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Pubblicità, Flora: "L'IA farà fuori i creativi inutili: ecco perchè"
Il Fondatore di The Fool prevede la morte della richiesta di creatività intesa come “creatività che piace ai creativi”
Si impone un nuovo modello di business che obbligherà i creativi a diventare “pastori di AI”
Matteo G.P. Flora è uno dei più importanti esperti europei di cyber sicurezza e reputazione digitale, dopo anni di insegnamento in alcune delle più importanti università italiane e statunitensi e decenni come professionista molto quotato. Imprenditore seriale di aziende della digital economy, è stato selezionato dal Governo Americano nel 2012 come IVLP nel programma internazionale di “Combating Cybercrime”. Su Mediaset conduce Intelligenze Artificiali e porta avanti sul suo canale youtube una rubrica molto seguita, dal titolo “Ciao, Internet”. Lo abbiamo intercettato alla AI week di Rimini, dove era a caccia di novità assieme ai suoi “ragazzi”, i collaboratori di The Fool, l’agenzia di comunicazione e strategie digitali Media Driven di cui è il fondatore.
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Allora Matteo, come è stata la settimana sull’AI?
“Tanti spunti per chi inzia nel settore, tanti stimoli per chi si avvicina, forse un po’ pochi per chi come noi è nell’ambiente da un po’ più di tempo. E questo è normale, visto che di solito tendiamo a cercare stimoli all’avanguardia in questo settore. Tante opportunità di networking, dove forse molte delle aziende presenti erano più all’avangiardia della componente di divulgazione!”
Quindi paradossalmente il mercato è più avanti delle componenti divulgative, interessante.
E sul rapporto tra AI e creativi che ci racconti? Negli Usa abbiamo visto campagne che si oppongono al suo uso nelle professioni creative. Ma cosa succederà veramente, chi prevarrà tra i talenti e chi è solo un soldatino, per usare un’espressione coniata da Lorenzo Marini?
“In realtà il concetto è differente: AI non è la morte dei creativi. Ma con l’arrivo delle AI generative è morto il concetto che dall’alto si possa imporre un’idea di creatività ed una sola. Ormai bisogna dire che la personalizzazione è tutto, in comunicazione. Il Programmatic Advertising ha sostituito la massmedialità che ha guidato la comunicazione di marca fino a pochi anni fa… In tutto questo, c’è forse un appiattimento nella comunicazione, ma un appiattimento che va tramite profilazione e Ai generativa verso i gusti del singolo. Che alle volte sono un po’ monotoni e piatti, lo sappiamo da sempre.”
Quindi mi hai detto che “non è morta la creatività, ma solo la richiesta di creatività intesa come creatività che piace ai creativi”. Saranno felici i soci dell’adci.
“È morta l’idea che un ristretto numero di persone decida creatività di tutti i giorni come succedeva nella moda, nello stile e in tanti altri ambiti, tra cui la pubblicità. La pietra tombale su questo processo è stata messa almeno una decina di anni fa, con la personalizzazione dei messaggi.
I centri media ci sguazzano ed ormai dirigono gran parte degli investimenti in questa direzione. Ma anche i clienti hanno imparato ad usare questi tools. È chiaro a tutti che l’AI non sarà mai più brava del creativo, ma sicuramente sarà più brava del creativo a creare annunci iper personalizzati ed iper targettizzati, e che nessun creativo sarà mai più bravo di quella Ai che fa creatività per me e solo per me.
Io non voglio la modella con la sesta di reggiseno e mora. Io la voglio bionda alta e magra. L’AI sa che io non voglio quella modella alla guida di una Ferrari rosa, ma su una Tesla bianca. Nessun creativo sarà capace di fare il Mix giusto per ognuno, o più semplicemente nessun creativo ne avrà il tempo..
Muore la massmedialità dal punto di vista della richiesta del consumatore.”
Però, Matteo, non nasconderti. Abbiamo lavorato insieme quando tu eri un giovane che cercava la sua strada nella comunicazione. Se oggi dovessi dare un consiglio a un tuo giovane collega, cosa gli suggeriresti di fare? Come dovrà essere dunque questo nuovo creativo per convivere con l’AI generativo?
“Facile: per eccellere un vero creativo dovrà diventare un pastore di creativi. Già lo scorso anno al TedX Belluno avevo parlato di Pastori di AI: secondo me diventerà skill fondamentale per ogni creativo la capacità di guidare la sua Idea rispetto a quelle che sono le personalizzazioni mirate ad ogni singolo consumatore.
Ogni creativo così diventerà automaticamente un Direttore Creativo di decine, centinaia, migliaia di risultati di AI Generative: non farà la creatività, ma darà le linee guida che poi andranno applicate dall’AI, secondo le sue indicazioni e la profilazione del destinatario finale.
Certo, sarà difficile per questa categoria comprendere ed accettare che della loro creatività al signor Matteo o alla signora Pina nella massima parte dei casi non gliene può fregare di meno. Sarà uno shift devastante: si passerà da creativi che credono che la creatività sia tutto a creativi che lavorano per Clienti che scelgono creatività che si appiattisce sulle esigenze basilari ma performanti.
Sarà facile, ma sarà difficile: è in atto una spinta verso cose mai viste prima.”
Beh, Matteo, non vorrei deluderti: concordo nell’analisi, ma normalmente i creativi si occupano di cose mai viste prima. Non mi sembra nulla di così drammatico.
“Sono felice del tuo ottimismo. Ma si andrà verso campagne con lo slogan che magari non hanno uno slogan fisso, non hanno jingle e ritornelli stabiliti, in cui non ci sono key visual e immagini predefiniti. Va trovato, come salto quantico, la discrasia fondamentale.
Ma hai ragione. non è grosso problema per chi con gli scossoni di senso è sempre andato d’accordo
Questi sono i veri creativi.
Gli altri, quelli da operetta, diventeranno inutili.”
Domanda finale sul tuo core business. Tu sei un esperto di reputazione: qual è allora la considerazione pubblica dei creativi, oggi?
“Reputazione di settore è delineata forse da un’unica frase: il crollo della torre d’avorio. Sotto più punti di vista.
Se partiamo dal punto di vista etico, umano e sociale, bisogna ammettere che lo sciagurato MeToo della pubblicità si è fatto sentire sia per l’employers branding di chi é già in agenzia che per la capacità di acquisire i giovani talenti.
Ha influito così tanto che porta molti a ripensare alla propria carriera e a scegliere altre vie che non sono la creatività digitale: molti si sono dissuasi dal partecipare al settore, tanti forse non se la sentono di essere parte di quel mondo. Processo simile a quello che è successo nel cinema.
Bisogna ammettere che dire ‘io faccio il creativo’ è molto meno sexy di prima
Altra parte della caduta è che ci sara molto meno necessità di creativi basici per funzioni basiche: creatività spicciola, da realizzare per buona parte con i clienti e con le Ai generative, anche da parte direttamente del cliente finale, che può ottenere un prodotto veloce, non perfetto ma “abbastanza” per le sue necessità.
Se poi esaminiamo la reputazione dal lato del business model della creatività e della consulenza strategica, è in corso un passaggio dalla antica formula “faccio mille cose con lo stampino, pagate così bene che mi finanziano le due veramente creative su cui investo pesantemente in termini di premi e visibilità” a un mondo in cui questo ‘fatturato certo’ non ci sarà probabilmente più. La frase che si sentirà maggiormente sarà: ‘ma cosa lo mandi ai creativi a fare? lo facciamo in casa con Canva e l’AI’.
Questa inficia le basi fondanti dell’epica creativa: se non si riesce a manterene la percezione della necessità assoluta di avvalersi di professionisti in questo settore, l’AI darà forte Incentivo al fai da te da parte del cliente, E questo renderà difficile la creazione di budget di comunicazione corposi, perché non sarà più percepito come necessario.
Con anche un probabile devastante appiattimento verso il basso della creatività a cui facevo riferimento all’inizio.”
Eppure, come tu sai, io sono convinto che AI sarà un problema solo per quelli che Marini ha definito i soldatini della creatività, non per i talenti veri.
“Certo, concordo, AI data in mano a bravo creativo darà risultati moltiplicando all’infinito le potenzialità creative del singolo.
Ma visto che gran parte dei budget saranno dati in mano all’utente finale, il basare le scelte sui dati uniformerà - verso l’alto - quasi tutto. E sono il primo a dire che appiattimento sul data driven funziona. Ma non è forse così cool, per lo meno visto dalla parte dei creativi.
È un po come lo spam. Nessuno ti ha mai mandato una mail di spam meravigliosamente scritta. Sono sgrammaticate e tutte uguali.Eppure si continuano a mandare milioni di messaggi spam: perché abbiamo imparato che funzionano. Non saranno belli, ma funzionano.”
Allora non resta che concludere che Matteo ci conferma che la reputazione dei creativi attuale è pessima, ed è destinata a peggiorare con l’utilizzo massivo dell’Ai.
Ma è proprio dalla capacità di usare al meglio questi strumenti generativi, guidandoli e indirizzandoli verso le idee, che si intravede un nuovo rinascimento delle Idee e dei creativi.
Mentre chi usa solo il Programmatic diventerà progressivamente un piccolo fornitore di materiale indifferenziato, prodotto dalle stesse AI usate da Fb e Google. I creativi invece diventeranno la parte alta e meglio remunerata del mercato.”
Per sintetizzare, è chiaro che serviranno altre parole per definire chi farà il lavoro di costruzione di valore per le marche, che avranno sempre bisogno di costruire non solo di Awareness, ma sopratutto di Reputation.
Premio per i creativi di fascia alta, bisognerà ricordarsi ed esaltare i basics del talento, e concentrarsi sulle Idee.
Ma questo è il mestiere dei creativi, non dell’Azi: non dimentichiamolo.