Libri & Editori

I cinque libri suggeriti per la primavera 2023

di Chiara Giacobelli

Cover colorate e primaverili per cinque titoli appena pubblicati che vi faranno sognare

2)  Sono contenta che mia mamma è morta di Jennette McCurdy (Mondadori)

Il titolo è una provocazione e qualcuno ci potrebbe restare male, o al contrario esserne incuriosito. Quando poi si inizia a leggerne la sinossi e soprattutto si ricollega il volto della ragazza in copertina con quello della celebre attrice americana Jennette McCurdy, si comprende una verità sconvolgente: Sono contenta che mia mamma è morta non è un gioco di parole né un’espressione ironica; è il reale pensiero dell’autrice. Perché? Cosa può accadere di così terribile da portare una figlia a desiderare la scomparsa della madre? Per dare una risposta a queste domande occorre conoscere la storia di Jennette, ragazza prodigio e attualmente attivista in molte battaglie per i diritti delle donne, star di serie televisive di successo come iCarly, Sam & Cat, Between. Di lei amiamo il lato esuberante e sbarazzino, i personaggi pieni di humor che interpreta, la bellezza e quell’aspetto così perfetto, da bambolina. Tuttavia, fino ad oggi – per lo meno in Italia – non potevamo immaginare quale inferno la McCurdy avesse vissuto nel dietro le quinte.

Sono contenta che mia mamma è morta"Sono contenta che mia mamma è morta" di Jennette McCurdy (Mondadori)

In questo grande tomo dal titolo shock Sono contenta che mia mamma è morta, edito di recente da Mondadori nella collana Oscar, emerge tutto il nero, il terribile e l’impensabile che per anni è stato celato, lontano dalle luci della ribalta. Sin da bambina Jennette è stata costretta dalla madre Debbie - ossessionata dal desiderio di veder diventare sua figlia una star - a sottostare a rigide regole, che l’hanno totalmente privata dell’infanzia e dell’adolescenza; abusi tanto fisici quanto psicologici, che ci paiono ancor più gravi poiché perpetrati da una mamma. Il fenomeno merita di essere raccontato e di finire sulle prime pagine dei giornali, perché Jennette non è né la prima né l’ultima vittima di simili sofferenze. Se, infatti, qui in Italia la moda delle baby-star è quasi del tutto assente, in America continua a vedere una pericolosa crescita, con bambine che sin dalla tenera età vengono sottoposte a interventi chirurgici, traumi fisici, privazioni alimentari, farmaci e un controllo maniacale fortemente lesivo.

In questo bestseller, che nel mondo ha già scalato i vertici delle classifiche, è diventato un caso editoriale, è stato trasformato in uno spettacolo teatrale e ha dato vita a una serie di hashtag di tendenza - #memoir, #mental-healt, #iCarly, #contemporary, #made-me-cry – Jennette racconta, con quello che è stato definito un umorismo nero, la dura battaglia per riprendersi la propria vita, su cui non ha mai davvero avuto il controllo. Disturbi alimentari, depressione, dipendenze, alcol e altro ancora sono stati il risvolto della medaglia di una folgorante carriera non cercata, non voluta, bensì imposta da un personaggio borderline come Debbie, figura materna che nessuno vorrebbe avere e che oggi, dopo la scomparsa a causa di un cancro, l’autrice non rimpiange. È un memoir intenso, decisamente non scontato, forse non per tutti, perché – seppur con leggerezza e una strizzata d’occhi – dentro al dolore ci si affonda pienamente quando si prosegue nella lettura. Non si tratta però soltanto di una biografia che resta nei confini del personale, bensì di un vero e proprio libro di denuncia che, sempre con il sorriso sulle labbra, si scaglia contro un intero sistema marcio, basato su valori assai discutibili, che coinvolge registi, produttori, attori, l’intera catena del cinema e della tv, fino ad arrivare alle famiglie stesse.

“Stai benissimo!” “Stai davvero cominciando a sbocciare” “Sei in splendida forma, ma non dovresti dimagrire più di così. Di più sarebbe troppo” “Il tuo corpo è spettacolare”. Sono tutti complimenti che mi sono stati fatti nelle ultime settimane dai produttori, agenti e membri della troupe con cui lavoro. In queste ultime settimane ho ricevuto più commenti positivi – e inquietanti – sul mio corpo di quanti me ne abbiano mai fatti prima. A questo punto ho un’esperienza più che decennale di disturbi alimentari. Ci sono stati gli anni dell’anoressia, quelli delle abbuffate e quelli della bulimia, che poi sono quelli che sto vivendo ora. Più esperienza accumulo, più mi rendo conto che il corpo non è certo uno specchio affidabile di ciò che accade al suo interno.

Uno dei temi più interessanti che la McCurdy tratta nel suo bel romanzo autobiografico è quello delle malattie invisibili, siano esse di origine fisica o mentale. Sono infatti ormai moltissime le donne che non mostrano all’esterno il proprio malessere interiore, dando un’errata percezione di sé: le motivazioni possono essere le più disparate, ma principalmente c’è una vergogna a mostrare la fragilità, il proprio essere imperfetti, la verità dietro la maschera, per il timore di non essere accettate (cosa che con tutta probabilità accadrà davvero con alcune persone e in certi ambienti, specie quelli del cinema o della televisione). L’altra tematica degna di essere menzionata è il rapporto con la genitorialità, che non si esaurisce nel lapidario titolo del libro: Jennette è consapevole, o per lo meno lo diventa con la crescita, della personalità disturbata di sua madre, specie quando i suoi fratelli le spiegano che non è sempre stata così, ma lo è diventata (ossessivo-compulsiva, maniaca del controllo) dopo essersi ammalata, ovvero nel periodo in cui lei aveva appena due anni. Per tutta la sua vita, quindi, la normalità è stata quella di essere immersa in un ambiente malsano stipato di oggetti, sporco, disordinato; di fare i conti con la povertà; di sentirsi preoccupata per il diabete, la diverticolite e le mille altre problematiche di salute della madre. Per anni e anni Jennette non ha odiato affatto la sua famiglia, al contrario provava il forte desiderio (forse persino l’obbligo) di renderla felice, soddisfatta di lei; pur di ottenere l’approvazione materna era disposta a tutto, persino a distruggere sé stessa, ed è così che ha imparato una forma di amore disfunzionale sin da piccola. Rendersene conto e uscire da quello schema mentale non è stato affatto semplice, ma alla fine Jennette ha vinto la sua battaglia e ora è pronta per raccontarla.  

Lo consigliamo perché: è un libro al contempo divertente, attuale, impegnato, socialmente utile. Dalla voce di un’attrice amata da tutti, il racconto di un dramma che finirà per toccare i nervi scoperti di molte persone, perché in fondo ognuno possiede i propri scheletri nell’armadio. Attraverso questa lettura qualche ragazza potrebbe trovare il coraggio di combattere per essere sé stessa.