Esteri

Trump impeachment: al Senato sarà no. Autogol Dem in vista delle elezioni 2020

Lorenzo Lamperti

La Camera sottopone Trump all'impeachment. Ma per i Dem rischia di essere un boomerang per le elezioni 2020. Le conseguenze sul futuro della politica Usa

19 dicembre 1998. La Camera degli Stati Uniti vota l'impeachment di Bill Clinton dopo lo scandalo Sexgate. Esattamente 21 anni dopo la scena si ripete: la più grande democrazia del mondo mette in stato di accusa il proprio presidente. Oggi, come allora, finirà con ogni probabilità allo stesso modo. La Camera dice sì all'impeachment ma il Senato dirà no. E tutta la vicenda si può trasformare in un clamoroso autogol per i Democratici, stendendo il tappeto sotto ai piedi di Donald Trump in vista delle elezioni presidenziali del 3 novembre 2020. 

I democratici alla Camera hanno raggiunto la quota di voti sufficiente per approvare la messa in stato d'accusa, nonostante qualcuno temeva che i rappresentanti eletti negli stati trumpiani potessero tirarsi indietro. Forti della maggioranza in aula, otterranno ufficialmente la messa in stato d'accusa. Ma quella dei Dem sarà, salvo imprevisti e imprevedibili colpi di scena, una vittoria di Pirro. Se alla Camera basta la maggioranza semplice, per approvare l'impeachment (quindi 218 voti su 435), al Senato la musica cambia.

Il "processo finale", che andrà in scena a gennaio, prevede che per la rimozione di Trump dalla Casa Bianca servano due terzi dei voti (vale a dire 67 su 100). Ma la maggioranza, contrariamente alla Camera, è in quel caso in mano ai repubblicani, che hanno 53 seggi contro i 47 dell'opposizione. Tra i Dem, qualcuno sperava che una parte di quei senatori repubblicani potesse decidere di mollare il proprio leader. Cosa che, invece, non è avvenuta. Anzi, sembra proprio che il caso abbia semmai compattato il partito intorno a Trump.

Non solo, dunque, i Dem non riusciranno a ottenere la rimozione di Trump, ma rischiano anzi di fornirgli un grande assist in vista delle elezioni. Come accaduto a suo tempo con Clinton, infatti, i sondaggi sembrano dare ragione al presidente sotto accusa. Secondo le ultime rilevazioni, la popolarità di Trump continua a salire nelle ultime settimane: Gallup la attesa al 45 per cento (più 6 per cento rispetto a un anno fa) e Cnbc addirittura al 49 per cento (più 7 punti). Non solo. Gli americani che disapprovano l'operato del presidente è sceso dal 50 al 40 per cento. Dati chiarissimi, che potrebbero addirittura crescere una volta che il Senato "salverà" Trump e il presidente potrà presentarsi come "scomodo" e "sopravvissuto" all'assalto di quello che lui continua a chiamare "deep state".

Ma a subire le conseguenze di questa vicenda potrebbe essere lo stesso istituto giudiziario dell'impeachment, che era stato originariamente concepito come ultima risorsa. Il rischio è, invece, che il fallimento del procedimento, la messa in stato d'accusa venga vista in futuro prevalentemente come strumento politico in mano ai partiti. Con la conseguenza di aumentare la polarizzazione e dunque depotenziare uno strumento che dovrebbe essere maneggiato con cura.