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Ascolti Tv, la Rai perde colpi e sconta il caos politico a Viale Mazzini

Marco Zonetti

Auditel: fra il 15 settembre e il 5 dicembre i canali pubblici perdono terreno mentre crescono le reti Mediaset. Colpa dello stallo alla Rai?

La Rai perde ascolti e terreno nell'agone dell'Auditel. Secondo i dati pubblicati dal Sole24Ore e riferiti all'analisi dello Studio Frasi relativa al periodo compreso tra il 15 settembre e il 5 dicembre, i telespettatori davanti al piccolo schermo sono cresciuti - 74.759 spettatori in più nel giorno medio (a quota 10,266 milioni) e 107.711 in più in prima serata (24,5 milioni) - ma i risultati del Servizio Pubblico peggiorano anche rispetto al 2019 nel suo complesso. 

Secondo lo Studio Frasi, "Nel giorno medio per Rai 1 c’è stata un’audience di 1,67 milioni con share del 16,31% (-0,20 punti). Seguono Canale 5 (1,65 milioni e share del 16,06%; -0,37 punti); Rai 3 (708.978 e share del 6,91%; -0,21), Italia 1 (che scavalca Rai 2 con 533.217 di audience media e 5,19%; +0,59); Rai 2 (525.682 e share del 5,12%; -0,76); Rete 4 (425.589 e 4,15% di share; +0,32) e La7 (375.912 con share del 3,66%; -0,16)".

E ancora: "In prima serata stessa dinamica con boom di Italia 1 (diventata terza rete nazionale spinta da programmi come “Le Iene”) e Rete 4 (che, sostenuta dai talk show politici, sorpassa La7). Nel dettaglio: Rai 1 in testa (4,6 milioni e share del 18,8%; -0,29 punti); Canale 5 (3,7 milioni e share del 15,18%; -0,10); Italia 1 (1,44 milioni e share del 5,88%; +0,79); Rai 2 (1,428 milioni con share del 5,83%; -0,60); Rai 3 (1,377 milioni con share del 5,62%; -0,40); Rete 4 (1,19 milioni con share del 4,88%; +0,59) e La7 (1,131 milioni con share del 4,62%; -0,44). Fra i neocanali Tv8 (Sky) con 2,34% di share, Nove (Discovery) con 1,88%, Iris (Mediaset) con 1,63% e Real Time (Discovery) a 1,63% guidano nel prime time. Nel giorno medio le prime 4 posizioni vanno a Tv8 (2,17%), Real Time (1,71%), Nove (1,71%) e Rai 4 (1,38%)".

Da tali dati emerge un elemento politico: l'estivo cambio di maggioranza a Palazzo Chigi ha gettato la Rai in una impasse, con pressioni sull'Amministratore Delegato Fabrizio Salini chiamato a riequilibrare le forze a capo delle varie reti e dei vari organismi Rai. E dai primi di settembre, da Viale Mazzini, hanno iniziato a uscire notizie trionfanti relative a imminenti cambiamenti ai vertici di Rai1, di Rai2 e di Rai3 e per giunta affiancandovi dei nuovi "superdirettori" orizzontali.

In realtà, mentre gli ascolti calavano - come da suddetti dati - di queste nuove nomine non si è fatto nulla e all'alba dell'11 dicembre è tutto rimasto immutato, con il solo effetto di aver tenuto in sospeso tre reti e due direttori quali Teresa De Santis (Rai1) e Stefano Coletta (Rai3), la prima data per fuori gioco e il secondo dato per suo sostituto. Risultato: in questi mesi la prima ha presidiato l'Ammiraglia Rai con una Spada di Damocle sulla testa (non esattamente il miglior modo di lavorare per la collettività) e il secondo si è trovato a dirigere la propria rete con l'idea di doverla lasciare a breve. Se poi aggiungiamo che la Seconda Rete - colata a picco negli ascolti grazie alle "scelte coraggiose" di Carlo Freccero (vedi Popolo sovrano, RealitiMaledetti Amici miei ecc. ecc.) - non ha ancora un sostituto direttore degno di questo epiteto bensì l'interim dello stesso Ad Salini che, in tutti questi mesi, non è neppure riuscito a esprimere un nome al quale assegnarla, il quadro che si dipinge assume colori sempre più foschi. 

Qualche mese fa sostenevamo che gli ascolti in discesa (fenomeno che chi scrive aveva già ampiamente evidenziato senza bisogno dello studio del Sole24Ore) sarebbero stati fino a un certo punto ascrivibili ai direttori di Rete e che, a lungo andare, sarebbero stati imputabili anche alle politiche di un Amministratore Delegato che, investito di poteri enormi rispetto ai suoi predecessori, è preda di una cronica indecisione scegliendo di non scegliere. Anche questa una scelta, come direbbe il filosofo Kierkegaard, ma non esattamente - e lo dimostrano i dati - la più indicata per il Servizio Pubblico pagato dai contribuenti.