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L'Italia dei Giganti: George Labrinopoulos racconta i grandi degli anni 80-90
Il 22 marzo George Labrinopoulos presenta a Roma il suo nuovo libro, curato da Francesco De Palo, con Stefania Craxi, Gaetano Quagliariello e Lisa Bernardini
Nell’intervista che mi ha concesso, Pertini ha fatto anche un riferimento, in tempi non sospetti, circa l’evoluzione che avrebbe avuto nei decenni successivi la Cina, dimostrando una non comune capacità di visione, oltre che di amministrazione contingente. Una rarità guardando al panorama odierno.
Mi ha parlato per più di tre ore, e ancora ne rammento l’emozione del racconto, quando mi ha descritto tutta la sua vita da giovane fino all’ingresso in Quirinale. Cossiga aveva invece una cultura classica, e una visione ampia in ambito internazionale; seguiva relazioni euro–atlantiche, e possiamo dire tranquillamente che era uno straordinario interprete dell’ancoraggio italiano agli Usa. Senza il suo mandato non so che strada avrebbe intrapreso l’Italia. È stato un punto di riferimento primario; di lui non dimentico l’estrazione culturale, oltre che l’alta capacità politica.»
Cosa avevano capito di importante a livello di strategie politiche e di previsioni storiche – da quello che risulta dalle interviste che hai fatto con loro – questi ‘Giganti dell’Italia’?
«In breve. Craxi aveva previsto per primo le difficoltà che avrebbe avuto l’Europa a farsi Stato, come dimostrano le cronache di oggi. Pertini – lo ripeto e sottolineo – mi ha fatto un riferimento, in tempi non sospetti, circa l’evoluzione che avrebbe avuto nei decenni la Cina, dimostrando capacità di visione fuori dal comune. Andreotti era l’ uomo che teneva rapporti diplomatici con i Palestinesi, ed oggi siamo allo sbando politico. Cossiga ci ha unito fortemente come Paese all’America. Il Santo Padre, infine, sapeva che un giorno sarebbe caduta l’Unione Sovietica. Tutte le menti come loro oggi sono difficili da trovare. Non ci sono più uomini di siffatta levatura, ammettiamolo.»
Come mai hai scelto proprio la prefazione di Stefania Craxi e la postfazione di Symeon Katsinas, Archimandrita della Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia ?
«Quando parlavo con Stefania – che conosco molto bene – di suo padre Bettino, constatavo ogni volta come fosse affezionata alla memoria dell’amato genitore. Tra l’altro, lo ero anche io, e lo sono ancora oggi. Quando ci siamo consultati con il collega Francesco De Palo, che mi ha curato il volume, per decidere gli ultimi dettagli di questo lavoro, il mio primo pensiero è stato per lei. Ero certo che ad un libro che inseriva suo padre tra i protagonisti della storia italiana lei avrebbe volentieri prestato voce introduttiva, per la stima reciproca che abbiamo da sempre l’uno per l’altra.
Per quanto riguarda invece Padre Symeon Archimandrita della nostra Chiesa Ortodossa di San Teodoro di Roma, il suo nome era nei miei pensieri perché nel libro si parla di Giovanni Paolo II e pertanto anche di ecumenismo e di avvicinamento tra religioni diverse. E lui era la persona giusta rispetto alle mie conoscenze dirette. Ringrazio di cuore entrambi, perché mi hanno omaggiato di due sentiti e commoventi interventi scritti, che vi invito a leggere con attenzione.»
Due parole per ogni tuo personaggio intervistato?
«Per quanto mi riguarda Craxi , è stato l’ultimo leader Italiano che ha mostrato indiscutibile carisma attraverso importanti decisioni politiche anche in senso anche internazionale, assumendosene la responsabilità. Si può essere d’accordo o meno, ma la posizione politica di Craxi è stata granitica ad esempio nella crisi di Sigonella (dal nome dalla base aerea siciliana presso la quale la crisi scaturì nel 1985: n.d.r.), che ha rappresentato un caso diplomatico importante tra Italia e Stati Uniti, con conseguenze che avrebbero potuto essere pesanti.
Andreotti ha aiutato la Grecia ad entrare all’epoca nel MEC (Mercato Comune Europeo), ed è stato sette volte Presidente del Consiglio e trentadue volte ministro della Repubblica Italiana. Qualcuno ha dimenticato che è stato il politico italiano con il record di incarichi.
Per il Santo Padre Giovanni Paolo posso dire che io e il suo portavoce, il giornalista spagnolo Joaquín Navarro-Valls, eravamo amici. Joaquín è stato il primo direttore della Sala Stampa della Santa Sede dal 1984 al 2006, divenendo una delle personalità più note del Vaticano durante il pontificato di Giovanni Paolo II. Grazie a lui ho potuto realizzare questo meraviglioso lavoro. Il mio accordo con Navarro era che io avvicinassi il Santo Padre facendo una domanda. E così feci.
Pertini nell’intervista che mi ha concesso,ha fatto un riferimento, in tempi non sospetti, circa l’evoluzione che avrebbe avuto nei decenni successivi la Cina, dimostrando una non comune capacità di visione, oltre che di amministrazione contingente. Una rarità guardando al panorama odierno.
Cossiga aveva invece una cultura classica, e una visione ampia in ambito internazionale; seguiva relazioni euro–atlantiche, e possiamo dire tranquillamente che era uno straordinario interprete dell’ancoraggio italiano agli Usa. Senza il suo mandato non so che strada avrebbe intrapreso l’Italia. E’ stato un punto di riferimento primario; di lui non dimentico l’estrazione culturale, oltre che l’alta capacità politica.»
Dove sta andando l’Europa, secondo te?
«Se l’Europa non si decide a diventare un vero Stato, con uniche decisioni economiche, politiche e militari, a mio avviso è destinata a fallire, sia come sogno che come realtà.
La priorità di alcuni Stati membri non significa Europa, ma solo privilegiare singoli Stati a discapito di altri. Personalmente, sono per rimanere nell'Unione Europea, ma come stato sovrano.Devo anche dire una cosa che a mio avviso se l'Europa era uno Stato unito difficilmente sarebbe stata successa l'invasione al Ucraina, perché noi non siamo uniti e non abbiamo la linea rossa non scritta delle grandi potenze, mentre per la Russia quella regola non scritta era stata superata, speriamo solo che tutto si risolve con la diplomazia e non con le armi....»
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