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L’umanità viaggia dritta verso l’estinzione: solo la letteratura può salvarla

di Paride De Masi e Mario Carparelli

Siamo le prime generazioni a vivere nel rischio di un’estinzione di specie. La prima a essere autoprovocata dalla specie stessa

"La letteratura ci salverà dall’estinzione", recensione del libro di Carla Benedetti (Università di Pisa)

L’umanità potrebbe scomparire a causa del riscaldamento globale. Già entro la fine di questo secolo, secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, il cui ultimo rapporto è stato pubblicato lo scorso 28 febbraio. Siamo le prime generazioni a vivere nel rischio di un’estinzione di specie. Che sarebbe, tra l’altro, la prima a essere autoprovocata dalla specie stessa. Una tale esperienza dovrebbe scatenare dei sommovimenti nei modi di agire, di pensare e di sentire.

Invece tutto va avanti come prima o quasi. A rendere questa inerzia ancora più intollerabile è il fatto che i viventi di oggi stanno condannando a una terribile agonia le generazioni future. La storia dell’umanità è disseminata di sterminî e ferocie, si sa. Ma non era mai successo prima d’ora che la violenza genocida si esercitasse sui viventi di domani. Questa è in assoluto la novità più “disumana” del nostro tempo. Evidentemente gli uomini di oggi non sono in grado di farsi «acrobati del tempo», per usare un’espressione del filosofo Günther Anders. Di mettersi, cioè, nei panni di chi si troverà, in un futuro assai prossimo, a vivere su un pianeta dal clima sconvolto.

Date le nostre attuali strutture mentali e sentimentali, quelle che si sono consolidate nella cultura e nella civiltà moderne occidentali, ci è difficile, forse addirittura impossibile, metterci nei panni di chi vivrà dopo di noi. Allo stesso modo, non si può trovare una soluzione alla crisi ambientale antropica se non si esce da quei paradigmi di pensiero che hanno permesso o addirittura creato il problema. Solo una metamorfosi nella mentalità e nei comportamenti ci potrebbe salvare. A produrla non saranno la politica, l’economia, il diritto e gli altri saperi specializzati che fino ad oggi hanno fallito, ma sarà la letteratura.

Questa, almeno, la suggestiva tesi sostenuta da Carla Benedetti, illustre docente di Letteratura italiana contemporanea all’Università di Pisa, nel suo ultimo libro, recentemente pubblicato da Einaudi: La letteratura ci salverà dall’estinzione. Se la sola conoscenza, pur indispensabile, si è rivelata finora insufficiente, secondo l’autrice, già Fellow dell’Italian Academy alla Columbia University e Chair of Italian Culture alla Berkeley University, ne consegue che, d’ora in avanti, «bisognerà accendere anche l’immaginazione, farla andare liberamente in terreni aperti, non ancora esplorati […]. E occorrerà lavorare anche sul sentimento, che è il più trascurato nel dibattito odierno sull’emergenza ecologica».

Da questo punto di vista la letteratura può svolgere un ruolo cruciale: «non solo per funzioni secondarie quali educare all’empatia, far crescere la consapevolezza della crisi ambientale, immaginare come sarà il disastro futuro, o raccontare storie di buona cittadinanza ambientalista; ma anche e soprattutto per allargare l’orizzonte, per spostare il nostro sguardo sul mondo oltre gli schemi di realtà abituali, risvegliare risorse dimenticate, espandere le nostre facoltà e far compiere all’uomo di oggi una vera e propria metamorfosi».

Copertina Benedetti OK