Esteri
Usa, Donald Trump: "Non mi pento. Fuori i musulmani dagli Stati Uniti"

Donald Trump torna a sparare a zero sull'Islam e mette nel mirino anche la rivista americana Time che gli ha preferito Angela Merkel come persona dell'anno. All'indomani delle sue dichiarazioni sui musulmani il miliardario dei grattacieli non si pente e rilancia la proposta di vietarne l'ingresso negli Usa. In una intervista alla Abc che andra' in onda stasera, Trump, candidato alle primarie repubblicane per le presidenziali del prossimo anno, alla domanda se fosse pentito delle sue dichiarazioni ha risposto: "Affatto, dobbiamo fare la cosa giusta". "Sapete che quando mi sono espresso contro l'immigrazione clandestina, tutti dissero la stessa cosa", ma "due settimane dopo erano tutti dalla mia parte, compresi i membri del mio partito", ha aggiunto. "E' un divieto a breve termine", ha ribadito.
"Ho importanti relazioni" all'interno della comunita' musulmana e anche loro sono d'accordo con me, al 100%", ha assicurato. Non si è trattata dell'unica provocazione di Trump. Nelle ultime ore ha anche sostenuto che gli Usa dovrebbero considerare l'idea di 'chiudere' internet e i social media, per arginare la diffusione degli estremisti online e le contaminazioni jihadiste e si scaglia anche contro la rivista Time, il periodico a stelle e strisce reo di aver scelto Angela Merkel e non lui, che era a sua detta "il grande favorito" come "persona dell'anno". "Vi avevo detto che Time non avrebbe mai scelto me come persona dell'anno nonostante io fossi il grande favorito - ha scritto su Twitter - invece hanno scelto la persona che sta rovinando la Germania". In realtà, il miliardario in testa ai sondaggi per la nomination repubblicana è arrivato terzo nella tradizionale classifica che viene stilata dalla rivista americana dei personaggi che, nel bene o nel male, sono stati i protagonisti dell'anno che si chiude.
E' stato infatti è stato superato dal Abu Bakr Al Baghdadi, il 'califfo' dello Stato Islamico. Intanto, la stampa si scaglia contro Trump: il partito repubblicano statunitense deve ripudiare la sua candidatura. Questa è l'opinione del Washington Post, espressa oggi dall'Editorial Board e rafforzata, sempre sul quotidiano di proprietà di Jeff Bezos, da Dana Milbank, che nel suo editoriale ha paragonato il candidato a Benito Mussolini. Milbank scrive che, nel partito repubblicano, c'è chi ha paragonato Donald Trump a Wendell Willkie, il businessman che ottenne la nomination repubblicana nel 1940, per poi perdere contro Franklin Delano Roosevelt. "Wilkie e Trump hanno molto in comune", secondo Ward Baker, alto esponente del partito.
Sistemando Trump all'interno della tradizione del partito, Baker - in una nota interna al partito ottenuta dal quotidiano - suggerisce ai candidati repubblicani di assumere alcuni tratti di Trump e di limitare le critiche nei suoi confronti. "No. È difficile immaginare un'analogia meno adatta di quella tra Trump e Willkie. Se il front-runner per la nomination repubblicana - ha scritto Milbank - deve essere paragonato a una figura politica del 1940, allora è più vicino al Duce". A Willkie, ricorda Milbank, fu negata la nomination nel 1944 perché "troppo liberale"; i gesti e i toni di Trump, invece, "evocano lo stile del dittatore italiano". Trump "usa molti degli strumenti dell'armamentario fascista: il disprezzo per la realtà dei fatti, la diffusione di un senso di paura e di crisi prevaricante, la descrizione dei suoi sostenitori come vittime, l'incolpare gli stranieri di una crisi che solo la sua personale capacità potrà aiutare a superare". Più di Trump, preoccupa "la riluttanza tra i leader repubblicani a condannarlo apertamente", ha aggiunto Milbank.
Dopo un attacco da parte del repubblicano che lo ha accusato di utilizzare i bilanci in perdita della testata per ottenere vantaggi fiscali per Amazon, Jeff Bezos, fondatore di Amazon, patron della Blue Origin e proprietario del Washington post, prende il suo smartphone e gli risponde direttamente con un tweet. Mr Amazon propone di lanciare Trump a bordo di uno dei suoi razzi e lanciando l'hashtag: #sendDonaldtospace (mandiamo Donald nello spazio).