Food

Coldiretti, sottile o alta la pizza è un business di 15 mld per l'Italia.

Eduardo Cagnazzi

E' uno dei piatti più versatili della cucina tricolore e colonna portante di un sistema economico che tuttavia richiede trasparenza sull'origine dei prodotti

Con un fatturato stimato in 15 miliardi di euro all’anno, la pizza si conferma un tesoro del Made in Italy simbolo del successo della dieta mediterranea nel mondo. E’ quanto afferma la Coldiretti in occasione della prima Giornata internazionale della pizza dopo che l’Unesco ha proclamato l’arte dei pizzaioli patrimonio immateriale dell’umanità e a 24 ore dall’esplosione di una bomba esplosa davanti all’ingresso della storica pizzeria Sorbillo nel cuore del centro di Napoli.

Rotonda, quadrata, con o senza “cornicione”, a tranci, sottile, spessa, croccante o soffice, con mozzarella e pomodoro o con fiori di zucca e alici, oppure con verdure grigliate, la pizza si conferma -spiega Coldiretti- uno dei piatti più versatili della cucina italiana e colonna portante di un sistema economico costituto da 127mila locali in Italia dove si prepara e si serve con la Campania che è la regione che ha il maggior numero di attività, con il 16% del totale.

Una crescita che sostiene l’occupazione stimata dalla Coldiretti in 100mila addetti a tempo pieno e a di altrettanti 100mila nel weekend. La passione per la pizza -continua l’organismo degli agricoltori- è planetaria, con gli americani che sono i maggiori consumatori con 13 chili a testa mentre gli italiani guidano la classifica in Europa con 7,6 chili all’anno, e staccano spagnoli (4,3), francesi e tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6) e austriaci che, con 3,3 chili di pizza pro capite annui, chiudono la classifica.

L’impatto dei circa 5 milioni di pizze sfornate al giorno si fa sentire anche sulla produzione agroalimentare in termini di ingredienti utilizzati durante l’anno con circa 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro. Un successo per un piatto della tradizione italiana che però moltiplica anche i rischi di utilizzo di ingredienti che non hanno nulla a che fare con il Made in Italy infatti -rileva Coldiretti- quasi due pizze su tre servite in Italia che sono ottenute da un mix di ingredienti, dalla mozzarella lituana all’olio tunisino al grano ucraino, provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori.

Per questo si moltiplicano le iniziative per garantire l’originalità italiana degli ingredienti e una informazione completa e trasparente ai consumatori: dall’obbligo di indicare l’origine dell’olio extravergine di oliva stabilito dall’Unione europea a quello per i prodotti lattiero caseari e derivati che scaturisce da decreti nazionali voluti da Coldiretti ed entrati in vigore nell’aprile 2017, mentre l’etichettatura dei derivati del pomodoro è scattata nel 2018. Ora l’obiettivo -conclude Coldiretti- è portare la trasparenza dai banchi dei supermercati ai menu delle pizzerie dove occorre far conoscere ai clienti l’origine di tutti gli ingredienti impiegati. Una battaglia che Coldiretti continua promuovendo insieme ad altre nove organizzazioni l’Iniziativa europea dei cittadini “EatORIGINal - Unmask your food” con una raccolta di firme per estendere l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti, sulla base dei dati del Sistema di Allerta Rapido (Rasff) relativi ai primi nove mesi dell’anno. Un’iniziativa autorizzata dalla stessa Commissione europea che gode del sostegno di numerose organizzazioni e sindacati di rappresentanza: dalla Fnsea (il maggior sindacato agricolo francese) alla Ocu (la più grande associazione di consumatori spagnola), da Solidarnosc (storico sindacato polacco) alla Upa (l’Unione dei piccoli agricoltori in Spagna), da Slow Food a Gaia (associazione degli agricoltori greci), da Campagna amica a Fondazione Univerde, fino a Green protein (Ong svedese).