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Elezioni in Germania: i candidati, i sondaggi, il sistema di voto, gli scenari

Elezioni anticipate in una Germania in crisi (anche) economica. La Cdu è nettamente avanti, ma l'estrema destra è forte come non mai. Il timore di ingerenze russe

di Federico Ughi

Elezioni in Germania: i candidati, i sondaggi, il sistema di voto

La Germania si prepara a votare domenica 23 febbraio 2025 per rinnovare il Bundestag, il parlamento federale. Un voto anticipato rispetto alla scadenza naturale di settembre, reso necessario dalla crisi politica che ha travolto il governo di coalizione guidato dal cancelliere Olaf Scholz. Il 6 novembre scorso, la cosiddetta "coalizione semaforo" – composta dai socialdemocratici della Spd, dai liberali della Fdp e dai Verdi – è crollata dopo il licenziamento del ministro delle Finanze Christian Lindner (Fdp) da parte di Scholz. Il successivo ritiro dei liberali dal governo ha portato, il 16 dicembre, alla caduta del cancelliere, sfiduciato con 394 voti contrari, 207 a favore e 116 astensioni. A fine dicembre, il presidente federale Frank-Walter Steinmeier ha sciolto il Bundestag e indetto nuove elezioni, mentre Scholz è rimasto in carica alla guida di un governo di minoranza fino al voto.

Chi sono i candidati alla cancelleria tedesca?

Mai così tanti i candidati per la carica di cancelliere. Anche se non sono gli elettori a sceglierlo direttamente – il compito spetta al nuovo Bundestag su proposta del Presidente federale – i principali partiti hanno indicato il loro Spitzenkandidat. Friedrich Merz (Cdu/Csu) è il candidato dell’Unione cristiano-democratica, il partito che per sedici anni ha espresso Angela Merkel. Ha portato la Cdu verso una linea più conservatrice, soprattutto sul tema dell’immigrazione. Olaf Scholz (Spd), cancelliere uscente, cerca la rielezione, ma il suo partito è in netto calo nei consensi. Robert Habeck (Verdi) è il leader ambientalista che punta a mantenere l’influenza del suo partito nella prossima coalizione di governo. Alice Weidel (AfD) guida l’estrema destra e ha ricevuto endorsement internazionali da figure come Elon Musk e Viktor Orbán. Sahra Wagenknecht, ex esponente della sinistra radicale, si presenta con il suo nuovo partito BSW. Christian Lindner (Fdp) e Heidi Reichinnek e Jan van Aken (Die Linke) sono i candidati di riferimento delle rispettive formazioni.

Germania, chi è favorito e cosa dicono i sondaggi

La Cdu/Csu di Friedrich Merz è nettamente in testa nei sondaggi con circa il 30% delle preferenze, seguita dall’AfD al 22%, un risultato che segnerebbe un record per l’estrema destra. Il partito di Alice Weidel è cresciuto grazie a una campagna incentrata su immigrazione e sicurezza, oltre all’appoggio di esponenti di spicco della destra internazionale.

La Spd di Scholz è crollata al 16%, il peggior risultato della sua storia recente, mentre i Verdi sono dati al 13%. I liberali della Fdp, Die Linke e BSW rischiano di non superare il 5% e restare fuori dal Bundestag.

Quali scenari dopo il voto?

Anche con la vittoria della Cdu/Csu, la formazione di un governo sarà complicata. Merz ha escluso ogni alleanza con l’AfD, nonostante alcune convergenze parlamentari su temi come l’immigrazione. Vorrebbe governare con un solo partito, la Spd o i Verdi, ma i numeri potrebbero costringerlo a una coalizione a tre. Il rischio è che il paese si trovi di fronte a un nuovo stallo politico, con difficoltà nel costruire una maggioranza stabile. La Germania è chiamata a scegliere il suo futuro in un voto che potrebbe ridefinire gli equilibri politici dell’Europa.


Il confronto televisivo tra i quattro principali candidati

Domenica 16 febbraio si è tenuto nel frattempo il primo dibattito televisivo tra i quattro principali candidati alla cancelleria. Il “Quadrell”, trasmesso in diretta nazionale, ha visto protagonisti il cancelliere uscente Scholz, il leader della CDU Friedrich Merz, il co-leader dei Verdi Robert Habeck e Alice Weidel, la leader di Alternative für Deutschland.

La discussione, durata circa due ore, si è rivelata particolarmente caotica per gli standard della politica tedesca, con i candidati che si sono attaccati ripetutamente. Tuttavia, le critiche più aspre sono state riservate a Weidel, un attacco corale che riflette l’isolamento di AfD nel panorama politico tedesco. Il partito, secondo nei sondaggi con circa il 20% dei consensi, continua infatti a essere escluso da qualsiasi ipotesi di coalizione a causa delle sue posizioni estremiste e xenofobe. Weidel ha tentato di ribaltare l’accusa, rispondendo con una frase del vicepresidente statunitense J.D. Vance: "Non potete costruire un cordone per escludere milioni di elettori", un chiaro riferimento al cosiddetto "cordone sanitario", la strategia con cui i partiti tradizionali cercano di impedire alle formazioni di estrema destra di accedere a incarichi di governo.

L’endorsement ricevuto da Vance e il suo incontro con Weidel pochi giorni prima del dibattito sono stati un tema caldo della serata. Robert Habeck, dei Verdi, ha attaccato duramente la candidata di AfD, affermando: "Non obbediamo alle raccomandazioni elettorali di vicepresidenti discutibili". La crescita elettorale di AfD e il suo ruolo nella futura formazione del governo sono una delle principali incognite delle elezioni, con tutti i principali partiti che ribadiscono il loro rifiuto a qualsiasi collaborazione. Friedrich Merz, leader della CDU, ha cercato di prendere le distanze da AfD con un’affermazione netta: "Farò tutto il possibile per impedire che [AfD] metta le mani su qualsiasi incarico governativo". Tuttavia, la sua credibilità su questo punto è stata messa in discussione: solo poche settimane prima, CDU e AfD avevano votato insieme per la prima volta su una proposta di legge particolarmente restrittiva sull’immigrazione, un episodio che aveva suscitato scalpore e persino la critica dell’ex cancelliera Angela Merkel, preoccupata per un’eventuale normalizzazione di AfD nel panorama politico tedesco.

Oltre agli attacchi alla destra radicale, il dibattito ha toccato i temi classici della campagna elettorale. Immigrazione ed economia sono stati al centro della discussione, con tutti i candidati favorevoli a una stretta sulle politiche migratorie, anche se con toni differenti. CDU e AfD hanno sostenuto la linea più dura, mentre anche l’SPD, pur su posizioni più moderate, ha irrigidito la propria retorica, probabilmente per contrastare il calo nei sondaggi e rispondere alla crescente insoddisfazione di parte dell’elettorato dopo alcuni episodi di violenza legati a immigrati.

La guerra in Ucraina è stata un altro tema di scontro. Alice Weidel ha sorpreso dichiarando che Donald Trump sarebbe "l’uomo giusto" per risolvere il conflitto, mentre ha auspicato che la Germania assuma un ruolo di "mediatore neutrale". Una posizione subito contestata da Merz, che ha ribadito la necessità di un chiaro schieramento a favore di Kyiv: "Non siamo neutrali, non siamo nel mezzo. Siamo dalla parte dell’Ucraina".

Germania, l'ormai ex locomotiva d'Europa

Allargando il quadro, queste elezioni si svolgono in un contesto economico complesso, segnato da un rallentamento industriale e da un export in calo. La Germania, storicamente considerata la “locomotiva d’Europa”, mostra segnali di affanno che non si vedevano dai tempi dei lockdown del 2020. I dati più recenti restituiscono un quadro poco incoraggiante: la produzione industriale è scesa del 2,4 per cento su base mensile a dicembre, mentre per tutto il 2024 si registra un calo complessivo del 4,5 per cento. La situazione è resa ancora più delicata dal contesto internazionale, con tensioni geopolitiche e variazioni del costo dell’energia che stanno influenzando i tradizionali settori trainanti dell’economia tedesca.

Industria al rallentatore: il caso del settore automotive

Un indicatore chiave della crisi è rappresentato dai numeri del comparto automobilistico, da sempre fiore all’occhiello dell’economia tedesca. A dicembre, la produzione legata all’auto ha segnato un calo del 10 per cento rispetto al mese precedente, contribuendo in modo significativo al dato negativo generale. La concorrenza di aziende straniere nel campo dei veicoli elettrici e la dipendenza da forniture energetiche esterne hanno messo in difficoltà colossi come Volkswagen, BMW e Mercedes-Benz. Alcuni piani di austerità e la possibile chiusura di stabilimenti rappresentano una sfida sociale, ancor prima che industriale, per il Paese.

Export in forte ribasso

La crisi industriale non poteva che riflettersi anche sull’export. Nel 2024, le esportazioni tedesche hanno registrato un calo dell’1,3 per cento, attestandosi a circa 1.555 miliardi di euro. Il dato, seppur non drammatico, è un campanello d’allarme in un Paese abituato a trainare la bilancia commerciale dell’intera eurozona. Alcuni segnali di ripresa si sono comunque intravisti sul finire dell’anno, con un leggero aumento sia dell’export (+2,9 per cento) sia dell’import (+2,1 per cento) a dicembre. Ma la volatilità dei mercati e l’incertezza dovuta alla situazione geopolitica rendono difficile prevedere se questa tendenza possa consolidarsi.

Il timore di interferenze russe e fake news sul voto tedesco

Ad aggiungere tensioni all'appuntamento elettorale, cresce l'allarme per possibili interferenze russe. In un contesto di incertezza politica, la Germania si trova a fare i conti con una crescente instabilità sociale, accentuata da episodi come l’auto sulla folla a Monaco, che la scorsa settimana ha provocato 36 feriti e riacceso il dibattito sulla sicurezza interna. Siti fake, account anonimi sui social, narrazioni costruite ad arte: i canali di propaganda russa sembrano essere in piena attività, con l’obiettivo di minare la stabilità politica tedesca e, più in generale, indebolire il blocco europeo. La Germania, pilastro dell’UE dal secondo dopoguerra, è da tempo nel mirino di Mosca, che punta a sfruttare le divisioni interne e le fragilità politiche per alimentare un clima di sfiducia.

Come funziona il voto in Germania: un sistema tra proporzionale e maggioritario

Ma come funziona il voto in Germania? Il 23 febbraio la Germania elegge i nuovi deputati del Bundestag, la camera bassa del parlamento, incaricata di approvare le leggi e di eleggere il cancelliere federale, figura equivalente al presidente del Consiglio in Italia. Il paese ha anche una seconda camera, il Bundesrat, dove siedono i rappresentanti dei 16 stati federali (Länder), ma questi ultimi non sono eletti direttamente dai cittadini: vengono designati dai rispettivi governi regionali.

Il sistema elettorale tedesco è stato progettato nel secondo dopoguerra con un obiettivo chiaro: impedire che un solo partito possa accaparrarsi il potere, favorendo invece la formazione di governi di coalizione. Si tratta di un meccanismo misto che combina elementi maggioritari e proporzionali, garantendo da un lato rappresentanza alle forze politiche più piccole, e dall’altro stabilità parlamentare. Dal 1949 a oggi, infatti, la Germania ha avuto solo nove cancellieri, un dato che testimonia la solidità del sistema.

Ma come funziona nel concreto? Ogni elettore tedesco ha due voti sulla stessa scheda. Con il primo voto (Erststimme) sceglie un candidato del proprio collegio elettorale: il più votato ottiene direttamente un seggio al Bundestag. Con il secondo voto (Zweitstimme) vota invece un partito, e questa è la scelta determinante per stabilire la ripartizione dei seggi complessiva in parlamento. Solo i partiti che superano il 5% dei voti a livello nazionale possono entrare nel Bundestag, a meno che non ottengano almeno tre mandati diretti nei collegi uninominali.

Fino al 2023, questo sistema presentava una distorsione: alcuni partiti potevano ottenere più seggi diretti nei collegi rispetto alla quota spettante in base ai voti proporzionali. Per evitare squilibri, venivano quindi assegnati seggi compensativi agli altri partiti, facendo lievitare le dimensioni del Bundestag. Nel 2021 il parlamento tedesco aveva raggiunto il record di 736 deputati, diventando uno dei più numerosi al mondo. Per evitare ulteriori gonfiamenti, nel 2023 è stata approvata una riforma elettorale che ha fissato un tetto massimo di 630 parlamentari, stabilendo un limite fisso simile a quello introdotto in Italia con la riforma del 2020.

Questo nuovo sistema entrerà in vigore proprio con le elezioni del 23 febbraio, rendendo il voto un banco di prova anche per il meccanismo riformato. Il risultato elettorale, unito alla nuova distribuzione dei seggi, potrebbe rendere ancora più difficile la formazione di una coalizione di governo stabile, in un contesto politico già altamente frammentato e incerto.