Esteri
Petrolio, i Paesi Baltici dichiarano guerra a Mosca: la mossa per fermare le navi commerciali vicine al Cremlino
Per intervenire una strada potrebbe essere quella di bloccare le navi che rischiano di arrecare gravi danni all’ecosistema a causa di fuoriuscite di petrolio
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Paesi Baltici vs Mosca, ecco come arginare la flotta fantasma della Russia
Contro la flotta fantasma della Russia vale tutto. È questo il principio che i paesi che affacciano sul Mar Baltico sono pronti a seguire nei prossimi mesi. Dopo i numerosi episodi di danneggiamenti a cavi sottomarini avvenuti da ottobre in poi, Estonia, Lettonia, Lituania e Finlandia stanno studiando nuove strategie per bloccare le navi che, senza battere bandiera russa, fanno il gioco del Cremlino. In sostanza, per passare all’azione non ci si appellerà più solo alle leggi sulla pirateria, ma anche a quelle contro danni ambientali, oltre a nuovi regolamenti ancora da emanare che dovrebbero snellire le procedure di intervento.
A confermarlo in forma anonima a fonti stampa sono sia diplomatici europei e funzionari dei vari governi coinvolti, sia lo stesso ministro degli Esteri dell’Estonia, Margus Tsahkna, che pur non sbilanciandosi ha fatto capire di vagliare ogni strada percorribile. “Non possiamo bloccare tutto il mare, ma possiamo controllarne di più... Ci sono molte opportunità”. Già da inizio gennaio i pattugliamenti delle acque del Baltico sono aumentati, ma i danneggiamenti ai cavi sottomarini, che per l’Occidente sono sabotaggi volontari della flotta fantasma russa, non sono l’unico problema. Mosca, infatti, sfrutta queste navi per aggirare le sanzioni, commerciando in particolare petrolio. Di qui, l’idea dei paesi coinvolti di sfruttare le questioni ambientali. Per intervenire, hanno detto i funzionari, una strada potrebbe essere quella di bloccare le navi che rischiano di arrecare gravi danni all’ecosistema a causa di fuoriuscite di petrolio. Una misura aggiuntiva rispetto alle leggi sulla pirateria cui ci si appella già per intercettare le imbarcazioni sospettate di tranciare i cavi.
In entrambi i casi, si tratta di sfruttare norme già esistenti. Allo studio c’è però anche l’ipotesi di varare nuove leggi per rendere più facile il sequestro di navi al largo, per esempio imponendo alle petroliere che transitano dal Baltico l’obbligo di affidarsi a determinati assicuratori. Le navi della flotta fantasma, infatti, solitamente hanno proprietari e assicuratori sconosciuti. Secondo Vilmantas Vitkauskas, capo del National crisis management center della Lituania, l’agenzia governativa incaricata di gestire le emergenze e rafforzare la resilienza, un’altra possibilità sarebbe quella di circoscrivere le zone in cui consentire il passaggio delle navi
Intanto, domenica è stata una giornata storica per le repubbliche baltiche. Estonia, Lettonia e Lituania si sono sganciate dal sistema elettrico progettato dall’Unione sovietica e ora in mano alla Russia per collegarsi a quello dell’Unione europea, a circa 20 anni dal loro ingresso nel blocco. Una mossa annunciata da tempo cui il Cremlino aveva cercato di opporsi anche tramite una propaganda fatta di volantini che diffondevano fake news. Gli abitanti delle aree interessati, infatti, sono stati vittime di una campagna di disinformazione nella quale si invitava a comprare candele perché non ci sarebbe stata più corrente elettrica. In realtà, già da qualche anno i paesi baltici non compravano l’elettricità da Mosca e quindi non c’è stata nessuna interruzione di servizio né aumento dei costi improvviso. Il commissario europeo per l’Energia, il danese Dan Jorgensen, ha commentato con soddisfazione la conclusione dell’accordo. “L’Ue ha investito molto in questo progetto, oltre 1,2 miliardi di euro. Questi sono il tipo di progetti che rendono più forte la nostra Unione energetica”.
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