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Esteri
Etiopia, verso la trattativa con i ribelli del Tigrai (Tplf)
Etiopia, il primo ministro Abiy Ahmed 

Il peggio però non è ancora arrivato. Subito dopo l’attacco contro i militari di stanza presso la Caserma Nord, il più grande deposito di armi del Paese, il Tplf aveva compiuto una strage su base etnica. A farne le spese erano stati i civili Amhara residenti a Mai Kadra, nel Tigray. Contadini, agricoltori, lavoratori a giornata, braccianti diventano, per la loro appartenenza etnica, un facile bersaglio.

Il 9 e il 10 novembre 2020 il gruppo giovanile Samri, estremisti Tigrini affiliati al Tplf, con la complicità della polizia locale, compie rastrellamenti, chiedendo le carte d’identità, per individuare i “diversi”, i non Tigrini, e ucciderli. Le testimonianze raccolte mesi dopo dal team investigativo internazionale per i diritti umani (OHCHR) ed etiopico (EHRC) sono agghiaccianti e, paradossalmente, poco divulgate, scarsamente riferite all’opinione pubblica.

“I Samri”, si legge nel rapporto, “hanno usato macete e bastoni per uccidere gli Amhara”, stanandoli casa per casa, andando nei quartieri dove sapevano che c’erano le loro abitazioni. Chiedendo gli indirizzi ai vicini di casa. Un pogrom nel quale moriranno tantissime persone. I dati ufficiali parlano di duecento. Altri dati però ne indicano oltre settecento. Difficile stabilire numeri precisi perché moltissimi erano lavoratori stagionali, senza documenti.

Quest’episodio nella sua drammaticità è il segnale evidente della connotazione etnica dello scontro iniziato dal Tplf. Quindi non stupisce che a fine agosto il Tplf, rientrato di fatto vincitore nel Tigray, inizi l’invasione delle due regioni confinanti, Amhara e Afar. A quel punto è un susseguirsi di episodi drammatici in molte città della regione Amhara. Nel silenzio quasi totale della stampa italiana e internazionale ne scrivo, dopo aver ricevuto notizie dall’interno, a fine agosto per Affari Italiani. 

Mesi dopo anche Amnesty International nel report di febbraio 2022 riporterà quanto accaduto a Kobo, Chenna, Nifas Mewcha. Un elenco di nomi di luoghi accumunati da un destino tragico. Deliberate uccisioni di civili, “gravi violazioni del diritto umanitario”, “crimini di guerra”, “crimini contro l’umanità”. Efferatezze, brutalità, violenze contro i soggetti più deboli, le donne, gli anziani. Umiliazioni e, ancora una volta, discriminazione etnica. Persone incolpate di appartenere all’etnia sbagliata. Tutti i testimoni riportano insulti e la volontà delle milizie Tigrine di sterminare gli Amhara.

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