Esteri
Guerra Russia-Ucraina: perché Putin punta sul gruppo neonazista Wagner
Affaritaliani.it pubblica in anteprima un estratto del libro "Io, comandante di Wagner" di Marat Gabidullin
Perché i russi, da nemici di Hitler, sono diventati filonazisti
Da europei, ci si può naturalmente domandare come un popolo, i cui genitori e nonni hanno sconfitto i nazisti durante la seconda guerra mondiale, possa subire una simile fascinazione. Il fatto che degli ufficiali russi ammirino i nazisti può sembrare paradossale. Parte della risposta risiede nell’ascesa del paganesimo panslavo in Russia. Nelle file di Wagner, secondo Marat, il 30-40% dei membri sono seguaci della Rodnoveria (“la fede nativa”), un movimento di neopagani slavi emerso negli anni ‘80 e che, in tema di questioni etniche, trae ispirazione dalla narrazione razzista tedesca. I Rodnoveri, come vengono denominati, auspicano il ritorno all’antica fede precristiana basata sull’adorazione delle forze della natura e sbandierano una volontà nazionalista di attaccamento a un suolo, la terra russa, dove il popolo russo potrebbe ritrovare i propri valori. Antisemiti e xenofobi, propugnano la purezza etnica e la segregazione razziale. Questo non significa che facciano proselitismo. “Gli altri, i cristiani, i musulmani o le persone come me, non praticanti, siamo rimasti quelli che eravamo”, dice Marat. “Dal punto di vista religioso, nessuno imponeva nulla, nessuno costringeva ad adottare questa credenza”. Resta il fatto che alcuni Rodnoveri, come Dmitrij Utkin, hanno posizioni di estrema destra, apertamente neo-naziste. Mentre era al suo servizio, Marat dice di avergli visto tatuati sul suo corpo un Kolovrat, una svastica slava, e delle rune slave. In una fotografia recente, il comandante di Wagner esibisce altri tatuaggi, tra cui una doppia Sieg Rune (simbolo della vittoria), l’emblema delle SS naziste, tatuata in bell’evidenza sul collo. Tra i ranghi di questi soldati di ventura, l’ideologia è ampiamente condivisa. La biblioteca virtuale sull’iPad di un mercenario morto rinvenuto in Libia, conteneva una copia di Mein Kampf. Sempre in Libia, tra le rovine delle case occupate dagli uomini di Wagner sono stati trovati dei graffiti islamofobi. Il soprannome di Dmitrij Utkin ha a sua volta ispirato un’intera area semantica. Tra loro i mercenari si chiamano “musicisti”. Affermano, sui loro social network, di far parte di un’”orchestra” diretta da un “compositore” che tiene “concerti” in tutto il mondo. Un modo per dire che partecipano ai combattimenti. Nei loro video di propaganda, in alto a destra, campeggia il ritratto del compositore tedesco. Dal 2014, diecimila combattenti in totale, tra cui Marat, avrebbero prestato servizio agli ordini di Utkin, e oggi si stima che siano attivi cinquemila mercenari del gruppo Wagner, pronti ad essere proiettati, in modalità just in time, nei teatri di operazioni militari al di fuori dei confini della Russia.
Il crollo del comunismo e l'ascesa di personaggi "discutibili"
L’altra figura chiave del gruppo Wagner è Evgenij Prigožin; neanche di lui Marat parla apertamente. Si conoscono bene, ma un contratto morale li vincola da quando l’oligarca gli ha reso un servizio prezioso, prima che Marat lasciasse la compagnia nel 2019. Evgenij Prigožin è nato il 1° giugno 1960. Come Vladimir Putin, viene da San Pietroburgo e come lui, ha saputo approfittare del caos post-sovietico per farsi una posizione. Ex delinquente diventato uno degli uomini più potenti della Russia, è il tipico prodotto di questo mondo sotterraneo in cui si incrociano membri dei servizi di sicurezza, spie, agenti segreti, mafiosi ed ex galeotti. La galera, Prigožin la conosce bene. Nel 1981, aveva solo vent’anni quando la giustizia dell’URSS lo condannò a tredici anni di carcere per furto, frode e coinvolgimento di minori nella prostituzione. Questa esperienza lo segnerà per sempre. Quando lascia il penitenziario nove anni dopo, l’URSS è agonizzante. La “terapia d’urto” introdotta negli anni ‘90 per rilanciare l’economia russa crea opportunità per una nuova generazione di imprenditori senza scrupoli, che non esitano a ricorrere ai sicari per eliminare la concorrenza. Prigožin entra rapidamente in affari. Mette le mani ovunque. Casinò, supermercati in stile occidentale... prima di lanciare una catena di hot dog, il primo fast food post-sovietico. Allo stesso tempo, apre diversi locali di lusso frequentati dall’élite politica di San Pietroburgo. Il primo, Staraja Tamožnja, o “The Old Custom House”, accoglie a partire dal 1996 la cerchia vicina ad Anatolij Sobčak, il sindaco della città. Ci viene regolarmente con uno dei suoi consiglieri fidati, un certo Vladimir Putin.
All’epoca, è intorno a un’insalata di granchio della Kamchatka o a dei blinis al caviale che vengono negoziati i grandi contratti e sigillate solide alleanze. Quando arrivano clienti importanti, Prigožin è presente e insiste nel servirli di persona. Un’attenzione molto apprezzata. Il successo non si fa attendere, e sulla stessa scia Prigožin apre altri quattro locali di alto livello. Ispirandosi ai ristoranti sulle chiatte della Senna, inaugura il New Island nel 1998. Un anno dopo, l’imbarcazione diventa il ristorante abituale di Putin, appena nominato Presidente ad interim della Federazione Russa, nel dicembre 1999. Successivamente, nell’estate del 2001, vi festeggia il suo compleanno, invitando ospiti illustri come Jacques Chirac. Nel maggio 2002, cena nello stesso locale con il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush.