Esteri

Ucraina e le trattative per la pace, Trump s'allea con Putin e snobba la Cina: ecco perchè il Dragone (ora) conta meno dell'Ue 

Il ministro degli Esteri Wang Yi ha detto che Pechino svolgerà “un ruolo costruttivo nella risoluzione politica della crisi”, ma l’impegno sembra più a parole che pratico

di Francesco Crippa

Le mosse di Trump e Putin, del resto, non coinvolgono Xi Jinping proprio come non tengono conto dell’Unione europea. Analisi 

Con la sua politica unidirezionale, Donald Trump rischia di cancellare il peso di attore globale non solo dell’Unione europea ma anche della Cina. Certo, Pechino è meno coinvolta nel conflitto in Ucraina e quindi è meno, ma fin dall’inizio dell’aggressione russa ha cercato di esercitare un doppio ruolo, a dire il vero un po’ ambiguo. Da un lato, ha sostenuto la Russia. Dall’altro, ha cercato di porsi, a livello internazionale, come partner ragionevole interessato al raggiungimento di una pace. Eppure, né Trump né Vladimir Putin sembrano interessati a coinvolgere Xi Jinping nelle trattative per il cessato il fuoco più di quanto non siano interessati ad ascoltare Volodymyr Zelensky o Ursula von der Leyen.

“La Cina continuerà a svolgere un ruolo costruttivo nella risoluzione politica della crisi”, aveva detto il 20 febbraio il ministro degli Esteri Wang Yi a margine di un summit in Sudafrica con gli omologhi del G20. Eppure, la realtà dice altro. Due giorni prima, Wang (o qualcuno del suo staff) non è stato invitato all’incontro organizzato in Arabia Saudita tra il segretario di Stato statunitense Marco Rubio e ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, nessuno dei quali sembra, al momento, interessato a prendere in considerazione la Cina nella risoluzione del conflitto.

In questi tre anni di guerra, Pechino ha cercato di giocare una doppia partita. Mentre sosteneva Mosca firmando una dichiarazione di “amicizia senza limiti”, acquistando petrolio e gas e vendendo tecnologie e know-how militare, dall’altra parte ha cercato di posizionarsi, da un punto di vista diplomatico, su una linea ben diversa da quella della Russia. Appena dopo l’inizio delle ostilità, per esempio, il presidente Xi Jinping ha annunciato una “iniziativa di sicurezza globale” che ha avuto scarso appeal nella comunità internazionale. Nel 2023, la Cina ha presentato un piano in 12 punti per la pace in Ucraina. Non si trattava di un vero e proprio piano, ma più che altro di un insieme di obiettivi da raggiungere. Anche in questo caso, la sua efficacia è stata limitata: sottoposti alla Russia, i 12 punti non sono stati interamente recepiti. Il primo, infatti, esplicitava il rispetto «della sovranità e integrità territoriale» di ogni Stato. Nella dichiarazione congiunta di Putin e Xi dopo un loro incontro nel febbraio 2023, però, questo punto non veniva menzionato. Al tempo stesso, tuttavia, Pechino non ha mai riconosciuto esplicitamente le rivendicazioni territoriali di Mosca.

L’impegno cinese verso la costruzione di una pace o, quantomeno, di un cessate il fuoco, finora è stato più a parole che a livello pratico. A invocare una maggiore concretezza da parte di Pechino, però, è la stessa Ucraina. Dopo un incontro bilaterale tra i rispettivi ministri degli Esteri a margine della Conferenza sulla sicurezza di Monaco, il capo dello staff di Zelensky ha detto che “come attore globale, la Cina ha un ruolo cruciale da svolgere nel raggiungimento della pace”. 

Eppure, Xi per ora continua a rimanere alla finestra. Da un lato non vuole e non può distanziarsi troppo da Putin, dall’altro non vuole pregiudicare i già difficili rapporti con Trump. Secondo Zhou Bo, ex colonnello cinese intervistato dall’Economist, per uscire dall’impasse e dimostrare un impegno concreto la Cina potrebbe prendere in considerazione l’idea di guidare un eventuale contingente internazionale di pace dispiegato in Ucraina dopo il cessate il fuoco. Difficile, però, immaginare che sia la stessa Cina a proporre questa idea.

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