Esteri

Siria, la cruda verità su Assad: anche le vittime hanno delle colpe

Gianni Pardo

Bashar al Assad, se pure con notevoli aiuti esterni, ha vinto la guerra civile. Ora, tornata la pace, il governo siriano si oppone con tutti i mezzi – leali e sleali – al ritorno dei 5,5 milioni di espatriatiChe quei poveracci desiderino ritrovare la loro casa, i loro terreni (quando li possedevano) e, insomma, la loro vita normale, è ovvio. Ma è interessante osservare la ragione per la quale il governo scoraggia questi ritorni, e nel modo più risoluto.

Da molto tempo la Siria ha una popolazione mista, dal punto di vista religioso: una maggioranza sunnita, una minoranza sciita, e un gruppo dominante alawita. Gli alawiti sono una setta sciita. Ciò spiega il sostegno che l’Iran sciita ha offerto contro gli insorti, prevalentemente sunniti.

Naturalmente, per la maggior parte, i rifugiati all’estero sono sunniti. E il Paese che ne ha accolti di più – per fratellanza religiosa – è stato la Turchia. Ankara sperava di vederli tornare in Siria da vincitori, ma comunque pensava che il soggiorno di quei tre milioni e passa di siriani sul suolo turco sarebbe stato temporaneo. E lo stesso vale per il Libano. Ora invece, stante il rifiuto di Damasco di riaccoglierli, rischiano di doversene far carico a tempo indeterminato. E questo precedente potrebbe in futuro scoraggiare l’accoglienza di coloro che fuggono via dalle guerre.

Questi fatti comunque illustrano alcune verità che, nell’epoca contemporanea, tendiamo a dimenticare. Il potere può essere spietato ed è del tutto infondata la convinzione che gli uomini contemporanei siano meno crudeli dei loro progenitori. L’uomo non cambia.

Bisogna riconoscere che fra i principali motivi della guerra civile c’è stata l’ostilità dei sunniti nei confronti di un governo sostanzialmente sciita. Cosa che spiega anche l’appoggio dato agli insorti dall’Arabia Saudita e dalla Turchia. Ora, con la fine della guerra, si offre ad Assad la possibilità di riequilibrare in parte la composizione della popolazione in proprio favore. Tenendo lontani cinque milioni di sunniti, ed accettando eventualmente immigrati cristiani o almeno sciiti (cui potrà anche regalare i beni rapinati ai rifugiati) si troverà a dominare una popolazione meno ostile e tendenzialmente più fedele al governo. Ovviamente farà ciò al prezzo di depredare milioni di persone, di farne degli sbandati, di lasciarli in balia di governi estranei che potrebbero anche divenire ostili, insomma al prezzo di un crimine contro l’umanità come quelli che abbiamo conosciuto durante la Seconda Guerra Mondiale, ma di questo poco si cura. Chi vuole può lasciarsi andare a condannare nel modo più severo il governo di Damasco, ma l’indignazione dei terzi non cambierà nulla. Assad non si lascerà intimorire dalla reazione internazionale, la quale fra l’altro potrebbe anche non esserci, e non arrivare neppure alle orecchie dei lettori di giornali. Assad potrebbe tenersi indisturbato il frutto di questa rapina.

Ma è giusto vedere anche le colpe delle vittime. Non bisogna infatti dimenticare che in tutte le legislazioni sono previste pene severissime per chiunque insorga deliberatamente contro lo Stato. Il Libro Secondo del nostro mite Codice Penale, nella parte in cui tratta “Dei delitti in particolare”, non comincia dall’omicidio, dalle lesioni personali e men che meno dal furto: comincia dai “Delitti contro la personalità dello Stato”. In altri termini, il potere repressivo dello Stato ha come primo interesse quello di tutelare il suo committente. Chi mette in pericolo l’integrità o l’indipendenza dello Stato, soggiace alla pena della reclusione non inferiore a dodici anni (art.241). E sarà condannato all’ergastolo se “porta le armi contro lo Stato”(art.242). O a morte (a morte, sissignori) se esercitava un’alta funzione.

In Occidente ci siamo abituati all’idea che sia un diritto andare contro lo Stato, anche con la violenza (si vedano i sabati dei “gilets jaunes”, in Francia), ma in ogni tempo il potere ha reagito ferocemente contro chi lo ha attaccato. Per secoli e millenni, chi ha osato farlo ha saputo che la scommessa prevedeva il potere, in caso di vittoria, o la morte, in caso di sconfitta. Ecco il senso del passaggio del Rubicone. L’atteggiamento attuale, per il quale ci si aspetta che, constatato l’esito, si dica “abbiamo scherzato”, è del tutto estraneo all’esperienza storica.

Se Assad sta approfittando della situazione per attuare una sorta di pulizia etnica, l’unica differenza rispetto al passato (e al futuro, se mai gli arabi vincessero sugli israeliani) è che i cittadini sgraditi egli non li ha uccisi, e non li ha neanche deportati, visto che se ne sono andati volontariamente. Insomma ai rifugiati poteva anche andare peggio. Mi rendo conto che questo punto di vista forse farà accapponare la pelle a molta gente, ma è soltanto il punto di vista della storia, in coerenza con la natura umana.