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WikiLeaks, altra chance per Assange: ok a nuovo ricorso contro estradizione

WikiLeaks, Assange farà ricorso contro estradizione negli Stati Uniti. L'ultima parola alla Corte Suprema di Londra

Poco dopo parte l'offensiva del dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, che il 23 maggio aggiunge 17 capi d'accusa a quello già spiccato per pirateria informatica, in virtù delle leggi anti-spionaggio. Accusato di aver messo in pericolo la vita di agenti e soldati Usa, ora Assange rischia 175 anni di prigione. Il 31 maggio interviene l'Onu, con il relatore speciale sulla tortura, Nils Melzer, che visita il fondatore di Wikileaks in carcere e afferma che le sue condizioni presentano "tutti i sintomi della tortura psicologica e che la sua vita è in pericolo". Un'impressione che appare confermata il 21 ottobre, quando Assange si presenta in tribunale confuso e balbettante.

Il 19 novembre 2019 arriva la prima buona notizia: la magistratura svedese ha abbandonato l'indagine per violenza sessuale per mancanza di prove. Assange deve però terminare di scontare la pena in Gran Bretagna e sulla sua testa pende la spada di Damocle dell'estradizione. Il 24 febbraio 2020, la giustizia britannica inizia a esaminare la richiesta presentata dagli Stati Uniti. Mentre il cammino della procedura viene rallentato dalla pandemia, cresce la mobilitazione internazionale a favore di Assange, con decine di Ong che a luglio ne chiedono la liberazione "immediata".

Gli avvocati di Assange affermano che la richiesta di estradizione ha motivazioni politiche. L'udienza viene aggiornata al 7 settembre e il 25 settembre la giudice Vanessa Baraitser, della corte penale londinese di Old Bailey, acconsente a concedere più tempo alla difesa per preparare la sua documentazione. Il 4 gennaio 2021 il verdetto: Assange resta nel Regno Unito perché, se estradato in Usa, potrebbe togliersi la vita. La settimana successiva la stessa giudice nega la concessione della libertà vigilata.

Il dipartimento di Giustizia Usa presenta appello contro il no all'estradizione e, il 10 dicembre 2021, l'Alta Corte di Londra gli dà ragione, ritendendo sufficienti le garanzie di Washington sulle cure adeguate che Assange riceverebbe negli Stati Uniti a tutela della sua salute mentale. Lo stesso tribunale ha riaperto oggi i giochi. L'ultima parola sul destino dell'attivista spetterà alla Corte Suprema di Londra.

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