Crollo Ponte Genova: il commovente omaggio di Techetechetè dà lustro alla Rai
Il programma antologico di Rai1 ha abbracciato virtualmente Genova ferita creando un piccolo lodevole capolavoro visivo e musicale
Techetechetè, come ogni estate, si conferma uno dei programmi più seguiti e apprezzati del palinsesto televisivo, non solo quello della Rai. Immancabilmente, nell'analisi dei dati di ascolto, risulta fra le trasmissioni più viste e capita spesso che si aggiudichi incontrastata la sfida dell'Auditel. Una scommessa vincente, sostenuta dalla formidabile corazzata delle Teche Rai, patrimonio culturale italiano (e mondiale).
Ieri, nella giornata della tragedia per il crollo del ponte Morandi a Genova, Techetechetè non si è fermata, ma da caleidoscopio di "nostalgia" si è trasformata in omaggio sincero e sentito al capoluogo ligure, una sorta di caldo e affettuoso abbraccio ideale alle vittime della disgrazia, alle loro famiglie, alle tante persone attive nelle operazioni di soccorso dei feriti e di ricerca dei dispersi, alle forze dell'ordine impegnate sul luogo dell'abominevole incidente. Ai genovesi ma anche agli italiani tutti che soffrono per i loro fratelli feriti al cuore.
Realizzata da Massimiliano Canè, la puntata di quindici minuti dedicata al crollo del ponte Morandi (visibile su RaiPlay) ha alternato le immagini delle tragedia alle voci e ai volti di cantanti e cantautori genovesi e alle apparizioni di repertorio di artisti che hanno celebrato la città nel corso della loro carriera.
Inizia il grandioso astigiano Paolo Conte con Genova per noi, quindi arrivano i genovesi doc Fabrizio De Andrè con Una storia sbagliata e Gino Paoli con una canzone popolare, la cremonese Mina che tuttavia canta in genovese, accompagnata dal coro della Radiotelevisione italiana, l'accorata Ma se ghe penso, canzone degli emigranti liguri incisa dalla "tigre" nel 1967 e proposta per la prima volta in Tv il 22 aprile di quell'anno nel programma Sabato sera. E poi altre voci e altri volti, I Ricchi e Poveri con Che sarà, i Matia Bazar con Cavallo bianco, i New Trolls con Quella carezza della sera, Umberto Bindi con Il nostro concerto.
A chiudere, Paolo Villaggio che dialoga con il suo alter ego Fracchia, sketch che assurge a simbolo di un'Italia spaccata in due. Un "dialogo" pensato e scritto negli anni Settanta e che tuttavia appare più tragicamente attuale che mai.
In quei quindici minuti di abbraccio virtuale, Techetechetè ha dato lustro alla Rai e al servizio pubblico radiotelevisivo, facendolo risplendere come una stella. Con quei quindici minuti di abbraccio virtuale, Techetechetè ha stretto forte i genovesi e gli italiani tutti, riunendoli con la forza evocativa di un passato glorioso, fatto di talento, di arte, di rispetto e di amore per il prossimo. Un passato glorioso che può essere anche speranza per il futuro, malgrado la tragedia del presente. "Guardate, Genova è grande", sembravano dire quelle voci e quei volti illustri radunati sotto l'egida del titolo "E se ci fermassimo a pensare". Voci e volti illustri che hanno fatto grande non solo Genova ma anche l'Italia nel mondo. "Guardate, Genova è grande" sembravano suggerire le loro encomiabili esibizioni riproposte in maniera encomiabile da Rai1 in prima serata di un giorno tragico. E non sarà certo il crollo di un ponte a poterla piegare.