Esteri
"Seppellite l'ascia di guerra". Onu, approvate tre risoluzioni per la pace in Medio Oriente
Approvate 3 risoluzioni per la pace in Medio Oriente. Dalla voce dell’Assemblea Generale emergono speranze di pace e aspre divergenze geopolitiche.
Guerra in Medio Oriente, approvate tre risoluzioni per la pace
Nel corso di una lunga e accesa seduta, ieri l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato tre risoluzioni che, se da un lato riaffermano la centralità del diritto internazionale nel conflitto israelo-palestinese, dall’altro rivelano un contesto geopolitico profondamente frammentato e polarizzato.
Al cuore del dibattito si trovano questioni antiche, come l’occupazione dei territori e il diritto all’autodeterminazione, accanto a tensioni più attuali, come la crisi umanitaria a Gaza e la percezione di parzialità nei consessi internazionali. I relatori hanno sollecitato a larga maggioranza un cessate il fuoco a Gaza e hanno fatto pressione su Israele affinché consenta la consegna di cibo e aiuti nell'enclave prima dell’arrivo dei freddi mesi invernali.
Seppellire l’ascia di guerra
"La pace e la sicurezza non saranno mai raggiunte con la forza o l'occupazione", ha sottolineato il presidente dell'Assemblea Philemon Yang (Camerun), ribadendo che la continua negazione dello stato palestinese "ha solo perpetuato cicli di violenza e aggravato la disperazione". Le ostilità in corso da oltre 425 giorni hanno provocato migliaia di vittime e ridotto in polvere e macerie la Striscia di Gaza. Ora è il momento per tutti di "seppellire l'ascia di guerra una volta per tutte", ha sottolineato Philemon Yang, chiedendo “un cessate il fuoco immediato a Gaza e il rilascio incondizionato di tutti gli ostaggi”.
Le tre risoluzioni adottate
La prima, con 157 voti favorevoli e 7 contrari, ha riaffermato la necessità di una soluzione a due Stati, invitando Israele a fermare l’espansione degli insediamenti nei territori occupati e a ritornare ai confini pre-1967. Un invito che, nel linguaggio dell’ONU, rappresenta un richiamo al rispetto delle risoluzioni già esistenti, ma che si scontra con la realtà delle nuove colonie e la situazione attuale a Gaza.
La seconda risoluzione ha riguardato il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. Più che una semplice riaffermazione di principi, ha puntato i riflettori sulle responsabilità del Segretario Generale dell’ONU nel garantire il monitoraggio dei diritti umani e il supporto ai civili palestinesi. Un punto non secondario, dato il deterioramento della situazione umanitaria nei Territori occupati.
Infine, la terza risoluzione ha toccato la questione del Golan siriano, ribadendo l’illegalità dell’occupazione israeliana. Questo punto è diventato un termometro della tensione regionale, con Siria e alleati che vedono nell’azione dell’ONU un riconoscimento della loro sovranità, mentre Israele lo percepisce come l’ennesima manifestazione di un sistema sbilanciato.
Il dramma dei palestinesi
La questione della Palestina è all'ordine del giorno delle Nazioni Unite sin dalla sua fondazione e rimane il test più critico per l'esistenza stessa di un ordine basato sul diritto internazionale. "Ogni singolo giorno, dall'alba al tramonto, dal tramonto all'alba, è stato un viaggio di lotta e sopravvivenza, di dolore e agonia, di perdita e morte", ha affermato l'Osservatore permanente per lo Stato di Palestina.
"È la questione di un popolo a cui vengono negati gli stessi diritti che sono al centro della Carta delle Nazioni Unite", ha continuato. La solidarietà con il popolo palestinese deve tradursi in questa azione decisiva per sostenere il diritto internazionale. Il piano del governo israeliano è ovvio: distruggere e spostare la popolazione per annettere la terra. "Questa occupazione illegale deve finire", ha affermato, chiedendo che le "ideologie suprematiste" vengano sconfitte.
Le ragioni di Israele
Sul fronte opposto, l’ambasciatore israeliano ha replicato liquidando le risoluzioni come il frutto di un "incosciente disprezzo per la verità". Inoltre, ha denunciato quella che definisce una parzialità cronica dell’ONU, sottolineando l’assenza di condanna per gli attacchi di Hamas, per poi ribadire il diritto di Israele a difendersi. "In seguito al massacro di Hamas del 7 ottobre, il radicato pregiudizio anti-israeliano delle Nazioni Unite è stato messo a nudo sotto gli occhi di tutti".
Ha poi aggiunto che se i membri delle Nazioni Unite fossero "davvero interessati a portare soluzioni alla regione dilaniata dalla guerra, abbandonerebbero i loro sforzi ossessivi per delegittimare Israele". Secondo il rappresentante israeliano i loro sforzi dovrebbero concentrarsi “su come riportare a casa gli ostaggi, come smantellare Hamas e come eliminare l'odio per Israele dal sistema scolastico palestinese”. L’intervento si è concluso con una domanda: "Non è forse giunto il momento di ritenere Iran, Hamas, Hezbollah e altre organizzazioni terroristiche responsabili del sangue che hanno versato?".
Contrasti emersi e posizioni geopolitiche
I toni del dibattito, come c’era da aspettarsi, sono stati accesi. Gli Stati Uniti, come di prassi, si sono allineati alla posizione israeliana, sostenendo che le risoluzioni rischiano di perpetuare divisioni senza favorire un vero dialogo diretto tra le parti in conflitto. Il delegato del Libano, parlando a nome del Gruppo arabo, ha espresso preoccupazione per il fatto che la popolazione di Gaza stia subendo un genocidio e ha avvertito che l'arrivo dell'inverno aggraverà sicuramente la sofferenza e si aggiungerà all'attuale crisi umanitaria.
Ha accolto con favore l'entrata in vigore dell'interruzione delle ostilità in Libano e ha espresso la speranza che tale pausa nei combattimenti avrebbe portato a un cessate il fuoco a Gaza e impedito l'escalation in Cisgiordania. Qatar e Turchia hanno puntato il dito contro la continua espansione degli insediamenti e l’aggressività militare israeliana, sottolineando come ciò renda vana ogni prospettiva di dialogo e che le violazioni del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario "non possono più essere tollerate".
Diplomazia internazionale e realtà sul campo
Queste votazioni non hanno solo un valore simbolico: rappresentano uno scontro tra diverse visioni del diritto e della giustizia. Da un lato, il mondo arabo e parte dell’Europa chiedono il rispetto rigoroso delle risoluzioni dell’ONU. Dall’altro, gli alleati di Israele insistono sulla complessità della situazione e sulla necessità di trattative dirette, spesso ostaggio delle dinamiche di potere regionali e internazionali.
La strada verso la pacificazione appare lunga e impervia, attraversata da un groviglio di interessi e tensioni che solo un impegno congiunto, libero da pregiudizi e aperto al dialogo, potrà forse risolvere. Mantenendo il focus sull’importanza del rispetto del diritto internazionale, l’ONU ha offerto una bussola morale, ma la risoluzione del conflitto rimane nelle mani delle parti coinvolte. La pace non si impone, si costruisce.