Esteri

Russiagate, il genero di Trump ammette incontri con i russi

Jared Kushner, genero e consigliere del presidente Donald Trump, ha ammesso quattro incontri con esponenti russi durante la campagna elettorale, ma allo stesso tempo, in una dichiarazione scritta, si difende: "Non ho cospirato, né conosco alcuno che nella campagna elettorale lo abbia fatto, con governi stranieri. Non ho avuto contatti impropri. Non ho fatto affidamento su fondi russi per finanziare le mie attività imprenditoriali nel settore privato".

Kushner ha confermato due incontri con l'allora ambasciatore russo negli Stati Uniti, Sergey Kislyak, appena richiamato a Mosca, di cui una prima che Trump diventasse ufficialmente il candidato repubblicano alla Casa Bianca. Poi ha avuto un incontro con il capo di una banca russa di proprietà statale. Infine, c'è stato l'ormai famoso "tavolo a otto" alla Trump Tower, nel giugno 2016, con un'avvocata russa (da cui Donald Trump jr., Il figlio del presidente, si aspettava notizie compromettenti su Hillary Clinton). E' quanto emerge da un comunicato di 11 pagine diffuso dallo stesso Kushner questa mattina, prima della sua audizione a porte chiuse davanti alla Commissione intelligence del Senato statunitense. Pagine in cui Kushner ha fornito il primo resoconto pubblico dei quattro incontri avuti con esponenti russi durante la campagna elettorale presidenziale dello scorso anno e durante il periodo di transizione tra l'amministrazione Obama e quella attuale.

Nell'aprile 2016, Kushner ha incontrato l'ambasciatore Kislyak e tre altri diplomatici a un evento al Mayflower Hotel di Washington. Un portavoce del genero di Trump aveva in passato negato che i due si fossero incontrati privatamente a quell'evento e un portavoce della Casa Bianca ha detto questa mattina che il comunicato di Kushner non contraddice quella affermazione, visto che non si sarebbero parlati faccia a faccia. "Gli ambasciatori erano interessati a creare rapporti positivi, in caso di una nostra vittoria alle elezioni" ha scritto Kushner. "Ogni scambio è durato meno di un minuto; alcuni di loro mi hanno dato i biglietti da visita e mi hanno invitato a pranzo alle loro ambasciate, ma non c'è mai stato un seguito a quegli inviti".

Kushner afferma di non ricordare telefonate con Kislyak tra l'aprile e il novembre di quell'anno, riportate da Reuters, e di non averne trovata traccia nei tracciati telefonici. Quindi, si definisce "dubbioso sul fatto che abbiano avuto luogo". In un incontro con Kislyak dopo le elezioni, il 1 dicembre, il consigliere di Trump dice poi di aver espresso il desiderio che gli Usa avessero un nuovo inizio con la Russia. "Il fatto che io chiedessi di come iniziare un dialogo dopo il giorno delle elezioni dovrebbe essere chiaramente visto come una forte prova che non ero consapevole che ne esistesse uno già prima del voto", ha scritto Kushner. Questi non aveva inizialmente dato notizia di incontri con i russi, sui moduli compilati per avere l'autorizzazione di sicurezza governativa. In seguito ha poi rivisto quei moduli più volte, e afferma di aver mandato le informazioni in modo prematuro per errore e di avervi omesso tutti i contatti con l'estero, non solo quelli con i russi.

Kushner affronta due giorni di audizioni a porte chiuse al Congresso questa settimana, in relazione al cosiddetto Russiagate. Oggi lunedì 24 luglio è atteso alla commissione Intelligence del Senato, domani alla commissione Intelligence della Camera. Un altro panel, la commissione Giustizia del Senato, sta invece negoziando con il capo della campagna elettorale repubblicana Paul Manafort e con il figlio maggiore di Trump, Donald Trump Jr, sulla loro testimonianza.