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Food
Ambasciatori del gusto: "Il governo non si presti a sponsorizzare solo alcuni"

Alberto Lupini, uno dei massimi esperti italiani, è molto chiaro "Il governo coinvolga tutti, no favoritismi"

Il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ha ospitato e annunciato con grande enfasi la presentazione dell'associazione "Ambasciatori del Gusto" che promuove l'eccellenza della cucina e dei cuochi italiani nel mondo. 

Il ministro Martina ha però scordato, nell'entusiasmo "Post Expo" che il governo ha il dovere e la responsabilità di coinvolgere i numerosi ed autorevoli soggetti che della promozione della cucina italiana nel mondo hanno fatto una delle priorità della propria attività e non può o non dovrebbe affidarsi ad uno soltanto.

Dagli chef che nel mondo gestiscono importanti realtà della ristorazione, alle associazioni nazionali e internazionali, ai soggetti italiani che da decine di anni contribuiscono alla diffusione nel mondo dei valori della cucina tricolore.

Invece il Ministro Martina ha accettato di aprire le sale del ministero ad un solo soggetto, autorevole come altri, ma in questo caso singolo e privato.

Affaritaliani ha chiesto un parere di questo singolare atteggiamento ad Alberto Lupini, direttore di Italia a Tavola e grande esperto di Food & Wine.

fd5b19f5Enrico Derflingher Alberto Lupini
 

Direttore, sta facendo parlare la nascita di un’ennesima associazione di Cuochi, Ambasciatori del Gusto. C’è chi sottolinea l’inopportunità che il ministero delle Politiche ne faccia quasi da sponsor. Cosa ne pensi? 

Premettendo che auguro alla neonata associazione italiana Ambasciatori del gusto promossa da Paolo Marchi, di riuscire finalmente a fare finalmente qualcosa di buono per la Cucina italiana. Ugualmente penso che nessuno potrebbe mettere in dubbio la professionalità e la qualità dei Cuochi soci di questa nuova associazione. Detto ciò, in tanti ci chiediamo perché il Ministero abbia messo il cappello su un club privato, quando l’Italia è piena di associazioni che si prefiggono lo stesso scopo.

Non è che questo avviene perché magari sono troppe le associazioni e le sigle in Italia che vogliono rappresentare la nostra Cucina? 

Questo è il punto. Proprio perché sono già tante perché farne un’altra che entra di fatto in competizione con chi già c’è? Perché non fare uno sforzo per aggregare tutti in una super associazione che dia voce e forza a tutto il comparto? Servirebbe una sorta di coordinamento delle diverse associazioni, salvaguardando funzioni e dignità. Così invece si punta su qualche decina di superchef e si mette in pista una sorta di lobby senza radicamento sociale e senza rappresentanza. Il che comunque fa parte della dinamica di una società libera. Non è questo in discussione. È la sponsorizzazione nei fatti da parte del Ministero che lascia perplessi.

Ma gli Ambasciatori del Gusto si ripropongono proprio di “fare sistema” … Non è una cosa che sta a cuore a tutti?

Anche se viene sbandierata come una novità assoluta, Ambasciatori del Gusto non è certo la prima associazione che si prefigge l’obiettivo di “fare sistema”. Anzi. Forse al ministero delle Politiche agricole non sono bene informati sulle realtà che da tempo si pongono questo traguardo, in Italia come all’estero, da Fic e Apci in Italia, fino a Itchefs-Gvci e Cim nel mondo. Se vuoi “fare sistema” lo fai con tutti: con quelli che sono ritenuti i grandi cuochi (in Italia o nel mondo) e con quelli che magari, pur essendo ugualmente bravi, sono meno noti o godono di meno notorietà.

Sembra di capire che non valuti proprio positivamente questa nuova associazione….

A parte che non sta a me giudicare la validità o meno di un’associazione, non mi interessa il nuovo club in sé, a cui ribadisco di fare tanti auguri di successo. Mi chiedo il perché della scelta di campo che sembra avere fatto il Governo. Di fatto c’è una grossa novità: lo Stato sembra deciso a valorizzare la ristorazione. E questo è davvero importante per tutti. Ma proprio perché è un passaggio strategico per tutta la filiera agroalimentare (con tutti gli annessi a livello di imprese e sponsor), che senso ha puntare solo su un neonato e piccolo club privato? Il tutto prestando fra l’altro il fianco ad un aspetto che non si può sottacere: promotore dell’iniziativa è il patron di Identità Golose, una grande realtà di questo nostro mondo, che è però privata e persegue legittimi interessi di business. Un’azienda che fra l’altro era stata oggetto di alcune polemiche per i benefici che avrebbe ricevuto in occasione della sua partecipazione ad Expo a costi di occupazione degli spazi molto contenuti… 

Nell’associazione ci sono però anche dei critici gastronomici…

Anche in questo caso si tratta di professionisti qualificati ed esperti. Rappresentano certo una parte importante, ma minoritaria, del mondo della comunicazione del settore. Ma che c’entrano i critici (quasi tutti legati a qualche guida di ristoranti) con un’associazione di cuochi. In prospettiva ci potrebbe essere anche un problema di conflitto d’interessi per molti di loro. Sono fra l’altro soci benemeriti, non ordinari… e questo non è forse indifferente a livello di gestione..

Non è che dici questo perché non sei fra quei benemeriti?

Francamente non mi sento benemerito di nulla e in ogni caso io faccio il giornalista e non il critico e non mi occupo di guide con punteggi. Detto ciò, mancano colleghi più illustri di me, da Paolo Massobrio a Davide Paolini, e per coerenza con quanto affermo e scrivo da tempo aderirei solo ad un’associazione che davvero cerchi di rappresentare tutto il sistema. Ma credo che di quello che posso o non posso fare io interessi davvero poco ai tuoi lettori.

Cosa non ti convince allora?

Quello che mi fa riflettere, ma sono pronto a fare ammenda se sarò smentito, è che si parte con lo scopo dichiarato di selezionare (si accede per cooptazione) e quindi dividere. Non si parla di aggregare sul serio. Francamente se non ci fosse di mezzo il Ministero non mi interesserebbe molto dell’ennesima associazione in cui sono presenti professionisti già iscritti a tante altre associazioni (da Euro-Toques a Le Soste, dai Jre a Chic, che hanno già le loro strategie). Quel che lascia perplessi è il tentativo di fare passare questo club (magari con la complicità inconsapevole di qualche dirigente del Ministero) come l’unica realtà che dovrebbe rappresentare la Cucina italiana. 

Eppure in altri Paesi il mondo legato alla Cucina è più forte proprio perché ci sono realtà che la rappresentano ai più alti livelli

Il tema è proprio questo. In Francia o in Spagna ci sono squadre dell’alta Cucina e rappresentano tutto il sistema. Ma in quei casi le istituzioni sono in campo direttamente e non sembrano appaltare la rappresentanza di un mondo di oltre 100mila imprese settore ad un piccolo club elitario. Là ci sono finanziamenti importanti. Puoi immaginare cosa succederebbe se domani il Governo decidesse di finanziare i progetti di Ambasciatori del Gusto? Come minimo si troverebbe contro i sindacati e le associazioni più importanti del settore, chi di fatto rappresenta sul serio le berrette bianche.

Cosa può comportare l’avere coinvolto una realtà come Identità Golose?

La presenza di Identità Golose non può che essere importante e centrale rispetto alla strategia che immagino. Non può essere però la cabina di regia. Rispettando la libertà di chiunque di associarsi con chi vuole, credo che il Governo dovrebbe tenere conto di quale sia realmente la situazione della Cucina italiana e di chi vi lavora. Deve fare uno sforzo per coinvolgere tutte le realtà rappresentative per fare davvero squadra e aggiungere a Identità Golose, a cui va dato atto di avere fatto molto per fare crescere il comparto. Potrebbe essere un errore assegnare una leaderhip che difficilmente verrà accettata dalle altre associazioni, molto più importanti a livello di numeri. Per non parlare delle presenze nel sociale come insegna l’esperienza recente della Fic per l’emergenza terremoto.

In questo contesto si inserisce l’ormai imminente settimana di promozione della Cucina italiana nel mondo, dove Ambasciatori del Gusto dovrebbe avere un ruolo importante.

Se tutti gli associati al nuovo club di cuochi si impegneranno in quella settimana sarà certamente una grande cosa. E di questo si dovrà dare atto a Marchi. Ricordo peraltro che quasi tutti sono già iscritti ad altre associazioni e quindi non si può dire con certezza in che veste si muoveranno. Il punto semmai è chi mancherà in questa settimana?

Perché, c’è il rischio di qualche assenza?

Al momento non c’è molta chiarezza, ma una cosa sembra emergere: a livello istituzionale non sembrano essere stati attivati rapporti chiari con i nostri cuochi che lavorano all’estero e che sono davvero la prima linea della nostra enogastronomia. Ricordo che all’Itchefs-Gvci fanno capo oltre duemila professionisti che lavorano nei più importanti ristoranti italiani nel mondo. La sola Federazione italiana cuochi ha almeno trecento iscritti in Brasile o 250 in Belgio, per citare qualche Paese interessato all’italian style. Un’operazione di coinvolgimento reale di tutti questi professionisti dovrebbe essere il compito primario dello Stato italiano, finora assente e attento magari a qualche ricevimento per i soli addetti ai lavori nelle ambasciate.
Questa è la strada per dare davvero valore alla nostra enogastronomia, evitando di mettere in piedi uno dei tanti inutili carrozzoni che in Italia fanno ingrassare qualcuno. Non credo che si possa pensare che solo i nuovi “Ambasciatori del gusto”, professionisti di indiscusso valore che però per lo più lavorano in Italia, siano gli unici campioni che ci possano rappresentare. Salvo rare eccezioni, non sono conosciuti all’estero. Come sono cosciuti solo pochi grandi chef francesi o spagnoli fuori dai loro confini… 
Per dare più valore alla Cucina italiana bisognerebbe coinvolgere anche chi la rappresenta davvero nel mondo. Senza togliere meriti a nessuno, anzi, va detto che pochissimi di questi “ambasciatori” potrebbero ad esempio eguagliare per notorietà Lidia Bastianich o Gino Angelini negli Usa, Umberto Bombana a Hong Kong, Mario Gamba in Germania, Donato De Santis in Brasile o Luca Fantin a Tokyo. Solo per citare qualche professionista che è realmente ambasciatore della nostra cultura. 

Sembri un po’ pessimista in sostanza

No, forse sono solo realista. In realtà sono sempre ottimista, per qualcuno anche troppo, e credo che alla fine sortirà qualcosa di buono. Ma serve uno scatto di reni. Si deve superare l’idea di una lobby e lavorare per coinvolgere tutti. Chi già c’è è di valore e spessore. Non sprechiamo l’occasione di fare davvero crescere il sistema e facciamo gioco di squadra coinvolgendo tutti. E per questo, se vogliamo davvero lavorare col Governo, quindi con lo Stato, serve una regia capace di rappresentare sul serio il comparto.

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