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Esteri
Ucraina, l'insegnamento di Dostoevskij e la fine dell’egemonia Usa

Comprensione del prossimo, capacità di analizzare la realtà con la propria testa, andando sempre alle fonti, prudenza e, soprattutto consapevolezza sincera che, ogni volta che si cade ci sia la possibilità di imparare qualcosa di utile, che ci rende migliori sono i messaggi di speranza che rendono una pietra miliare della letteratura contemporanea "Delitto e castigo".

Le riflessioni di questo grande pensatore russo lo rendono universale, come lui stesso intendeva divenire. E, infatti, uno dei paragoni lo possiamo fare con il pensiero dell'immenso Rutilio Sermonti (1921 - 2015), in particolar modo, laddove scrive che "...la Nazione non è intesa come il risultato di un agglomerato di forze individuali o di gruppi alla maniera liberale. Essa non è il popolo che vive in un determinato momento su un certo territorio. Essa è l'anima eterna di quel popolo, la sua realtà unitaria e profonda, metafisica prima che biologica; è le sue capacità anche sconosciute, le sue esigenze anche inavvertite; la sua tradizione e il suo avvenire; la sua missione nel mondo".

L'insegnamento di Dostoevskij e di Sermonti, così apparentemente diversi ma attuali, lo possiamo trasferire alla guerra in Ucraina, chiedendoci se ci sia una posta in gioco culturale, spirituale, ideale, al di là e al di sopra di ogni quotidiana osservazione dei fatti, degli intrighi, dei giochi di potere. Anche se non lo vogliono dire, sta finendo l'ordine internazionale unipolare, liberal-democratico guidato dagli Stati Uniti a partire dal crollo dell'Unione Sovietica. La logica strategica dell’ordine internazionale unipolare a guida USA è la graduale creazione, prima de facto, poi de jure, di un governo mondiale. Esso controllerà un insieme di Stati, che gradualmente adotteranno sia la logica capitalistica, sia il regime sociale liberal-democratico dei quali gli Stati Uniti rappresentano il metro campione. Gli Stati Uniti d’America sono il “benign hegemon” mondiale.

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