Esteri

Festa della donna e 8 marzo, nelle zone di guerra non c'è niente da celebrare

di Marilena Dolce

I rapporti delle agenzie internazionali parlano chiaro: oltre agli altri crimini contro le donne è stata usato lo “stupro come arma di guerra”

Otto marzo festa delle donne, ma certo non nelle zone di guerra. Non lo è in Ucraina, ma neppure in Etiopia, nelle aree dove le donne in questi ultimi 15 mesi non hanno avuto niente da festeggiare. I rapporti delle agenzie internazionali cominciando da quello dello scorso agosto di Amnesty International parlano chiaro. Oltre agli altri crimini, contro le donne è stata usato lo “stupro come arma di guerra”. Stupri avvenuti prima nel Tigray, regione dove ha avuto origine il conflitto, poi nelle confinanti Amhara e Afar, dove la violenza è toccata a donne e ragazze appartenenti a etnie considerate inferiori dai combattenti Tigrini in guerra contro il governo federale. 

Lo stupro è una violenza nella violenza. Una violenza che chi subisce fatica a raccontare, colpita due volte, dalla ferocia dell’assalto e dallo stigma sociale. Lo scorso marzo, durante una riunione riservata, alcuni rappresentanti delle agenzie delle Nazioni Unite presenti ad Addis Abeba, già discutevano del problema perché erano arrivate le prime denunce di aggressioni sessuali nelle zone del conflitto. Il problema centrale, fin da subito, è stata la mancanza di dati certi. Bisognava verificare le testimonianze e per farlo è stato necessario il lavoro investigativo delle agenzie per i diritti umani, quella etiopica e quella delle Nazioni Unite.

Il 3 ottobre esce il rapporto della commissione EHRC, Ethiopian Human Rights Commission e OHCHR, Office of the High Commissioner for Human Rights. Centocinquanta pagine fitte di testimonianze sulla guerra e sugli stupri. Parole drammatiche che riportano numerose testimonianze di quanto le donne hanno subito, con quali strascichi, malattie, gravidanze indesiderate e forte disagio psichico. Dopo lo stupro nessuna di loro ha ricevuto l’assistenza necessaria entro le 72 ore, perché la guerra aveva portato via tutto, medici, farmaci, ospedali, ambulatori. Nel rapporto si legge di stupri di gruppo accompagnati da atti di violenza e umiliazione contro donne la cui unica colpa è il luogo dove vivono. Quella in atto infatti è una guerra, con un sottofondo di odio etnico, che si riversa con violenza sulle donne.