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Charles Baudelaire, il poeta che trovò la bellezza nel male

di Chiara Giacobelli

A 200 anni dalla nascita, Rizzoli pubblica in edizione BUR Deluxe il suo capolavoro più grande: “I fiori del male”

 

 Esiste una poesia prima di Baudelaire e una dopo di lui. Su questo sono concordi tutti i critici letterari del mondo, perché nessuno come l’autore de I fiori del male seppe ribaltare in tal modo i canoni della bellezza. Figlio del romanticismo, innamorato della narrativa gotica di Edgar Allan Poe e amico dei principali artisti parigini dell’epoca, Charles fu nettamente più bravo a influenzare che ad essere influenzato; poiché, se è vero che tutto quanto lesse e osservò in quegli anni contribuì a formare la sua poetica, è però decisivo il contributo che egli apportò alla letteratura di ogni tempo, tanto che non esiste scrittore né poeta che possa mettere su carta una sola parola senza prima aver letto nulla di suo.

Nel 2021 ricorrono i duecento anni dalla sua nascita a Parigi, da un padre che lo lasciò orfano troppo presto e da una madre che fu sempre oggetto di amore e odio, attrazione e repulsione, ricerca di comprensione e spirito di ribellione. È lei la prima donna arpìa che darà avvio a una visione intensa e contrastante della figura femminile in tutte le liriche del poeta, anche quando ad ispirarlo sarà poi la “tigre adorata” Jeanne Duval. Sono molti i versi che Baudelaire dedica a una concezione completamente nuova dell’amore, dove l’adorazione si fonde con il disprezzo, la tenerezza con la rabbia, il benessere con il tormento.

D’altra parte, sarà proprio il tormento a caratterizzare l’intera vita del genio francese: quello interiore – inasprito dal secondo matrimonio della madre con il tenente Jacques Aupick – poi sfociato in uno stile di vita a dir poco bohémien, tra droghe, alcol, prostitute, gioco, malattie e sperperamento del patrimonio paterno. Si fece conoscere, Charles, prima ancora che per gli scritti, a causa del temperamento anticonformista sempre agli eccessi, in continuo bilico tra ricchezza e debiti, euforia e disperazione (nel corso della sua vita tentò il suicidio per ben tre volte). Tuttavia, quando iniziò a pubblicare sulle riviste parigine le prime recensioni e gli articoli d’opinione, furono in molti ad apprezzarne lo stile, la retorica, l’acutezza di analisi. Sarà però solo nel giugno del 1857, quando sarà pubblicata la primissima versione de Les fleurs du mal, che il mondo intero si inginocchierà davanti al suo inarrivabile talento.

La storia de I fiori del male è alquanto travagliata, giacché quella prima edizione conobbe subito – oltre al favore del pubblico – anche la lama della censura; fu così che quattro anni dopo, nel 1861, ne comparve una seconda versione ridotta. Da quel momento in poi fu tutto un susseguirsi di aggiunte, ulteriori tagli, modifiche, raccolte pubblicate a parte e rimaneggiamenti che portarono non poca pena all’autore, il quale si trovava costretto a scendere a patti di fronte all’opera più importante della sua vita. Nel 1868 uscì infine una versione postuma, ma in questi anni la critica si è fortemente scontrata su quale debba essere considerata l’edizione più fedele alle originarie intenzioni dell’autore.

È a fronte di questo lungo dibattito che Rizzoli pubblica oggi nella pregiata edizione BUR Deluxe I fiori del male con testo francese a fronte e una nuova traduzione di Nicola Muschitiello, arricchita dalle suggestive illustrazioni di Carlos Schwabe. È lo stesso Muschitiello a spiegarci, nell’introduzione all’opera, il criterio da lui scelto per ordinare le poesie, attenendosi il più possibile alla prima edizione, con l’aggiunta in fondo dei lavori apparsi successivamente sempre a firma di Baudelaire.

“Di poeti veri ne nascono sì e no dieci, in un secolo generoso di poesia: questo pensava Baudelaire. E nel secolo in cui è nato, egli grandeggia in mezzo ai poeti più grandi”, scrive Nicola Muschitiello nella sua Nota per un bicentenario. Quando poi gli viene chiesto di descrivere il lavoro del poeta con poche frasi, ecco che cosa ci racconta: “La sua poesia, la più umana di tutte secondo Proust, umanissima nella sua forza simbolica e allegorica (…), contraddice miracolosamente a quella sua natura; si rivela contagiosa, magicamente evocativa, profondamente testimoniale; nelle sue altissime e aristocratiche esigenze, tocca e commuove ogni lettore sensibile e attento, ma affascina irresistibilmente anche il buon illetterato, o l’acerbo adolescente”.

Dunque una poesia per tutti, che travalica lo spazio, il tempo, le categorie sociali, economiche, di genere e di cultura. Una forza prorompente, che scaturisce non già dalla visione idillica e sublime della natura propria del romanticismo, bensì dal cuore più oscuro dell’abisso. “Questi fiori di poesia sono stati originati dalla coscienza del male e, più ancora, dalla ‹‹coscienza nel Male››. (…) In Baudelaire il Male mondano viene penetrato per ricavare dalle sue dure tenebre una luce di bellezza, fosse pure di agata nera, con un’operazione di magia bianca”.

Senza dubbio egli stesso avrebbe apprezzato questa nuova edizione in cui l’aspetto estetico combacia con il contenuto, dando vita a un volume unico da tenere sugli scaffali della propria libreria.    

Baudelaire