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Intesa Sanpaolo: indagine sul risparmio e le scelte finanziarie degli italiani
L’Italia che progetta: le sfide dell’economia, il reddito e le decisioni di investimento. Nel 2019 torna ad irrobustirsi il ceto medio
Intesa Sanpaolo: presentata l’indagine del Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi sul risparmio e le scelte finanziarie degli italiani. Affaritaliani.it ha raccolto le dichiarazioni dei relatori
“Da notare positivamente il ritorno al risparmio (il 52% degli intervistati ha dichiarato di essere riuscito a risparmiare) e una maggiore soddisfazione rispetto al proprio reddito”, ha detto ad Affaritaliani.it il Presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro. “Dallo studio emergono poi alcuni punti di attenzione, come l’insicurezza dei risparmiatori i quali sono sanno quale sarà il futuro e quindi tendono a premunirsi contro ciò che potrebbe accadere e non conoscono mantenendo il loro risparmio in forma molto liquida, sotto forma di depositi in conto corrente. Questo tipo di risparmio è poco redditizio e non è detto che possa fornire quello di cui poi si ha bisogno. Il risparmio serve per essere convertito in beni o servizi; se per esempio il futuro contro cui ci si vuole premunire è quello della necessità di cure è meglio un’assicurazione, cioè è meglio un’organizzazione che sia in grado di fornire direttamente i servizi. Circa il 90% dei risparmiatori investe nella casa. Questo è caratteristico degli italiani i quali considerano la casa non solo un oggetto di investimento, ma anche di affezione”.
VIDEO - Gros Pietro (Intesa): "Ritorno al risparmio e soddisfazione per proprio reddito"
“Questa è un’occasione di riflessione importante”, ha detto Beppe Facchetti, Presidente centro Einaudi. “Se c’è una parola einaudiana è la parola risparmio. Patuelli, il Presidente dell’Abi, in occasione del centenario, ha detto che lo spred è un elemento di impoverimento degli italiani. Ha ragione: è un elemento di impoverimento della società e ha ricadute sul risparmio”.
Gregorio De Felice, Chief Economist and Head of Research Intesa Sanpaolo, ha detto: “Siamo davanti a uno scenario complesso e inusuale per le famiglie italiane, con tassi bassi e rendimenti obbligazionali negativi (è stato calcolato che circa un quarto delle obbligazioni in circolazione vede il creditore pagare il debitore). Le domande chiave da farsi sono due: quanto questa situazione può durare e quali sono le reazioni sta avendo sulle famiglie lo scenario di tassi zero o negativi”.
"Ci troviamo in un momento di incertezza internazionale, dovuto al cambiamento strutturale nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina, e al quale le Banche Centrali hanno reagito. Oggi la Cina è diventata una super potenza tecnologica e questo fatto spaventa gli americani. È difficile fare previsioni su quanto tempo ci vorrà e stabilire quali saranno gli equilibri in futuro. Per tutto il 2020 i tassi degli interessi rimarranno su questi livelli. Quindi uno scenario di grande incertezza con le banche che agiscono in maniera preventiva".
"Rispetto alle reazioni che la situazione attuale sta avendo sulle famiglie italiane, è da notare il ruolo dell’investimento nell’immobile. C’è poi un secondo punto, sempre legato alla realtà dei mercati, ed è quello delle assicurazioni contro i rischi della salute. Il terzo aspetto che notiamo è la crescita del peso del risparmio gestito. È incoraggiante vedere che il livello soddisfazione del risparmio gestito è aumentato. Nel 2019 notiamo un risparmio di tipo intenzionale, mentre negli anni passati emergeva un risparmio precauzionale".
"Un ultimo aspetto legato fenomeni positivi che emergono dall’indagine è il gruppo italiani che chiamiamo “ottimisti”. Sono le persone che negli ultimi anni hanno aperto attività commerciale, investito in formazione, comprato casa. In un quadro di difficoltà dell’economia italiana c’è un gruppo di italiani, un terzo del campione complessivo, che ha fiducia nel futuro".
"Se noi affianchiamo questo dato alla realtà del mondo delle imprese emerge un quadro di un’Italia vitale, dinamica e proattiva e che per certi versi è un po’ meno disuguale di quanto non siano altri sistemi economici. Mi riferisco alla distribuzione della ricchezza degli italiani: il 10% più benestante degli italiani possiede il 42,8% della ricchezza complessiva; negli Stati uniti il 10% più benestante possiede il 79,5% della ricchezza complessiva dell’economia".
"Grazie al dinamismo delle imprese e alla vitalità di una buona fascia di italiani penso non sia una missione impossibile che il costo del debito pubblico diventi più basso di quello attuale".
Intesa Sanpaolo: presentata l’indagine del Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi sul risparmio e le scelte finanziarie degli italiani. La ricerca in sintesi
Nel 2019 torna ad irrobustirsi il ceto medio: il 57,5% percepisce un reddito compreso tra i 1.500 e i 3.000 euro al mese. Il primo obiettivo degli investimenti resta la sicurezza; la liquidità è stabile al secondo
posto; segue il rendimento di lungo termine. Dall'indagine emerge che il 63% dei patrimoni è rappresentato da case. Le aspettative pensionistiche tornano a crescere ed aumenta il numero delle assicurazioni per i rischi della salute e della longevità. Il risparmio gestito raggiunge il 15,3% degli intervistati.
C'è poi un’Italia che progetta, i così detti “ottimisti”. Al primo posto gli investimenti nel mattone: il 57% ha ristrutturato la casa o un altro immobile. Investimenti anche in corsi di formazione, specializzazione e post-laurea.
Reddito: nel 2019 aumentano i giudizi di sufficienza. Si espande nuovamente il ceto medio
Negli ultimi tre anni i bilanci delle famiglie hanno riacquistato parte della prosperità perduta durante
la lunga crisi: il saldo tra coloro che ritengono sufficiente o insufficiente il reddito per sostenere il tenore di vita corrente sale nel 2019 al 69 per cento degli intervistati, massimo storico del decennio. Torna ad irrobustirsi il ceto medio. Le tre fasce centrali di reddito del campione, che includono coloro che percepiscono dai 1.500 ai 3.000 euro al mese, si attestano al 57,5 per cento rispetto al 51,7 per cento di tre anni prima. Approssimativamente, un milione e trecentomila famiglie, secondo i dati del 2019, sono rientrate a far parte del ceto medio o vi sono entrate per la prima volta, riallargandolo.
Il primo obiettivo degli investimenti resta la sicurezza, la liquidità è stabile al secondo posto. Segue il rendimento di lungo termine
Si conferma anche nel 2019 l’avversione al rischio degli intervistati, anche a costo di sacrificare il rendimento. Quando impiegano il risparmio, gli intervistati continuano a mettere al primo posto l’obiettivo della sicurezza (62,2 per cento vs. 59,6 per cento nel 2018); al secondo posto si conferma il bisogno di liquidità (37,9 per cento).
Case e patrimonio: record di proprietari. Il 63 per cento dei patrimoni è rappresentato da case
Gli intervistati dichiarano il possesso di una ricchezza finanziaria media pari 101mila euro (3,9 volte il reddito medio); la ricchezza immobiliare è invece pari a 169 mila euro. Ne deriva una ricchezza complessiva per intervistato di 270 mila euro (al netto delle quote di aziende), che sale rispettivamente a 355 mila e 384 mila euro nel caso dei laureati e dei professionisti e imprenditori. Nei dodici mesi precedenti l’Indagine il 6,7 per cento del campione ha investito in case (8,7 per cento nel 2018 e 5,7 per cento nel 2017) ma solo il 3 per cento circa l’ha fatto per acquistare o cambiare la propria prima casa; gli altri acquisti sono stati realizzati per ragioni collegate all’impiego ereditario o per avere un reddito aggiuntivo nella vecchiaia. Gran parte del campione condivide che la casa possa offrire un’entrata integrativa al momento della pensione; solo il 22 per cento circa conosce il “prestito vitalizio ipotecario”.
I risparmiatori (52 per cento) superano di nuovo i non risparmiatori (48 per cento)
La percentuale dei risparmiatori nel campione torna finalmente a superare quella dei non risparmiatori, dopo aver toccato il minimo storico del 39 per cento nel 2013. La percentuale di reddito risparmiata raggiunge nel 2019 il massimo storico (12,6 per cento, vs. il 12 per cento nel 2018 e 9 per cento nel 2011). La quota di risparmiatori è massima nel Nord-Est (63,8 per cento), seguito dal Centro Italia (54,2 per cento).
Le aspettative pensionistiche risalgono. Si fanno strada le assicurazioni per i rischi della salute e della longevità
Nel 2018 il 62 per cento degli intervistati si attendeva di ritirarsi in pensione tra i 66 e i 70 anni di età; nel 2019 la percentuale scende al 50 per cento. Sale invece la pensione media mensile attesa, che passa da 1.175 euro nel 2018 a 1.323 nel 2019. Inoltre, il saldo percentuale tra coloro che si aspettano di avere un reddito sufficiente e non sufficiente al momento di andare in pensione si porta tra il 2018 e il 2019 dal 31,2 al 42,4 per cento del campione, massimo degli ultimi quindici anni. Solo il 13,7 per cento del campione dichiara di essersi dotato di un fondo pensione. Migliora però la comprensione della varietà dei bisogni legati all’invecchiamento. Nel 2019, infatti, non solo aumenta l’acquisto dei prodotti di bancassurance, sia ramo vita che ramo danni, ma affiorano percentuali non basse di sottoscrittori di polizze e di forme assicurative e di welfare aziendale rivolte a soddisfare i bisogni nel campo della salute (14,4 per cento) e della invalidità nella vecchiaia (long-term care: 15,8 per cento).
L’Italia che progetta: “Ottimista” il 39% degli intervistati, pari al 57% degli “attivi”
L’Indagine ha selezionato un campione di 1.073 individui, 406 dei quali appartenenti al campione principale, aventi le caratteristiche di essere stati attivi (ossia presenti nella fascia d’età tra i 23 e i 65 anni) durante i dieci anni post-crisi e di avere, sempre nell’ultimo decennio, realizzato almeno un investimento immobiliare o in un’attività economica o professionale (nuova o già in essere); di aver investito in un corso di specializzazione, istruzione o formazione; di aver creato o allargato il nucleo famigliare; di avere avuto sul lavoro riconoscimenti e miglioramenti. Il 39 per cento degli intervistati e il 57 per cento degli attivi nella fascia di età identificata hanno sviluppato, nel corso degli ultimi dieci anni, almeno una delle esperienze citate e, pertanto, sono stati definiti “ottimisti”: ad essi è dedicato l’approfondimento 2019.