MediaTech
Alessandro Orsini debutta su Il Fatto Quotidiano: la scelta di Marco Travaglio
Dopo il divorzio dal Messaggero, il sociologo cambia testata, superando gli attriti del passato
Inizia la rubrica del sociologo sul Fatto
Alessandro Orsini, dopo le polemiche scatenate dai suoi interventi a “Piazzapulita”, debutta oggi, venerdì 18 marzo, con il suo primo articolo su “Il Fatto Quotidiano”. È davvero una buona notizia che la “pausa di riflessione” annunciata dallo stesso sociologo sia durata appena un battito di ciglia: come abbiamo già avuto di sottolineare, in questa fase di preoccupante polarizzazione delle opinioni, che spesso rende sterile il confronto, le voci dissonanti vanno sempre salvaguardate, anche quando non ne si condivide per filo e per segno ogni singolo pensiero.
La guerra ci tocca nell’istinto, stimolando reazioni emotive che non lasciano spazio al dubbio, quindi è prezioso il contributo di chi ci ricorda – come ha fatto Orsini nell’ultima puntata della trasmissione di Corrado Formigli – che anche l’Italia e il blocco occidentale hanno partecipato ad azioni di guerra non dissimili da quella della Russia in Ucraina, quantomeno sul piano formale rappresentato dall’aggressione militare a un Paese che non aveva colpito per primo. Un pugno nello stomaco utilissimo per risvegliare anche i più addormentati nella melassa di una narrazione univoca che, senza nulla togliere alla doverosa solidarietà con la resistenza ucraina, rischiano di crogiolarsi in automatismi di pensiero davvero poco produttivi, specialmente in questa fase.
Se a Orsini, fresco di divorzio dal Messaggero, non fa difetto la capacità di dare un palcoscenico degno alle proprie opinioni, è da sottolineare con favore la scelta del Fatto Quotidiano di ospitare i contributi dello studioso della LUISS. Una mossa decisamente meno prevedibile, specialmente dopo il duro scontro che c’era stato tra Orsini e Marco Travaglio, in seguito a una polemica riguardante il paragone tra le Brigate Rosse e i No Tav. Il professore aveva peraltro negato di essersi espresso in questi termini e per questo aveva accusato di fare del “cattivo giornalismo”: sono passati diversi anni, come abbiamo ricordato nel nostro articolo, ma non era scontato da una considerazione del genere si arrivasse a una collaborazione. Va quindi dato merito al direttore del Fatto di aver operato la scelta migliore, sia su un piano di gestione editoriale (un direttore è anche un manager della propria testata), sia su quello della pluralità di orientamenti.
Onore al merito. Su questo, va riconosciuto che già il giorno precedente il Fatto pubblicava le tesi di Marco Lillo, che sull’invio delle armi ai combattenti ucraini erano diametralmente opposte a quelle di Travaglio. Ben venga, soprattutto in questi tempi grami, la capacità di dialogare con l’Altro, una linea che anche Affari Italiani coltiva con passione, ospitando interventi che talvolta ci valgono accuse di stare con la destra e altre con la sinistra, a volte di essere No Vax ed altre di essere appiattiti sul mainstream governativo. In genere si dice che quando succedono queste cose vuol dire che si sta facendo bene, ma non tocca al vicedirettore dirlo: sarebbe come chiedere all’oste se il vino è buono. Più sommessamente, mi limito a rilevare che il riferimento oggettivo dei numeri dei lettori pare confermarlo, ma qui mi fermo e mi rimetto con fiducia al vostro giudizio.