Esteri

Afghanistan, quanto valgono le promesse dei talebani

Di Gianni Pardo

Afghanistan, le promesse dei talebani valgono zero perché...

La risposta è ovviamente zero, ma per una ragione diversa da quella che si potrebbe pensare. Valgono zero non perché, come li definisce qualcuno, essi siano dei “tagliagole”, ma semplicemente perché nessuna promessa di moderazione vale più di zero.

Naturalmente non sempre è così. Se un padre troppo severo promette al giudice di comportarsi con moderazione, e poi non lo fa, quel giudice può togliergli la tutela dei figli. Dunque l’incauto ha serie ragioni per mantenere la parola. Ma se in guerra un vincitore promette al vinto la moderazione, la sua promessa non vale nulla proprio perché egli non corre nessun rischio e, nel caso, non si vedrà infliggere nessuna sanzione.

In questo campo Tucidide è ancora il grande maestro. La Grecia, con i suoi innumerevoli piccoli Stati, e le innumerevoli piccole guerre, fornisce ogni genere di esempi. A volte il vincitore era magnanimo, a volte passava a fil di spada gli assediati colpevoli di essersi difesi troppo, a volte manteneva le promesse e a volte non le manteneva, e tutto questo i greci lo sapevano così bene che Tucidide ci riporta i loro dubbi e le loro perplessità, in infinite discussioni. Indimenticabile in questo senso l’ignobile comportamento tenuto dagli ateniesi nei confronti degli abitanti di Melo. La politica internazionale è un gioco senza regole, e lo era in particolare allora, quando di Convenzioni di Ginevra non si poteva ancora parlare e la moderazione, quando c’era, era dettata dall’interesse.

Tucidide ci presenta l’umanità come imprevedibile e il caso dei Taliban è persino peggiore della media. Infatti non soltanto la loro Stella Polare non è l’interesse, ma non lo è neppure la Ragione. Li guida la Fede i cui valori sono trascendenti e prescindono dall’interesse. Ricordiamo il vecchio aneddoto: tradendo la promessa, lo scorpione punse e uccise la rana che lo traghettava. Perché, dato che ora annegava anche lui? “Perché è la mia natura”.

Forse per ognuno “la sua natura” è il perseguimento del proprio interesse ma questo non vale per l’“homo religiosus”. Che interesse potevano avere i martiri, ad opporsi al culto formale dell’imperatore, fino a subire la pena capitale? Come potevano mettere sullo stesso piano spargere un po’ d’incenso su un braciere dinanzi ad una statua ed essere uccisi, forse anche in modo orribile?

I Taliban sono pressoché al cento per cento analfabeti e diversamente dai primi cristiani non sono stati allevati con la filosofia dell’agnello ma con quella del leone o, peggio, della iena. Per loro gli infedeli si devono convertire o diversamente già per questo meritano la morte. Come tutti i musulmani sono stati rintronati da un’infinita ripetizione del Corano, del quale capiscono i precetti a modo loro e – come avviene per la Chiesa cattolica col vangelo – danno più importanza alla tradizione che allo stesso testo sacro. Nel Corano non si parla del velo delle donne e loro lo impongono a frustate. Ma andate a dirgli che nel Corano quella regola non c’è. Andate a fargli notare che l’Islàm è una religione largamente diffusa, ma quasi ogni Paese la segue a modo proprio, con maggiore o minore severità e ragionevolezza.

Ragionare con una persona religiosa è impresa vana. Io non sono riuscito a dimostrare ad una signora fervente cattolica – e laureata – che “andare a trovare” la Madonna di Fatima era una stupidaggine. O la Madonna esiste e ci si può rivolgere a lei da ogni luogo, con la stessa efficacia, oppure tutto è una leggenda, tanto a Fatima quanto in qualunque città italiana. È andata lo stesso a Fatima, perché lì “la Madonna è apparsa”. Come se un’apparizione (ad ammettere che la cosa sia credibile) lasciasse delle tracce. Ma già, questo è l’assurdo sistema delle reliquie. Siccome su questa sedia si sedeva un santo, ora chissà che la sedia non mi faccia il miracolo.

Se siamo così noi europei, dopo che abbiamo inventato la scienza e dopo che abbiamo avuto l’Illuminismo, come possiamo giudicare dall’alto i Taliban analfabeti? E come possiamo indurli a cambiare comportamento? So per esperienza che non riuscirei a dimostrare ad un credente che Gesù aveva fratelli e sorelle (lo scrivono tutti e quattro i Vangeli) e che Maria dovrebbe dunque essere stata vergine e madre a ripetizione. Come potrei dimostrare ai Taliban che le donne sono esseri umani come noi uomini, in nulla inferiori a noi se non nella muscolatura?

La conclusione però non è quella che si potrebbe attendere. Se, avendo a che fare con qualcuno, anche se è un avversario, so che è una persona d’onore, potrò ragionevolmente correre il rischio di fidarmi della sua parola. Potrà andarmi male, ma dovrebbe andarmi bene. Se invece so già che è un furfante, non glielo chiedo neppure di darmi la sua parola: agisco direttamente come se l’avesse violata, checché mi dica e quali che siano le rassicurazioni che mi offre. Uno spergiuro non può godere degli stessi vantaggi del galantuomo. Soprattutto se lo spergiuro si è visto insegnare dal suo libro sacro che il credente deve dire la verità ai correligionari, mentre agli infedeli è lecito mentire.

Concludo con una piccola nota. A mio modesto parere, Obama, Trump e Biden avevano ragione a volere che gli Stati Uniti si ritirassero dai Paesi lontani, e soprattutto dall’Afghanistan. Ma c’era una possibilità intermedia; non ritirarsi dall’intero Afghanistan, come ha fatto Biden, senza nemmeno dare ai civili la possibilità di salvarsi, ma lasciare le campagne, che li sostengono, ai Taliban e presidiare Kabul e qualche altra grande città. Così avrei detto ai Taliban: governate con moderazione, diversamente siamo qui per annullare i vostri provvedimenti e farvela pagare. Gli occupanti avrebbero potuto allentare la morsa a poco a poco, dando il tempo o ai Taliban di civilizzarsi un po’, o alla popolazione il tempo di emigrare. Cioè di decidere se vivere sotto il dominio di questi “studenti islamici”, o emigrare verso il vasto mondo dove se ti tagli la barba nessuno ti frusta.

Le guerre “asimmetriche” avvantaggiano gli irregolari nei campi e nei boschi ma, salvo che la popolazione sia coralmente in favore dei ribelli, avvantaggiano i regolari nelle città dove sono concentrati. Kabul non è filo-Taliban.