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Washington Post, crollano i lettori: fuga di massa anche dei giornalisti. Ma sotto sotto è una buona notizia

di Tommaso Accomanno

Il crollo dei lettori e l'addio di diversi giornalisti per via delle elezioni americane sembra la norma, ma è tristemente un’eccezione

Elezioni a palazzo e dimissioni in redazione: giornalisti e lettori, due volti (ancora) della stessa verità

La protesta silenziosa che ha portato tanti abbonati a lasciare autorevoli e note testate come il Washington Post o il Los Angeles Times e ancora, seppur a livello locale, il Minnesota Star Tribune, è un segnale importante in un bersagliato mondo dell’informazione.

E lo è ancora di più il fatto che editorialisti di punta, come Michele Norris o Robert Kagan, lascino una testata con la quale non condividono più la linea editoriale. A prescindere dalle inclinazioni politiche, che tendano verso Donald Trump o Kamala Harris, è il fenomeno che dovrebbe far riflettere, facendoci nutrire un po’ di speranza e fiducia rispetto a questo giornalismo che arranca.

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La possibilità, quasi opportunità in questa cornice, che un giornalista si dimetta da una testata perché non ne condivide la neutralità, uno dei principi cardine che dovrebbe plasmare ogni medium, sembra la norma ma è tristemente un’eccezione: faccio informazione secondo dei principi etici, certi principi vengono meno? Mi dimetto.

Quasi un’utopia nel giornalismo odierno assediato da precariato e difficoltà economiche perché se lo permette solo chi può farlo. Infatti, mettendo le mani avanti, il caso specifico mostra delle sbavature rispetto a un modello di partecipazione potenzialmente vincente e replicabile altrove perché siamo negli Stati Uniti e le note firme in questione non hanno bisogno della testata per sostentarsi: avrebbero (e hanno) mercato altrove.

Nel 2024, in un cosmo dell’informazione che cerca di orientarsi tra l’IA, il clickbait, i social network e la pressoché inesistenza di editori puri, è sempre più difficile se non appunto impossibile, pensare di schierarsi in modo così plateale se non andando incontro ad esiti nefasti, spesso, per il proprio sostentamento.

A smuovere gli animi delle penne stimate ma soprattutto, e in certi casi di conseguenza, dei lettori non è infatti solo la politica ma una disaffezione a un modello di informazione propinato fino a pochi mesi fa in cui si è creduto. Di esempi in questo senso ce ne sono diversi, spesso relegati al passato, anche in Italia.

Il trinomio vincente però, in questo caso, è il coinvolgimento di politica, informazione ed etica che prova, per ora solo per chi può permetterselo, a rimettere al centro l’obiettivo primo e imprescindibile del giornalismo: il racconto imparziale e più oggettivo possibile della verità, sebbene tramandata.