Esteri
Cina, giustiziato per corruzione il tycoon Lai Xiaomin
La Cina ha giustiziato l'ex presidente di China Huarong Asset Management, Lai Xiaomin, condannato per tangenti e bigamia. Lo riferiscono i media cinesi. Lai era stato condannato alla pena di morte da un tribunale di Tianjin, che lo aveva privato dei diritti politici e gli aveva confiscato i beni.
L'accusa principale a suo carico e' avere intascato l'equivalente di 215 milioni di euro di tangenti e di essersi appropriato di fondi pubblici per 3,1 milioni di euro: al pronunciamento della sentenza, i reati commessi sono stati giudicati "particolarmente gravi" e l'importo delle tangenti "particolarmente elevato", con l'aggravante di avere mostrato "intenti estremamente maligni". Il dirigente di Huarong Asset Management era stato protagonista anche di una confessione trasmessa dall'emittente televisiva statale China Central Television - pratica spesso condannata da avvocati e organizzazioni per i diritti - in cui aveva dichiarato di "non avere speso un solo soldo" dei proventi delle tangenti: le immagini trasmesse da Cctv hanno mostrato anche una casa di Pechino indicata come sua, con denaro contante stipato in casseforti e armadi, e auto di lusso e lingotti d'oro. Lai e' stato anche accusato di avere favorito una "espansione disordinata" del colosso di gestione patrimoniale da lui guidato e di avere condotto "operazioni fuori controllo", che hanno comportato "gravi deviazioni" rispetto alle attivita' principali del gruppo.
Lai Xiaomin era stato espulso dal Partito Comunista Cinese nell'ottobre 2018 e rimosso da tutti gli incarichi pubblici per "violazioni multiple", dopo essere finito sotto inchiesta sia da parte della Commissione Centrale per l'Ispezione e la Disciplina - l'organo che da' la caccia ai funzionari corrotti - sia da parte della Commissione di Supervisione Nazionale, l'organo istituito proprio in quell'anno che indaga sui dipendenti pubblici sospettati di corruzione e altre irregolarita'.
Huarong Asset Management e' stato uno dei grandi gruppi presi di mira dalle autorita' cinesi che indagano sui settori finanziario e assicurativo, per il timore di rischi di sistema. Le indagini non avevano risparmiato neppure i vertici finanziari di Pechino: in quello stesso periodo era stato messo sotto inchiesta per corruzione Xiang Junbo, ex presidente dell'ente di regolamentazione del settore assicurativo, la China Insurance Regulatory Commission (ente poi accorpato a quello di supervisione del settore bancario nella China Banking and Insurance Regulatory Commission). Xiang fu espulso dal Pcc e condannato a giugno scorso a undici anni di carcere con l'accusa di avere intascato 18 milioni di yuan di tangenti (cifra pari a 2,3 milioni di euro al cambio attuale).