New York Times contro gli ad blocker. Il mercato anti-pubblicità cresce
Anche il New York Times passa alle maniere forti contro l'ad blocking. I software che fermano la pubblicità online sono sempre più diffusi. E la testata americana passa al contrattacco. Quanto un utente visiterà il sito con un ad blocker attivo, comparirà questo messaggio: “Le cose migliori non sono gratuite. Al momento hai installato un ad blocker. La pubblicità ci aiuta a finanziare il nostro giornalismo. Per continuare a leggere il Times, ti preghiamo di supportarci in una delle modalità seguenti”.
Le opzioni disponibili sono la sottoscrizione di un abbonamento oppure l'autorizzazione ad abbassare le barriere dell'ad block in modo da far comparire la pubblicità. Per ora si tratta di una sperimentazione che coinvolgerà pochi utenti. Ma Il New York Times allarga le file di quei giornali che hanno già deciso di prendere di petto i software anti-banner.
La prima e più netta presa di posizione è stata quella di Axel Springer, che vieta l'accesso alla Bild con ad blocker in funzione. Anche Guardian e Washington Post hanno avviato sperimentazioni in questo senso. Fermandosi però a un invito agli utenti senza vietare l'accesso.
In un modo o nell'altro, l'editoria online deve fare i conti (e subito) con l'ad blocking. Perché il fenomeno è in crescita esponenziale. Ogni nuovo report ci racconta di una diffusione ben superiore rispetto al precedente. L'ultimo, ad opera di Tune, afferma che gli utenti che usano ad blocker stanno superando (proprio adesso, nel primo trimestre 2016) la soglia del 30%. E saranno l'80% entro la fine del 2017.