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Giuseppe Catozzella, Italiana: un romanzo epico dalla parte degli sconfitti

Di Antonio Buozzi

Intervista a Giuseppe Catozzella, autore di Italiana, romanzo ambientato tra la fine del regno di Francesco II di Borbone e l’avvento del regime sabaudo

In un suo recente contributo lei  stigmatizza l’assenza di un’epica italiana a differenza di altri paesi europei. Italiana  può definirsi un romanzo epico, anche se dalla parte degli sconfitti?

Il mio un libro epico? Penso di sì, perché epica è la storia e i protagonisti combattono per creare un senso nazionale. La nostra epica è stata macinata dalla retorica sul Risorgimento e, in realtà, manca il grande romanzo nazionale perché manca il senso della nazione, un sentimento comune condiviso. Siamo come adolescenti che parlano sempre contro sé stessi.

Lei ha pubblicato nel 2011 Alveare, saggio giornalistico sulle infiltrazioni al Nord Italia della ’ndrangheta. Mi sembra che nel suo romanzo si intravedano le ragioni storiche dello sviluppo delle mafie nel Mezzogiorno…

 E’ storicamente accertato che la ‘ndrangheta nasce da questo tradimento. Una conquista del sud guidata dal motto “libertà, uguaglianza e fratellanza” con la promessa di abolizione dei privilegi feudali, e poi tutto questo non accade... E’ in quel momento che nascono le mafie, che i notabili, prima tenuti d'occhio dai Borboni, acquistano con la caduta della monarchia un potere quasi illimitato sul territorio. Vi è un totale scollamento sociale e il popolo viene completamente dimenticato. Il nostro era un paese con al 90% una popolazione umile e analfabeta. In uno Stato completamente assente i notabili si sostituiscono in questo spazio con strutture paramafiose e medievali, basate sul latifondo, e che ancora oggi non si sono emancipate.

Veniamo al romanzo, com’è nata l’idea di scriverlo e che tipo di libro aveva in mente?

Dopo essermi approfonditamente documentato, giravo la manopola  e cercavo sciamanicamente la voce di Maria (Oliverio, il personaggio principale, ndr), una voce che doveva venire da 160 anni prima... Quando è arrivata, misteriosamente, è come se l’avesse scritto lei, io mi sono semplicemente messo a disposizione, tanto che posso dire di essere stato il primo lettore dell’opera piuttosto che lo scrittore. Ma ero quello che volevo: che fosse lei stessa a raccontarla. E questo è un romanzo che parla di sentimenti, potremmo dire una feroce storia d'amore. Ci sono oggi meravigliosi romanzi di sentimenti che sono pazzeschi e che parlano anche del mondo circostante, come Storia di Shuggie Bain di Douglas Stuart che sto leggendo in questi giorni.

Se dovesse scegliere il famoso libro da portarsi sull’isola deserta?

Io prediligo i libri fatti bene, con tanto lavoro dentro,  che rimarranno perché scritti con grande ambizione. Anche per questo sono particolarmente affezionato alla letteratura italiana del secondo dopoguerra: Primo Levi, Pavese, Fenoglio, Pasolini, Rigoni Stern, prima ancora Montale, un modo di intendere la letteratura al di fuori della retorica, eliminando tutto quello che non serve,  autori che hanno il coraggio di raccontare il loro mondo con equilibrio e sé stessi con una gigantesca onestà.

Nel suo libro c’è un attento equilibrio tra realtà finzione: in che rapporto stanno?

E' il tema dei temi, la grande questione dello storytelling: come raccontare storie nel 2021? Vi è oggi tra gli scrittori una progressiva polarizzazione verso le storie vere, da una parte, e le serie tv e narrazioni sempre più slegate dalla realtà, dall’altra. Le due cose vivono invece sempre insieme. Non esiste racconto della realtà che non sia anche finzione, tutto è allo stesso tempo reale e romanzo, né un romanzo di finzione che non possa avere appigli fortissimi alla realtà. Avere a che fare con la realtà è necessario, ma ricordiamoci, come insegnava Nabokov in Lezioni di letteratura, «realtà» è anche l'unica parola che va sempre messa tra virgolette.

Catozzella Italiana