Esteri
Guerra Israele, nessuna svolta sui negoziati. A un passo dal genocidio
Gli Stati Uniti minimizzano l’assalto a Rafah ma le scorte di carburante essenziali necessarie per alimentare le pompe di acqua potabile sono finite
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Gli Stati Uniti, nonostante l’inattesa decisione di bloccare l’ultimo invio di 2500 bombe a Tel Aviv, oggi minimizza l’assalto di Israele a Rafah sostenendo che l’operazione – che ha visto i carri armati prendere il controllo del valico di frontiera di Rafah con l’Egitto e isolare di fatto il territorio palestinese dal mondo esterno – sembra essere “limitata”.
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Sono già svariate decine i palestinesi rimasti uccisi nel primo giorno dell’operazione israeliana di Rafah, mentre sono 200.000 i residenti delle parti orientali della città ai quali è stato ordinato di evacuare. A Rafah, considerata dall’establishment israeliano poco più di un agglomerato invece che una cittadina, sono ammassati un milione e mezzo di civili innocenti che sempre l’ establishment definisce “conglomerato di persone”. Oltre 600.000 di loro sono bambini, molti dei quali malati, feriti, mutilati. Senza contare le decine di miglia di feriti, molti destinati a morte certa perché di ospedali a Rafah ce ne sono solo tre. E di quelli sparsi per la Striscia restano solo macerie.
L’ONU, l’UE e molti gruppi umanitari stanno mettendo in guardia da una “catastrofe” se l’operazione militare dovesse intensificarsi: “Le emergenze umanitarie sollecitano Israele a fermare l'assalto di Rafah”, dove Ieri Israele ha sequestrato e chiuso il valico di Rafah al confine con l’Egitto, isolando di fatto la Striscia dal mondo esterno e dalle centinaia di camion di aiuti ammucchiati al confine egiziano.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha dichiarato che “Un'invasione su vasta scala di Rafah da parte delle forze israeliane sarebbe un errore strategico, una calamità politica e un incubo umanitario”. Inoltre, ha aggiunto che è necessario un “imponente aumento di aiuti salvavita” per il territorio assediato e bombardato. Sempre dalle Nazioni Unite arriva il drammatico avvertimento che le scorte di carburante essenziali necessarie per alimentare le pompe di acqua potabile, mantenere le comunicazioni e fornire aiuti umanitari a Gaza sono destinate a esaurirsi nella giornata di oggi. La situazione è particolarmente pericolosa nel nord di Gaza, dove gli impianti di acqua potabile saranno presto chiusi a causa della carenza di carburante.
Tedros Adhanom Ghebreyesus, capo dell’Organizzazione mondiale della sanità delle Nazioni Unite, ha lanciato l’allarme sullo stato dell’assistenza sanitaria a Rafah. Poche ore fa ha affermato su X che gli ospedali nel sud di Gaza hanno solo tre giorni di carburante per alimentare le loro operazioni. “Senza carburante tutte le operazioni umanitarie si fermeranno. Le chiusure delle frontiere impediscono anche la consegna di aiuti umanitari a Gaza”, ha affermato Tedros che poi ha chiesto, facendo eco agli appelli dei leader politici e umanitari mondiali, “l’immediata sospensione delle operazioni militari a Rafah” che invece, secondo l’esercito israeliano, andranno avanti con o senza un accordo di cessate il fuoco e con un piano di guerra lungo un anno.
E pochi secondi fa è arrivata la notizia dal MAP della chiusura dell’ospedale al-Najjar, il più grande di Rafah. Il MAP, acronimo dell’organizzazione Aiuto medico per la Palestina, afferma di aver ricevuto un aggiornamento dal dottor Marwan Homs, capo di al-Najjar, il quale ha affermato che l'ospedale non funziona più perché a tutto il personale è stato ordinato di evacuare. “Questo era il più grande ospedale di Rafah”, ha detto MAP. “Ciò significa che il sistema sanitario di Rafah, già sovraccaricato e con risorse insufficienti, è ora rimasto con solo l’ospedale del Kuwait, che è un ospedale di una ONG con una capacità di circa 16 posti letto; l’ospedale da campo di Marwani, che è solo un punto di stabilizzazione dei traumi; e l’ospedale Al-Emairati, che è solo un ospedale per la maternità”, ha aggiunto.
Poche ore fa il ministero degli Esteri del Qatar ha annunciato che il Paese condanna duramente l’invasione di terra e il bombardamento di Rafah da parte di Israele e chiede "un'azione internazionale urgente" per prevenire "il compimento di un genocidio".
Human Rights Watch ha a sua volta diffuso sui suoi canali di comunicazioni l’appello a fermare l’assalto a Rafah: “Ogni giorno in cui le autorità israeliane bloccano gli aiuti salvavita, sempre più palestinesi rischiano di morire”. E il conto dei morti ormai sfiora le 35.000 persone, mentre quello dei feriti sfiora gli 80.000. Numeri per difetto che non tengono conto delle migliaia di persone disperse e rimaste sotto le macerie.
Il mondo che ha armato Israele fino ai denti deve fermarlo adesso, bloccando tutti gli aiuti, le forniture belliche, finanziare, minacciandolo di sanzioni, interruzioni di relazioni diplomatiche. Se quel mondo, in testa al quale ci sono Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, non ricorre a tutto l’armamentario necessario a costringere Israele, che si è già macchiato e continua a macchiarsi di crimini di guerra e crimini contro l’umanità, a fermarsi prima commettere il più atroce e mai visto genocidio della storia, allora nessuno di noi avrà più il diritto, o forse il coraggio, di considerarsi umano.