi tra la prima e la seconda signora Carrisi, come in una versione cheap dell'hitchcockiano Rebecca. In trepida attesa della scoperta di chissà quali altarini, mentre i personaggi coinvolti snocciolano per contratto ulteriori dettagli della storia sottolineati da applausi imbeccati. E questo, incredibilmente, si trascina immutato da anni e anni. Nel frattempo, a casa Carrisi i padri sono diventati nonni e le figlie neonate sono diventate a loro volta madri, e i telespettatori sono diventati nonni, bisnonni e forse addirittura trisavoli, ma nulla cambia. Tutto resta immutato, se non forse lo scambio di salotti televisivi in cui presenziare.

E chi osserva dall'esterno non può che interrogarsi sgomento: davvero gli italiani si aspettano questo da un contenitore  televisivo domenicale? Davvero la lobotomizzazione mediatica è arrivata fino a questo punto? Possibile che il mondo del 30% circa dell'audience televisiva di un'italiana domenica di settembre inizi e finisca, con tutto il rispetto per la ridente località, a Cellino San Marco? Forse è meglio non conoscere la risposta.