Esteri
Coree: voci su Kim e spese militari di Seul. Doppia grana Usa tra Nord e Sud
Le indiscrezioni sulla salute del leader di Pyongyang e il nuovo mancato accordo con Seul: per Trump momento difficile nella penisola coreana
Una giornata vissuta pericolosamente, quella sull'asse Washington-Coree. Sì, al plurale. Perché dopo le voci sulle condizioni del leader della Corea del Nord, Kim Jong-un, è arrivato il nuovo stop al negoziato sulle spese di difesa tra Stati Uniti e Corea del Sud. Due episodi che rischiano di creare nuovi ostacoli (o ribadirne di antichi) alla politica di Washington nella penisola coreana. Il tutto in un momento geopoliticamente cruciale, nel quale Seul può rivestire un ruolo fondamentale per gli equilibri nell'area.
Per tutta la giornata si sono rincorse indiscrezioni sullo stato di salute di Kim. Tutto è nato dalle fonti anonime di intelligence riportate dalla Cnn, che davano la guida suprema di Pyongyang in condizioni critiche dopo un intervento di chirurgia cardiovascolare. Intervento che effettivamente ci sarebbe stato, lo scorso 12 aprile, nel centro medico Hyangsan vicino al monte Myohyang, a nord della capitale. Secondo quanto racconta il Daily NK, outlet sudcoreano che aveva dato per primo la notizia dell'operazione (e che si è poi corretto specificando di avere una sola fonte anonima nordcoreana), Kim sarebbe in condizioni stabili e comunque non in pericolo di vita.
L'operazione, effettuata da un chirurgo dell'ospedale Kim Man-yu, sarebbe avvenuta la domenica di Pasqua, il 12 aprile, un giorno dopo la sua ultima apparizione pubblica alla riunione del politburo del partito dell'11 aprile. In molti avevano sottolineato la sua assenza durante la cerimonia per l'anniversario della nascita di suo nonno, Kim Il Sung, il 15 aprile. C'era chi pensava che non si fosse presentato per timore di un possibile contagio da Covid-19, invece già il 12 aprile aveva lasciato la capitale in elicottero per essere operato.
Difficile capire quale sia la completa verità sulle sue condizioni, ma si possono interpretare i segnali in arrivo dalla penisola e non solo. Smentite sono arrivate sia dalle autorità di Pyongyang (e questo potrebbe anche essere considerato ovvio), sia da quelle di Seul, che dicono di non aver riscontrato "nessun segnale insolito" a nord della zona demilitarizzata. E ancora, Xi Jinping ha lasciato Pechino per un'ispezione nella provincia interna dello Shaanxi. Difficile pensare che il presidente cinese avrebbe potuto lasciare la capitale se il leader nordcoreano fosse stato davvero in pericolo di vita. O quantomeno se ce ne fosse stato il sospetto.
Non è tra l'altro la prima volta che si parla dei problemi di salute di Kim, la cui famiglia ha storicamente problemi cardiaci. E c'è chi inizia a ipotizzare possibili successori. Il nome, in questo caso (probabilmente da rimandare), sembrerebbe essere soprattutto quello della sorella Kim Yo-jong, la cui presenza pubblica e politica è cresciuta nel corso delle ultime settimane e mesi.
Al di là della loro veridicità, le voci iniziali rischiano di rendere ancora più difficile il dialogo tra Corea del Nord e Stati Uniti, di fatto bloccato dopo il vertice fallito di Hanoi e la puntata di Donald Trump a Panmunjom lo scorso 30 giugno. Pyongyang ha anche negato di aver inviato una lettera di risposta al presidente Usa e sembra sempre più vicina a Pechino.
Ma i problemi di Trump non si fermano al Nord. Il tycoon ha rigettato un'offerta di aumento del contributo per le spese di difesa da parte di Seul: "Stiamo difendendo una meravigliosa nazione, con cui abbiamo grande relazioni, ma le stiamo chiedendo di pagare una percentuale più alta per quello che stiamo facendo. Non è una questione di ridurre o meno le nostre truppe. La domanda: contribuiranno alla difesa del loro stesso paese? La Corea del Sud è un paese ricco".
Moon Jae-in
La nuova schermaglia arriva a pochi giorni di distanza dalle elezioni legislative in Corea del Sud, in cui i democratici del presidente Moon Jae-in hanno stravinto. Dopo il prolungamento di un solo anno dell’accordo scaduto alla fine del 2018, che ha visto un innalzamento dell’8% del contributo di Seul a Washington, non si è mai giunti alla nuova stretta di mano. Trump chiede di quadruplicare l’attuale cifra di circa 900 milioni di dollari per il mantenimento dei circa 28 mila e 500 soldati statunitensi presenti. Una richiesta che era impossibile da accettare in campagna elettorale, vista la crescente insofferenza dei sudcoreani per le richieste militari statunitensi.
Non solo. La programmata riforma elettorale di Moon potrebbe creare un nuovo attrito, visto che prevede il ritorno a Seul del comando operativo in tempo di guerra, in mano agli Usa sin dai tempi del conflitto coreano.