Esteri
Elezioni Turchia, Erdogan favorito al ballottaggio. A Istanbul timore vendetta
Il Sultano avanti di 5 punti nei sondaggi sul rivale Kilicdaroglu. Pronta la repressione nella città che gli ha voltato le spalle
Ballottaggio in Turchia: il sultano Erdogan verso la vittoria
La Turchia si avvia al decisivo ballottaggio di domenica che dirà chi, tra il presidente uscente Recep Tayyip Erdogan e il candidato dell'opposizione, il repubblicano Kemal Kilicdaroglu, governerà il Paese per i prossimi 5 anni. Secondo gli ultimi sondaggi citati dal Corriere della Sera, Erdogan sarebbe in vantaggio di 5 punti. Tanto che, come racconta Repubblica, a Istanbul si teme la vendetta del sultano, che "in caso di vittoria al ballottaggio potrebbe scatenare la repressione nella città che al primo turno gli ha voltato le spalle".
Il primo turno ha confermato quanto si sapeva, ovvero che la Turchia è un Paese polarizzato e spaccato in due. Da un lato il 49.5% degli elettori che appena due settimane fa ha espresso la propria preferenza per Erdogan, scegliendo la continuità di un leader in sella da 20 anni, prima da premier e dal 2014 da presidente della repubblica. Dall'altro uno schieramento variegato, una coalizione di piu' partiti che proprio in quella continuità' vede avanzare la minaccia di un regime di un uomo solo al comando.
Una minaccia per scongiurare la quale l'opposizione si è stretta attorno alla candidatura di Kilicdaroglu. Al primo turno lo schieramento di sei partiti che sostiene il candidato ha sfiorato il 45%, anche grazie al sostegno esterno dei curdi di Hdp, costretti a presentarsi come Sinistra Verde da vicende giudiziarie che puzzano di ostracismo politico che il governo del presidente ha rischiato di pagare caro. Le percentuali del primo turno hanno rivelato un vantaggio di appena 2.5 milioni di voti per Erdogan, pochissimi in un Paese che ha 64 milioni di votanti e in cui l'affluenza, tradizionalmente altissima, ha toccato l'88% (il record e' del 93.6%).
A rendere necessario il secondo turno il 5.17% dei voti, pari a 2.8 milioni di preferenze, ottenuti dal 'terzo incomodo', l'ultranazionalista di estrema destra Sinan Ogan. Dopo il primo turno i riflettori sono stati puntati proprio sull'ex (?) Lupo Grigio, che per anni era sparito dalla scena politica turca. Al di la' del risultato Ogan è riuscito a rilanciare la propria immagine e imporsi sulla scena politica turca, finendo al centro di una corte serrata da parte di entrambi gli schieramenti.
Ecco perché Erdogan ora è nettamente favorito
Un corteggiamento che, a dire il vero, ha visto come principale attore sopratutto Kilicdaroglu, che ha 'visto' Ogan per primo, ha intensificato il dialogo con quest’ultimo e ha spinto sull'acceleratore del nazionalismo, promettendo il rimpatrio dei siriani, accusando Erdogan di non aver saputo difendere i confini, aver portato in Turchia 10 milioni di siriani (ufficialmente sono 3.7), aver attuato un piano per mutare la demografia del Paese e paventando l'arrivo di altri 10 milioni di profughi in caso di conferma del presidente in carica. Parole non casuali. Ogan aveva infatti impostato la propria campagna elettorale sulla tolleranza zero nei confronti dei migranti, sopratutto siriani e sull'intransigenza nei confronti dei curdi in politica, oltre che sul rilancio di principi nazionalisti. Erdogan, dal proprio canto, dopo aver incontrato Ogan ha dichiarato che non si sarebbe piegato alle sue condizioni. Il presidente in carica è tornato ad accusare Kilicdaroglu di legami con il Pkk, un’accusa alquanto debole per la verita’ e ha annullato i grandi comizi.
Il presidente in carica si è presentato per lo piu’ nelle aree terremotate dove ha ottenuto una maggioranza schiacciante che al secondo turno potrebbe essere ancora piu’ netta. I voti ottenuti da Erdogan hanno fatto partire una campagna di odio social nei confronti delle popolazioni colpite dal sisma del 6 febbraio scorso che Erdogan negli ultimi giorni ha puntato a sfruttare per incrementare il proprio vantaggio in una regione alquanto popolosa Con queste premesse l'endorsement di Ogan a favore di Erdogan e' giunto un po' a sorpresa, ma neanche più' di tanto, se si considera lo stretto legame dell'ultranazionalista con la Russia, dove ha studiato per anni, ma sopratutto con l'Azerbaigian, Paese di cui è originario e dove vanta un rapporto personale con il presidente Ilham Aliyev e dove ha interessi economici.
Proprio Aliyev che di Erdogan è uno dei piu' stretti alleati e di cui è amico personale potrebbe aver giocato un ruolo nell’endorsement a favore di Erdogan. La mossa di Ogan si spiega anche con un mero calcolo politico. Con Erdogan favorito al secondo turno, il suo sostegno prelude a un rilancio personale nel panorama politico del Paese da cui e’ stato fuori per anni. Un sostegno a Kilicdaroglu e una susseguente vittoria di Erdogan lo avrebbero relegato di nuovo nel dimenticatoio.
L'indicazione di voto di Ogan ha pero' solo all'apparenza posto la parola fine alla contesa. Era scontato sin dall’inizio che le sue parole non avrebbero indirizzato i 2.8 milioni di voti ottenuti al primo turno tutti su un candidato. Su Ogan sono confluiti tantissimi voti di protesta da parte di nazionalisti disillusi che non hanno nessuna simpatia o fiducia ne’ nei confronti di Erdogan ne’ di Kilicdaroglu. Una circostanza che rende prevedibile l’astensione da parte di una buona fetta degli elettori di Ogan.
A completare il quadro l’endorsement dei due partiti sostenevano Ogan al primo turno a favore di Kilicdaroglu. Il partito Zafer (Vittoria) dello xenofobo nazionalista Umit Ozdag voterà per Kilicdaroglu, cui porterà’ in dote più di 1.2 milioni di voti. Stessa cosa farà l’altro partito, Adalet (Giustizia). E anche se i voti in questo caso sono poco piu’ di 100 mila, nel totale si raggiunge quasi la meta’ del bottino di consensi ottenuto da Ogan al primo turno. La carta nazionalista giocata da Kilicdaroglu ha infastidito le componenti piu’ progressiste dell’alleanza.
I curdi della Sinistra Verde hanno confermato che andranno comunque a votare “contro il regime di un uomo solo”, ma l’elettorato ha brontolato e non poco, specie nel sud est a maggioranza curda che ha garantito un 10% di voti a Kilicdaroglu. Le grandi manovre di queste due settimane non sembrano aver spostato gli equilibri in maniera sostanziale e una sconfitta di Erdogan rappresenterebbe una sorpresa, ma anche l’inizio di una autentica sfida per Kilicdaroglu, chiamato a governare nel nome di entità’ politiche tra loro diversissime.