Medicina

Il ruolo della nutraceutica nella salute e nella performance sportiva: intervista al Dottor De Meo

Dottor De Meo: “La nutraceutica rappresenta un'importante risorsa che consente di ottenere benefici in termini di salute e di performance sportive”

di Federica Toscano

Una nuova intervista al Dottor Atanasio De Meo: l'importanza della nutraceutica per la salute, il benessere mentale e le performance degli atleti con focus su età e sesso

Credo che la nutraceutica rappresenti un'importante risorsa a disposizione dei professionisti della salute, consentendo all’utente finale, ovvero il consumatore, di ottenere benefici in termini di salute e, nello specifico, di performance. È noto che esistano sostanze che hanno dimostrato effetti positivi e sono convinto che, se utilizzate nella giusta dose, con un’elevata biodisponibilità e per un arco temporale ben definito, possano apportare reali vantaggi” dichiara il Dottor De Meo.

Se parliamo di pratica sportiva, sappiamo che alcune sostanze hanno dimostrato di migliorare la forza, la resistenza e la capacità aerobica, oltre a velocizzare i tempi di recupero e a ridurre i marker dell’infiammazione derivanti dall’esercizio fisico, nonché la produzione di radicali liberi”. Queste le parole del Dottor De Meo che ha spiegato anche come, attraverso l’impiego di sostanze antiossidanti, si può modulare la risposta allo stress fisico e psichico sia durante l’attività sportiva sia nel giorno della competizione. Esistono quindi sostanze efficaci nel migliorare sia lo stato di salute che la performance, che devono essere utilizzate con criterio.

L’atleta” prosegue il Dottor De Meo, “è sottoposto a uno stress psichico particolarmente rilevante. Il corpo umano, infatti, non lavora a compartimenti stagni e non possiede sezioni isolate su cui intervenire singolarmente. Il nostro organismo è un sistema biologico interconnesso, in cui gli organi comunicano tra loro. Uno degli aspetti più rilevanti in questo contesto è la connessione tra l’asse intestino-cervello, un collegamento bidirezionale: la psiche influenza la digestione e, allo stesso modo, una cattiva digestione o un'alterazione dell’equilibrio intestinale (disbiosi) può portare a forme di depressione, ansia e a compromissioni delle funzioni cognitive”.

Il Dottor De Meo spiega che è ben documentata anche la relazione tra alimentazione e declino cognitivo. Ad esempio, la malattia di Alzheimer viene ormai definita da anni "diabete di tipo 3", poiché è legata a un’elevata persistenza di zuccheri che provoca glicazione e alterazione delle strutture nervose, causando danni progressivamente irreversibili.

Abbiamo a disposizione sostanze che agiscono positivamente sulla concentrazione, sulle capacità cognitive, sull’apprendimento, sulla memoria e sulla focalizzazione durante la pratica sportiva. Esistono inoltre sostanze che agiscono sulle strutture muscolari, sul tessuto osseo e su quello articolare. È fondamentale considerare l’atleta come un individuo sottoposto a uno stress continuo, ripetuto e costante, che richiede quindi un’attenzione particolare rispetto a un adulto sedentario” dichiara il Dottor De Meo.

Ogni sportivo, come ogni individuo, è unico. Alcune carenze possono essere strutturali e ricorrenti, come la carenza di vitamina D dovuta alla scarsa esposizione al sole o le forme di anemia derivanti da deficit di ferro, acido folico e vitamina B12, comuni negli sport di endurance”. Allo stesso modo, il Dottor De Meo parla dell’importanza di proteggere le strutture articolari, i legamenti e i tendini, che subiscono forti sollecitazioni in discipline come gli sport da combattimento, il calcio, il basket e la pallavolo. Il professionista della salute conosce le carenze più frequenti, sia in base allo sport praticato che alle condizioni individuali dell’atleta nel corso della sua carriera. Inoltre, grazie all'analisi dei sintomi e dei segni clinici riferiti dall’atleta, è possibile intervenire con strategie mirate.

Un aspetto rilevante è che l’atleta maschio, quando sottoposto a un elevato stress, tende a ridurre i livelli di testosterone” afferma il Dottor De Meo. “È quindi necessario intervenire con sostanze naturali che favoriscano la sintesi endogena del testosterone e migliorino il rapporto tra testosterone e cortisolo. Allo stesso modo, è utile l’impiego di sostanze in grado di modulare i processi infiammatori, come curcuma, bromelina, boswellia serrata e vitamina D, oltre a sostanze che rafforzano il sistema immunitario. Alcuni atleti, infatti, sono più predisposti di altri a infezioni respiratorie, come bronchiti, sinusiti, faringiti, laringiti e tonsilliti. L'esercizio fisico intenso può indurre una condizione di immunodepressione, rendendo quindi necessario l’utilizzo di sostanze immunostimolanti, tra cui vitamina C, vitamina D, quercetina e betaglucani estratti dai funghi. L'integrazione, quindi, deve essere mirata e personalizzata in base alle esigenze specifiche dell’atleta”.

Il Dottor De Meo, analizzando le atlete donne, spiega che possono sviluppare la "triade dell’atleta", una condizione caratterizzata da tre elementi principali: ridotta disponibilità energetica (con o senza disturbi del comportamento alimentare), alterazioni del ciclo mestruale (oligomenorrea o amenorrea) e riduzione della densità minerale ossea. “Molte donne che praticano sport tendono a sottostimare il proprio fabbisogno calorico per raggiungere un aspetto fisico più definito. Questo deficit energetico, associato a irregolarità mestruali, può accelerare il processo di demineralizzazione ossea, portando a condizioni come osteopenia e, nei casi più gravi, osteoporosi. Le principali carenze riscontrate sono quindi quelle legate all’apporto calorico, ai micronutrienti essenziali e, in particolare, al calcio e alla vitamina D, fattori che aggravano la fragilità ossea. È fondamentale educare le atlete a gestire il proprio equilibrio nutrizionale, evitando che un esercizio fisico eccessivo possa compromettere la loro salute”.

Il Dottor De Meo analizza anche un aspetto spesso sottovalutato che riguarda gli atleti giovanissimi, come bambini e adolescenti tra gli 8 e i 16 anni, che praticano attività agonistica intensa e costante. Questi giovani atleti non si limitano allo sport: hanno giornate scandite da scuola, compiti e allenamenti prolungati, con conseguente tempo ridotto a disposizione per una corretta gestione dell’alimentazione. “Poiché si trovano in una fase di crescita, è fondamentale garantire loro un adeguato apporto energetico e colmare eventuali carenze nutrizionali. Inoltre, i gusti personali e le abitudini alimentari dei bambini possono portarli a escludere alcuni gruppi alimentari, aumentando il rischio di carenze di micronutrienti. Se non opportunamente integrate, queste carenze possono causare sintomi come stanchezza, difficoltà di concentrazione, sonnolenza, apatia, fragilità di capelli e unghie, oltre a rallentare il recupero muscolare”.

Ritengo che sia necessario porre maggiore attenzione a bambini e adolescenti, poiché un'inadeguata alimentazione, associata a un intenso esercizio fisico, può alterare il loro equilibrio fisiologico. È quindi essenziale intervenire con un’integrazione mirata, volta a prevenire carenze e garantire una crescita sana e ottimale” conclude il Dottor De Meo.